Rosso, come un vulcano incandescente; pieno di passione, come le parole con cui lei ne parla. Lei è Levante e ci parla del suo nuovo disco, “Magmamemoria”

Levante rosso fuoco: "Magmamemoria", il passato, il presente e il futuro

Si tratta di un viaggio tra passato, presente e futuro diviso in tredici brani, un nuovo capitolo del percorso musicale di Levante che riflette: “Ho sempre fatto musica in maniera istintiva. La differenza tra quello che faccio oggi e quello che ho fatto nel passato penso sia l’età. Ho fatto esperienza, ho molti ricordi, quindi perché non parlare di memoria?”.

Ecco perché “Questo disco parla di passato, presente e futuro che si rincorrono. È l’album del cambiamento nonostante io resti fedele al mio linguaggio e cerchi di tenere alta l’asticella del bello. Mi fa paura seguire le mode, soprattutto musicali. Io so che sono tante cose, che spiazzo, però io sono fatta così e mostro tutte le persone che sono. Spero che questo disco arrivi nelle case delle persone a cui deve arrivare e che emozioni, che faccia riflettere se ci riesce”.

Musicalmente “Sono partita dagli anni ’90 ma abbiamo suonato in chiave moderna”. C’è tanta Sicilia nel disco: Dimartino, Colapesce e Carmen Consoli. “Torno molto più spesso a casa oggi di un tempo, sicuramente più che mai c’è la Sicilia in questo album. È un fatto legato alla memoria ma credo che dovesse andare così, è stato un caso”.

“Lo stretto necessario” è un duetto con Carmen Consoli: “Io dicevo ‘La amo troppo per chiederle di cantare il brano’, quindi l’ho fatto chiedere ad altri. Lei si è innamorata della canzone e l’ha cantata: ho pianto per trenta minuti, l’apoteosi della felicità”.

Scorrendo la lista delle canzoni ci soffermiamo su “Antonio”, che è “Una delle mie canzoni preferite, parla di una storia d’amore che è finita (con Diodato, nda) ma è bellissimo raccontare una felicità che c’è stata anche se ora è andata. Consiglio l’ascolto in macchina, in autostrada, per capire quanto è potente la musica di questo brano, più delle parole che canto”.

A proposito di parole, “Scelgo con cura quello che voglio dire, ho una grandissima passione per le parole. Spero di aver dato questa impressione nel disco”. Di questo album colpisce, oltre al contenuto, anche la copertina: “Il rosso è suggerito da “Magmamemoria”, i capelli lunghi parlano del tempo che passa, la posa è casuale. Ho uno sguardo che non ammalia, dico che arrivo in pace e porto ricordi”.

Il 23 novembre per la prima volta Levante canterà al Forum di Assago: “Stiamo studiando uno spettacolo speciale, con ospiti, e una scaletta molto ricca con tutto “Magmamemoria”. Tutti i giorni mi sveglio con un pizzico di ansia in più perché emotivamente sarà un pugno allo stomaco”.

Si intitola “Naked thoughts” l’album, appena pubblicato, di Yuman

I "pensieri nudi" di Yuman
Yuman. Foto: © J. Mancini

“Ho lasciato andare libera l’immaginazione”: è la prima cosa che dice Yuman a proposito del suo album “Naked thoughts”, cioè pensieri nudi.

“Non ho neanche seguito un sound predefinito, infatti è mutevole”. Di costante c’è l’idea di raccontarsi “In maniera indiretta. Sono stato ispirato da tante cose, anche una parete bianca può accendere un’idea. Quando partono quelle due o tre note la magia scatta. I miei brani alla fine nascono in maniera casuale, magari da un giro di chitarra. Il testo arriva sempre dopo che ho trovato la melodia”.

In un disco autobiografico e intenso come questo, Yuman confessa che “Il brano che mi rispecchia più di tutti è “The rain”. Mi piace l’acqua, amo la pioggia”.

