Phixre

Questa settimana vi presentiamo “bacardi“, il suo nuovo singolo dell’artista italo giapponese, che dopo un primo periodo passato vicino al mondo trap ha deciso di abbracciare la galassia Indie

Ciao, per prima cosa presentati agli amici di Musica361…

Innanzitutto un saluto agli amici di Musica361, io faccio musica dal 2018, ma il mio percorso attuale è iniziato a fine 2023, quando ho aperto un nuovo percorso artistico in termini di generi musicali: io provengo dalla Trap e facevo musica in inglese, poi riscoprendo la musica italiana ho deciso di cambiare totalmente rotta e ho capito che quello che mi piace fare è musica Indie-Pop

Da cosa deriva questo nome d’arte molto particolare?

Inizialmente doveva essere Phiore, ma per una questione burocratica che abbiamo avuto con una label, io e il mio produttore abbiamo deciso di fare un rebranding e di cambiare tutto quanto. Il nome deriva dal fatto che ho origini giapponesi, sono nato a Tokio, e quando sono nato, il 24 marzo, in piena primavera, mia mamma mi ha detto che fuori dall’ospedale c’erano i fiori di ciliegio che erano sbocciati.

Recentemente è uscito il tuo nuovo singolo “Bacardi”, vuoi parlarcene?

Considero “Bacardi” come un appoggio, come una pacca sulla spalla a chiunque stia passando un brutto periodo e penso che quando tu sei in quella situazione hai sempre bisogno di una persona che ti possa ascoltare, con cui tu possa sfogare tutte le tue frustrazioni e da questo singolo ho idee più precise sul mio obiettivo che è quello di non fare musica e basta, ma musica che possa aiutare le persone.

Una solitudine che, ad esempio, in  “Senza me” è accentuata dal fatto di essere in una grande metropoli come Milano (“Milano è sempre la stessa con la gente che abbaia un po’ depressa”)?

La cosa che ho notato visitando anche altre Metropoli nel mondo è che il filo che connette queste città è che la gente è spesso disconnessa dalla realtà perché troppo concentrata sul lavoro e noto questa sorta di solitudine che le persone soffrono: la gente pensa solo a lavorare e poi torna a casa e non sa più cosa fare.

La solitudine trova uno sfogo nei social? E tu che rapporto hai con Instagram e simili?

Io studio molto gli artisti, i miei colleghi, e cerco di capire il loro punto di vista. Se invece uso i social come motivo di svago mi accorgo da solo che non mi aiuto, non mi sento a posto con me stesso. Preferirei il contatto con la realtà ma essendo una persona molto introversa non ho grandi amicizie. In ogni caso tendo a non rendere la solitudine un elemento solo negativo, perché ci aiuta a migliorarci.

Quali sono i tuoi punti di riferimento?

Gli artisti che mi hanno fatto scoprire l’Indie sono stati Calcutta, Psicologi e in genere tutto il roster di Bomba Dischi e, oltre a questi, ci sono anche artisti d’oltreoceano che ho ascoltato e che mi hanno fatto pensare di poter fare qualcosa di simile come Glaive che fa Hyper Pop e Frank Ocean.

“Bacardi” presenta una novità rispetto agli altri pezzi?

Quando facevo il genere Trap, non avendo nessun background “di strada”, ho capito dopo un po’ che non faceva per me, ho preso un momento di riflessione per capire cosa volevo davvero fare: l’Indie mi ha permesso di sviluppare anche altre tematiche.

Hai seguito Sanremo?

Sì, l’ho seguito e devo dire che mi è piaciuto, l’unica critica che faccio è che ho sentito troppa musica con sfumature elettroniche che per alcuni artisti era un po’ forzata, mentre è stata una buona idea introdurre pezzi leggeri, pop, una corrente che negli ultimi Sanremo non si è vista più di tanto. Facendo i nomi dico che mi sono piaciuti i Bnkr44.

Parteciperai a un talent?

Non vado molto a genio con la logica del format, ma li considero una buonissima vetrina per gli artisti per farsi conoscere.

Parlaci dei progetti futuri…

In questo momento il progetto che ho è quello di rilasciare un brano al mese, farmi conoscere e fare qualche live…

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Gretel

 

Gretel, nome d’arte di Greta Palmieri, nasce in Lituania nel 1998 e fin dai 10 anni si dedica allo studio del canto al quale affiancherà quello del pianoforte e della chitarra. Dopo avere pubblicato una trilogia di brani in acustico: Pioggia dei ricordi, L’eco dei Pensieri e Il Giardino Delle Parole, torna con il nuovo singolo “SOLTANTO TU”, che a Musica361 ha introdotto come un dialogo tra noi stessi /la nostra interiorità e il mondo esterno.

Ciao Greta, c’è un legame che unisce i tuoi precedenti brani “Pioggia dei ricordi”, “L’eco dei Pensieri” e “Il Giardino Delle Parole”?