Onnivoro di musica, dice di passare da “Battisti ascoltato da piccolo a Paolo Nutini ai Daft Punk. Però dare un volto preciso a chi mi ha ispirato per il mio disco è difficile: io credo ci siano dentro tutti i miei ascolti”.

Nel passato di Yuman c’è anche un periodo da busker, che – ammette – gli manca: “Di quella vita mi manca il calore della gente: suonando per strada il rapporto è più diretto di quando sei su un palco. Suonare in un pub significa avere le persone a meno di un metro da te: è la cosa più bella e il test forse più difficile per un musicista”.

Da qui il pensiero scivola verso i live: “Penso tutti i giorni ai miei concerti, un giorno metteremo in pratica le idee che mi frullano in testa. Vorrei fare cose spero spettacolari: all’inizio ovviamente non intendo dire pirotecniche ma personali. Quando canto sono concentrato, non vedo niente; mi piacerebbe nei miei concerti essere un po’ teatrale e, dopo aver suonato da solo, avere con me una band”.

Il nuovo album di Mika, prologo a un lungo tour italiano oltre che internazionale, si intitola “My name is Michael Holbrook”

"My name is Michael Holbrook", il ritorno di MikaDue anni di lavoro e scrittura per non sentirsi più diviso “In 3 o in 4 parti”, per ricomporre la sua identità. Tanto è durato il lavoro di Mika su se stesso e sulla sua nuova musica, diviso tra le sue case di Londra, Miami e quella che ha nella campagna toscana.

Il suo nuovissimo album “My name is Michael Holbrook” ci porta a scoprire l’essenza dell’identità di Mika, su cui lui stesso ha tanto riflettuto e che lo vede oggi su questo punto sicuramente più sereno di un tempo.

Iniziamo da questo: il disco ti ha aiutato?

Sì, scrivere mi ha aiutato; oggi sono felice più di quanto lo sia stato negli ultimi 10 anni ma sono al tempo stesso anche più triste di quanto lo sia stato: è una contraddizione, lo so, ma qui dentro c’è tutto il mio essere libanese.

Come mai hai scelto di usare il tuo nome come titolo dell’album?

È anche il nome di mio padre, un padre che è stato presente, che mi ha aiutato ad esempio quando ho avuto rapporti complicati con un’insegnante particolarmente difficile per me. Però io sapevo di non essere mio padre, sapevo di non voler essere come lui. In più, notavo che col tempo si era creato un distacco tra me cantante e me persona; mi sentivo diviso, separato. Sapevo che se volevo immaginarmi tra dieci o vent’anni ancora qui a fare il lavoro che amo, il cantante, avrei dovuto prendermi la responsabilità profonda di mettere in fila tutte le parti di me. Mi sono preso il tempo necessario per farlo e in questo album mi sento una persona unica, non più divisa.

Cos’è il successo per Mika e per Michael Holbrook?

Poter pagare le bollette (ride, nda). Il successo è quello creativo e artistico, è libertà di esprimerti senza essere controllato da nessuno. Il successo commerciale porta questa libertà, sembra una contradizione ma per me non è così: le due cose vanno di pari passo.

Come sarà il tour, in partenza il 24 novembre?

Lo show italiano si inserisce in quello internazionale e sarà diverso dagli altri. Canterò canzoni come “Stardust”, che non propongo altrove. Il tour si chiama “Revelation” perché cerco di avere un rapporto molto diretto con il pubblico, cosa che la tv non consente. In questo live voglio momenti intensi di ballo e intensi silenzi. La scenografia rappresenterà la mia vita, e il mio pianoforte farà magie pazzesche. L’esperienza tv di “Stasera CasaMika” mi ha dato diversi spunti.

Revelation Tour

Il tour italiano promosso da Barley Arts si articolerà in ben 12 tappe nelle grandi arene di altrettante città.

Novembre:

24, Torino (Pala Alpitour);

26, Ancona (PalaPrometeo);

27, Roma (Palazzo dello Sport);

29, Casalecchio di Reno, Bologna (Unipol Arena);

30, Montichiari, Brescia (PalaGeorge);

Dicembre:

2, Livorno (Modigliani Forum);

3, Assago, Milano (Mediolanum Forum);

Febbraio 2020:

1,  Padova (Kioene Arena);

2, Bolzano (PalaOnda);

5, Napoli (Teatro PalaPartenope);

7, Bari (Palaflorio);

8, Reggio Calabria (Palacalafiore).

I Poor Works ci raccontano l’album “All in” e il nuovo singolo, una storia personale molto toccante raccontata in “Purchè tu ci sia”

Scommesse da poker con i Poor Works

“All in” è il titolo del loro album, pubblicato da qualche mese. I Poor Works mi confermano che “All in” ha a che fare con il gioco (primo pensiero che si ha leggendo il titolo, ovviamente), e in un certo senso con le scommesse: “Ci siamo ricordati di quando, ai tempi dell’università, finivi di studiare e di notte ti mettevi a guardare partite di texas hold em (una specialità del poker) alla tv, e poi provavi a giocare anche tu. All in significa che scommetti tutto perché hai carte vincenti, ma può essere anche un bluff”.

Fin qui quello che riguarda le carte. “Abbiamo voluto fare un paragone con la nostra generazione e quello che dobbiamo fare per sopravvivere”, spiegano i Poor Works. “Viviamo in un mondo in cui i social sono diventati la tua prima rappresentazione: quello che esprimi non sei più te stesso ma la tua rappresentazione, abbellita o abbruttita. Cioè, siamo sempre in all in, tutta la puntata fuori”. Non si può di certo dare loro torto…

Nati nel 2008 come british cover band (curiosità: sono trentini), proponevano cover di Beatles, Queen, Oasis, poi nel 2013 i Poor Works hanno presentato il loro primo disco di brani inediti. Il legame con la musica inglese negli anni è rimasto, “Ma è cambiato il modo in cui ci influenza. Vent’anni fa sentivi un gruppo suonare il sabato sera, poi per una settimana non ascoltavi molto altro a parte qualcosa che arrivava dalla radio e sporadicamente dalla tv; non era come adesso che la musica è dappertutto, e sempre”.

“Purchè tu ci sia” è il nuovo singolo dei Poor Works, “Ed è l’unico lavoro dei nostri due album non scritto interamente da noi. È stata una sfida che ci è stata lanciata da Maurizio Carpi di Mezzocorona, il nostro paese. Ha dedicato questa poesia, appunto “Purchè tu ci sia”, alla mamma malata di alzheimer. Noi l’abbiamo rimodellata per essere cantata, adeguando alle parole melodia e armonia. Il testo richiama i momenti in cui la mamma riconosce il figlio, l’amore viene raccontato da questo punto di vista. Concludiamo il brano cantando in coro, dicendo che le nostre scorte d’amore sono infinite”.

Il cantautore pugliese Damian ci regala un paio di scatti dalla sala prove dove sta lavorando al suo prossimo singolo, “Madagascar”

Oltre la musica - Backstage: "Madagascar", al lavoro con Damian
Damian in un momento di pausa in sala prove

Ricordate Damian? Il cantautore che ci ha fatto entrare nella sua passione per la cucina e il cibo, e che proprio attraverso questa sua passione ci ha raccontato l’amore che ha per la musica, tracciando i punti in comune tra creare piatti e scrivere canzoni.

A Damian abbiamo chiesto di raccontarci come procedono i lavori verso il suo nuovo lavoro discografico, e lui lo ha fatto con un paio di immagini. Il primo capitolo, accolto molto bene, è stato “Niente è come previsto”, brano con cui il cantautore pugliese ha affrontato con sensibilità e delicatezza un tema purtroppo rilevante, quello della violenza sulle donne. Anche se, come ci aveva ricordato Damian, il brano è aperto a interpretazioni diverse, l’atmosfera era pur sempre quella della fine di una storia d’amore.