Sì, sono brani un po’ legati tra di loro e sono in acustico, scritti durante la pandemia. “L’eco dei Pensieri” nasce da un momento di malessere, quando vivevamo rinchiusi dentro a una stanza, quindi una bolla, dove i pensieri nascevano dentro di me come se fossero degli echi che rimbombavano. “Pioggia dei ricordi” nasce invece da un bel rapporto con mio padre.

Hai partecipato al Cantagiro e nel 2023 ti sei esibita dal vivo per i casting di Una Voce Per San Marino, che ricordi hai?

Il Cantagiro l’ho fatto nel 2020 e sono arrivata alle semifinali nazionali a Tivoli, è stata un’esperienza magnifica perché vivevamo una settimana immersi nella musica tra formazione ed esibizione, mi ha aiutato a crescere anche nel rapporto con gli altri. Per Una Voce Per San Marino ho fatto un’audizione online che ho passato per andare poi ai casting dal vivo trasmessi dalla TV di Stato San Marino RTV.

Hai seguito il recente Festival di Sanremo? Hai fatto il tifo per qualcuno in particolare?

Sì, sono molto contenta per la vittoria di Angelina Mango perché fin da quando faceva Amici ero sbalordita dalla sua presenza scenica e dalla sua voce e quindi sono molto contenta per la sua vittoria e poi: ‘W le donne!’, dopo dieci anni ha vinto una donna e in Italia questo è molto difficile.

Ora sei tornata con “Soltanto Tu” dopo un periodo di pausa, a cosa è stata dovuta?

Avevo pubblicato questi tre brani e poi ho vissuto un periodo di malessere e “Soltanto Tu” parla dell’unicità della persona, di temi fondamentali come l’omologazione che è richiesta dalla società e penso che sia una canzone che possa offrire un aiuto agli altri per riflettere su questa tematica: al centro ci deve essere sempre la persona.

Come sei uscita da questo malessere?

Scrivendo, sono riuscita a fare musica, a fare i live che ti permettono di  creare una connessione con il pubblico, quindi un’intimità maggiore. Poi un mio amico mi ha iscritto ai casting di Una Voce Per San Marino…

Cosa pensi dei Talent?

Non sono mai riuscita a partecipare perché mi fa un po’ paura il livello di competizione, anche per il mio carattere un po’ timido, introverso, non so se riuscirei a tenere testa a un Talent.

Qual è il tuo genere e quali sono i tuoi cantanti di riferimento?

Vario molto anche in base al mood, ma i miei idoli di riferimento sono Laura Pausini e Freddie Mercury, sono due pilastri della musica che mi piacciono maggiormente, poi ovviamente anche il cantautorato italiano come Dalla, De Gregori, Bennato.

Quali sono i tuoi appuntamenti prossimi?

Ci sarà un mini tour a marzo sia live che in radio per parlare della mia musica. Poi dopo “Soltanto tu” ho un altro brano pronto per uscire e a marzo ci sarà un live a Corridonia, la mia città.

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Emilio Cigliano

Emilio Cigliano, in arte Divento, fa l’avvocato per vivere nel senso reale del termine, mentre per “sentire che è vivo” scrive storie e pensieri, riflessioni e sintesi descrittive che disegnano immagini nella sua mente, alle quali associa una colonna sonora e diventano canzoni come “Mai abbastanza”, inclusa nell’album d’esordio “Faccia al vento”.

 

Ciao Emilio, hai una storia particolare: sei un avvocato di professione…

In realtà scrivo canzoni da quando ero ragazzino e sono andato avanti per un po’ sempre a livello amatoriale, con l’inizio della attività lavorativa ho abbandonato la scrittura per 10-15 anni, poi ho avuto una ripresa della spinta artistica, tanto è vero che il primo pezzo che ho scritto nella nuova fase creativa si chiama “Il fiume”, un fiume che rompe gli argini, quelli emotivi, da lì nasce la mia nuova produzione: in pochi anni ho scritto più di 50 canzoni. Prima ho seguito un progetto musicale amatoriale, ma non mi ha soddisfatto, perché i miei pezzi li volevo sentire “vestiti” ed arrangiati in una certa maniera, quindi ho cercato di passare allo step professionale.

I tuoi riferimenti sono rock, country e cantautorato, ma c’è un genere che preferisci e quali sono i tuoi artisti di riferimento?

I riferimenti sono il Country Rock americano e il Folk, e quindi artisti come Bruce Springsteen, Neil Young, per quanto riguarda il cantautorato italiano posso citare Battisti/Mogol, De Andrè, Guccini, Enrico Ruggeri, tra i più recenti anche Fabrizio Moro. Non dimenticherei anche una strizzata d’occhio al Prog di Jethro Tull e PFM.

Come ti poni rispetto alla tradizione napoletana?

A me piace molto la musica napoletana del primo Pino Daniele, di Avitabile, di Gragnaniello, questa è la musica napoletana alla quale sono legato. Mentre la canzone napoletana classica la conosco, ma non credo faccia parte dei miei riferimenti. C’è stata la polemica sanremese su Geolier, che fa un genere che è al di fuori dei miei riferimenti generazionali, qualcosa di interessante c’è, ma devo dire che non è proprio nelle mie corde. In riferimento alla polemica posso dire che dobbiamo parlare di musica, se piace o non piace, di tutto il resto se ne dovrebbe fare a meno.