Con il nuovo singolo “Madagascar”, che sta per arrivare, Damian ci porta all’alba di una nuova relazione, di un nuovo giorno, all’apparire dell’arcobaleno dopo la pioggia: ci regala leggerezza. “Mai concedersi alla disperazione e alla rabbia quando una storia finisce”. Anzi, cantare “Mi sono preso una cotta formidabile”, come canta lui proprio all’inizio di “Madagascar”.

“Madagascar”

Oltre la musica - Backstage: "Madagascar", al lavoro con Damian 1
Damian in sala prove

“Ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio”, spiega Damian a proposito del suo singolo. “Madagascar” è per lui un punto di ripartenza, nella vita personale e nel lavoro. Lo vediamo nelle foto in un paio di momenti “dietro le quinte”, nella sala prove dove sta nascendo il suo progetto discografico. Questo è il suo viaggio: più in generale “La vita è il viaggio che tutti compiamo, da affrontare senza sprecare il nostro tempo. Per vivere bene dobbiamo saper cogliere l’attimo”.

E prosegue: “Occorrono dedizione, tenacia e passione per perseguire un obiettivo, per raggiungere dei risultati, per inseguire un sogno. E quando incontri qualcuno improvvisamente, innamorandoti all’istante, perdutamente, entri in un’altra dimensione in cui la forza di proseguire la vita aumenta in modo inverosimile”. Eh già, è proprio una cotta formidabile…

Esordio a Milano, poi la tournée. Il musical presentato dall’ideatrice e regista Chiara Noschese e dal cast

"Balliamo sul mondo", il musical con i successi di Ligabue
Il cast di “Balliamo sul mondo” con la regista e ideatrice Chiara Noschese

“È lo spettacolo del mio cuore”, esordisce Chiara Noschese che ha scritto un testo e una storia costruita sulle canzoni più note e amate di Ligabue.

Perché questo musical non è di Luciano ma è stato fatto con i suoi brani, non solo scritto ma anche diretto da Chiara Noschese, con Ligabue che ha approvato entusiasticamente l’idea e ha dato anche i suoi contributi al testo. “È stato un dialoghista, ha lavorato sui dialoghi rendendo tutto meno pulito e più rock”, spiega la regista. “In entrambi gli atti del musica si parla di capodanno, di gioventù, e anche di argomenti più scottanti con un grande colpo di scena che non voglio svelare”.

Si tratta di un viaggio meraviglioso, dicono gli attori, è un racconto di vita, uno spettacolo tutto italiano, e ovviamente una storia inedita e originale che, promettono, ci farà battere il cuore perché tutti ci potremo riconoscere nelle storie che racconta.

Le canzoni di Ligabue avranno i testi originali ma saranno proposte con una veste diversa grazie ai nuovi arrangiamenti fatti da Luciano Luisi, che da tempo lavora con Luciano. I testi del musical, invece, sono nati direttamente dal cuore, racconta Chiara Noschese.

“Balliamo  sul mondo”: la storia

Il musical non è il racconto della storia di Ligabue ma è ispirato – come detto – alle sue canzoni.

1990, notte di capodanno. Un gruppo di compagni di scuola e di musica (perché suonano insieme) festeggiano al Bar Mario. Si ritrovano anche dopo 10 anni, in un secondo atto che risolve molti fatti lasciati in sospeso e li porta verso la maturità. Il gruppo si chiama OraZero, come davvero si chiamava il primo gruppo di Ligabue, e per chi ha visto i film di Luciano già da queste poche informazioni si sente che il sapore anche in questo musical è lo stesso.

Le canzoni che hanno ispirato “Balliamo sul mondo” sono 20 (due suonate e cantate live, le altre 18 cantate dal vivo su base) e vanno da “Ho messo via” a “Certe notti”, da “Certe donne brillano” a “L’amore conta”, e prendono vita grazie a un cast giovane ed entusiasta: insieme raccontano di reginette della festa e bulletti, buoni e meno buoni, in un ricorrersi di andate e ritorni, che si snodano lungo questi 10 anni che vengono raccontati nei due atti dello spettacolo. In cui si ride, e cade anche qualche lacrima.

“Balliamo sul mondo” sarà al Teatro Nazionale CheBanca! di Milano dal 26 settembre al 27 ottobre, poi lo spettacolo andrà in tournée.

Fred De Palma, 6 settimane al vertice: ci racconta il nuovo albumFred De Palma per sei settimane primo: così dicono le classifiche dei singoli, che lo vedono da più di un mese al numero uno con “Una volta ancora”, duetto con la cantante spagnola e amica Ana Mena. Canzone che, come gli altri singoli già lanciati, si trova nel nuovo disco di Fred, “Uebe”.

Iniziamo dal titolo, cosa significa “Uebe”?

Niente (ride, nda). È una storpiatura di baby. Mi piace dare un tocco personale alla mia musica, e usare una parola inventa da me nel titolo dell’album significa cercare di mettere novità in tutti gli aspetti del mio lavoro.

A proposito di portare novità nel sound, “Una volta ancora” unisce due generi latini, il reggaeton (il tuo genere musicale) e la bachata. Come ti è venuta questa idea?

Veramente è venuta a Takagi & Ketra, due produttori che sanno davvero portarti nell’olimpo delle classifiche. Questa unione di reggaeton e bachata a me è piaciuta subito.

Com’è lavorare con due hitmaker come loro?

Devi incontrare il loro pensiero e le loro scelte. Io mi sono sempre fidato di loro al 100% e questo mi ha ripagato. Credo che Ketradamus, come lo chiamo, e Takagi abbiano la capacità di capire cosa piacerà in futuro alle persone.

Secondo te cosa piacerà?

Spero il mio disco.

Hai già duettato con Ana Mena nel successo dell’anno scorso “D’estate non vale”: non avete avuto timore di ripetervi? Perché non scegliere uno dei brani con Baby K o Sofia Reyes, presenti nell’album?

Ho scelto Ana per il suo timbro vocale, rende tutti i ritornelli che canta. Sento passione nella sua voce, e per questo brano nello specifico era perfetta.

Proponendo una musica latina (per quanto personalizzata) come il reggaeton, non hai paura di essere etichettato come cantante solamente estivo?

Un po’ di timore ce l’ho. In Italia il reggaeton è preso come genere puramente estivo, io invece voglio dare una scossa e far capire che non è così. Nel disco ci sono anche brani riflessivi. A parte “D’estate non vale”, non ci sono altri riferimenti stagionali. Per me il reggaeton che parla di reggaeton è come il rap che parla di rap, un po’ banale.

Il 27 settembre prossimo arriverà negli Stati Uniti il film “Judy”, con protagonista Renée Zellweger. La colonna sonora ci regala due chicche, i duetti tra l’attrice, Sam Smith e Rufus Wainwright

"Judy", Renée Zellweger canta con Sam Smith e Rufus Wainwright
Renée Zellweger interpreta Judy Garland nel biopic “Judy”, in arrivo la colonna sonora

“Judy” è il film, in uscita negli USA il 27 settembre e in Italia il prossimo 9 dicembre, che ha per protagonista Renée Zellweger. Lei resterà sempre un po’ Bridget Jones nel cuore dei fan dell’inglesina pasticciona, ma siamo sicuri che riuscirà a lasciare il segno anche nel ruolo di “Judy”, intesa come la stella di Hollywood Judy Garland. La pellicola si basa sulla vera storia degli ultimi concerti da lei tenuti a Londra alla fine degli anni ’60.

Ricordate Judy Garland? Attrice in film come “È nata una stella”, è stata Dorothy nel “Mago di Oz”, ballerina e cantante, nonché madre di Liza Minnelli. La colonna sonora del film a lei dedicato contiene due chicche.

Renée Zellweger canta con un artista di primissimo piano come Sam Smith uno dei brani più amati della Garland, “Get happy”. Ma non basta, dato che nella colonna sonora appare anche Rufus Wainwright, con cui l’attrice ha duettato registrando quella che dicono sia una bellissima interpretazione di “Have yourself a merry little Christmas” – brano che ci proietta in pieno clima natalizio e, non ce ne voglia Renée, per ora ci fa pensare agli improbabili maglioni sfoggiati da Marc Darcy in “Il diario di Bridget Jones”. Certo che a vederla nei panni della Garland, fin dal trailer del film, lascia davvero stupiti e ci porta sicuramente in un altro mondo.

Come sono nati i duetti di “Judy”?

Sam Smith è da sempre fan di Judy Garland, nonché amico di Renée Zellweger: “Quando avevo 17 anni ho realizzato un progetto su Judy Garland per i miei studi cinematografici. Mi sono trovato immediatamente immerso nella magia di Judy e della sua storia incredibilmente coraggiosa. È rimasta una delle icone della mia vita. È stata una donna estremamente sincera: la vulnerabilità e l’onestà nella sua arte mi fanno ancora venire la pelle d’oca. È stato davvero un onore cantare con Renée. Nessuno avrebbe potuto interpretare Judy come lei, ed è un privilegio cantare con lei, e in un certo senso, con Judy. Spero che tutti adorino il film tanto quanto me”.

Dal canto suo, chi meglio di Rufus Wainwright avrebbe potuto partecipare alla colonna sonora? Il suo album dal vivo “Rufus does Judy at Carnegie Hall” gli è valso una nomination ai Grammy Award. “Judy Garland è stata una presenza costante nella mia vita. “Il mago di Oz” era uno tra i film che più amavo da piccolo. È bello tornare e osservarla di nuovo nell’interpretazione di Renée e attraverso questo meraviglioso duetto con lei”.

“Judy” contiene le interpretazioni di Renée Zellweger dei brani più popolari della Garland, canzoni tra le più iconiche nella storia del cinema e del teatro, tra cui “For once in my life” e la famosissima “Over the rainbow”.

La data di pubblicazione della colonna sonora, come dicevamo il 27 settembre, non è stata scelta a caso: quel giorno, infatti, cadono i 50 anni dalla morte dell’attrice e gli 80 anni da quando ha girato giovanissima “Il mago di Oz”.

GionnyScandal pubblica il nuovo album “Black mood”, un disco che apre il suo nuovo capitolo musicale: con lui per la prima volta sbarca in Italia l’onda dell’emo trap

È di moda: GionnyScandal, emo trap con "Black mood"

GionnyScandal è il primo a portare l’emo trap in Italia, con sonorità uniche: lo fa con il nuovo disco “Black mood” (umore nero), in cui parla senza reticenze anche della depressione con cui convive da un po’ di anni.

Il lavoro sulle nuove canzoni è iniziato un anno mezzo fa, e il risultato è un disco in cui si sentono tutte le influenze pop punk ed emo di GionnyScandal, e anche sonorità che riecheggiano il suo passato in una band. I testi rispecchiano il suo percorso personale e il malessere con cui combatte, raccontati in maniera personale e profonda.

Emo, tre lettere che nascondo quale mondo?

Io arrivo dal genere emocore, che ho unito all’hip hop per fare qualcosa di diverso che in Italia non c’era. Dal pop rap sono passato all’emo trap, con questo disco ho cambiato genere.

Cosa caratterizza l’emo trap?

Non basta suonare una chitarra, cosa che io ho fatto; devi aver suonato in una band per poter aggiungere emo a un’altra parola. Devi aver vissuto gli anni 2000. I testi dell’emo trap sono complicati. Io sono mega malinconico, sono un emo vero.

Dici di essere il primo a fare emo trap in Italia…

Con tutto il rispetto, Zoda e Side Baby spaccano, ma la loro non è emo trap. Non voglio essere a tutti i costi il pioniere di un genere, dico di essere il primo perché è vero: sono stato preso in giro fino all’altro giorno per quello che facevo, so quello che dico. Questa è la nuova wave.

Dici che questo è il tuo disco più personale.

È tutto vero al 100% senza filtri. Ho voluto spiegare come mi sento davvero, sono stufo delle cose fatte a tavolino. Perché devo dire che sto bene e che tutto è bello quando non è così? Molte persone oggi sono depresse, soprattutto per colpa dei social secondo me (cyberbullismo e usi di questo tipo, ovviamente sono anche utili per farsi conoscere come artisti). Io però ho parlato di me, e scrivere le canzoni su queste tematiche ‘sad’ mi è stato d’aiuto.

Dopo l’instore tour, in partenza domani 6 settembre, GionnyScandal sarà impegnato in alcuni concerti in Europa (la prima data il 26 ottobre ad Amsterdam) e poi nel tour italiano che partirà da Napoli il prossimo 7 novembre.

GionnyScandal: guarda il video di “Ti amo ti odio”

Eugenio in Via Di Gioia sono una band particolare. “Natura viva” è il loro nuovo album

Eugenio in Via di Gioia, quando è "Natura viva"
Eugenio in Via Di Gioia. Foto: © Giorgia Mannavola

“Natura viva” è l’ultimo lavoro degli Eugenio in Via di Gioia, band particolare composta da un gruppo di creativi capaci di immergersi in progetti diversi ma accumunati dallo stesso principio: la comunicazione.

Eugenio Cesaro, Emanuele Via, Paolo di Gioia e Lorenzo Federici tra le altre cose sviluppano percorsi formativi sulla creatività per i ragazzi delle scuole superiori e partecipano spesso a iniziative di divulgazione scientifica; all’inizio di quest’anno sono stati ospiti come resident band nella trasmissione Beati Voi su Tv2000.

“Le nostre canzoni in qualche modo sono urbane”, spiegano gli Eugenio in Via di Gioia, “Perché l’ispirazione ci viene dal fatto che suoniamo per strada, in orari anche assurdi per non attirare troppo l’attenzione. Usiamo effetti particolari, campioniamo suoni in giro per la città – sia della natura sia urbani – per usarli nelle canzoni, cosa che abbiamo fatto in particolare in questo disco. Abbiamo “suonato” anche dei giocattoli e della frutta (con la tecnologia si può fare tutto): stravolgiamo i nostri brani dopo che li abbiamo pensati”.

“Ci piace usare campioni lo-fi che rendono più quotidiane le canzoni, più vicine a chi le ascolta e molto calde”.

E cosa c’è di urbano nei testi degli Eugenio in Via di Gioia? “Scrivere le canzoni è un atto intimo, quindi è un po’ un paradosso che noi andiamo per strada a cercare ispirazione. Allo stesso tempo, però, è proprio quello stare per strada che ci avvicina di più alla gente. Noi osserviamo le persone che camminano di notte, quando sono più distanti dal mondo, e quei pochi passanti di Torino ci danno riscontri veri: ci stanno ascoltando davvero. A noi serve tantissimo”.

Per “Natura viva” gli Eugenio in Via di Gioia hanno realizzato anche una particolare versione cd a edizione limitata con un album da colorare. “La copertina è stata fatta da uno street artist torinese, BR1”, raccontano. “Negli anni per puro caso abbiamo visto le sue opere, grandi cartelloni con elementi spiazzanti e provocatori, e ci piacevano. Lui non si fa trovare facilmente ma – non sappiamo come – lo abbiamo trovato: con lui abbiamo creato un album da colorare, oltre alla copertina”.

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