Hai scelto un nome particolare “Divento”, qual è il motivo?

Ho sempre l’immagine della poesia di Ungaretti: “Balaustrata di brezza/per appoggiare stasera/la mia malinconia”, una poesia che mi ha sempre suggestionato molto, mi ha sempre suggerito che sul vento si appoggiasse l’emotività, quando sono a contatto con il vento mi capita sempre di avere un alleggerimento dei pesi emotivi. Il vento ritorna in altre canzoni e l’album si chiama “Faccia al vento”, scrivo anche una lettera a mia figlia in cui le dico di vivere “faccia la vento”, senza avere paura di soffrire, in maniera sempre propositiva, senza nascondersi. Se consideriamo la parola tutta unita, allora è legata al divenire, al continuo mutamento di ognuno di noi.

E’ uscito il tuo nuovo singolo “Mai abbastanza” vuoi parlarcene?

E’ un pezzo sulla frustrazione di non poter raggiungere la meta, vera o ideale che essa sia. La presa di coscienza esasperata di non essere mai abbastanza rispetto alle proprie aspettative. Tuttavia, se pure non siamo abbastanza, nel tentativo di esserlo tiriamo fuori il meglio da noi stessi.

Una frase molto significativa recita: “Perché speranza e terrore viaggiano insieme sullo stesso treno”…

È una frase che si attaglia alla vita, in qualunque esistenza la speranza che le cose vadano in una certa maniera e il terrore che il nostro viaggio si concluda con un fallimento sono delle costanti. Però ritorna il discorso di vivere “faccia al vento” senza paura, tra la speranza e il terrore io seguo la speranza, scelgo sempre l’aspetto propositivo, coraggioso, perché secondo me la positività va sempre cercata e quando la cerchi la trovi, magari non dove l’hai cercata, ma in qualche modo la trovi. Alla fine, insomma, il coraggio è sempre un valore aggiunto, sebbene porti parecchia fatica.

Cosa pensi dei vari talent?  

The Voice non l’ho mai visto, XFactor sì, l’ho seguito per vari anni e anche quest’anno e devo dire che qualche talento c’è. Mi sembra di avere capito che talvolta arrivano persone che già lo fanno di mestiere. Non credo di poter partecipare perché penso che ci vogliano delle qualità tecniche di performer tali da permetterti di cantare in maniera convincente brani di altri, penso di avere dei limiti da questo punto di vista perché io sono prevalentemente un autore.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Dopo “Faccia al vento”, sul quale ho lavorato tre anni, è in cantiere un altro disco: ho già la scaletta pronta (ho già le idee piuttosto precise al riguardo)!

LEGGI ANCHE > Stefano Nardon, “Rootless Tree”: ascoltare il cuore per prendere la giusta decisione

Stefano Nardon 1

Dopo aver debuttato con il singolo “On the Way Home” a gennaio 2023 e aver pubblicato i brani “Thunder”, “Castelli” e “Bread Crumbs”, il virtuoso compositore, cantautore e polistrumentista Stefano Nardon ha rilasciato un nuovo tassello nel suo percorso musicale: “Rootless Tree”…

Ciao Stefano, parla un po’ di te agli amici di Musica361…

Ciao a tutti gli amici di Musica 361 mi chiamo Stefano Nardon e sono un musicista polistrumentista classe ’96 da Vicenza. Da circa un anno ho cominciato a pensare ad una carriera da solista e a pubblicare i miei brani. Compongo, scrivo e registro tutto a casa, il mio sogno è quello di condividere la mia arte con voi in live. Sono consapevole che non è facile riuscire a vivere di musica, ma è la mia più grande passione e ci voglio provare con tutto me stesso.

Suoni più strumenti, tra questi la kalimba che abbiamo sentito nel brano Thunder, uno strumento molto particolare…

Il mio percorso musicale comincia quando avevo 6 anni suonando con mio padre la batteria e le percussioni ogni sera nella ‘’stanza della musica’’. Ho avuto la fortuna di nascere in un ambiente molto fertile per lo sviluppo della mia personalità artistica avendo molti strumenti intorno a me a disposizione. Ho imparato senza imposizioni semplicemente divertendomi e sperimentando suoni nuovi. Ho ancora questa curiosità che mi ha spinto a frequentare il conservatorio per approfondire lo studio del pianoforte, ma continuo a suonare anche la batteria, le percussioni e la chitarra. Per registrare i miei brani suono tutti questi strumenti e a volte inserisco dei suoni inusuali come quello della kalimba che è uno strumento africano.

Ti ispiri a diversi generi (Jazz, RnB, Soul e Funk) ce n’è uno in particolare di riferimento?

Il jazz e il soul sono i generi musicali in cui mi sono immedesimato di più perché quando suono mi sento veramente me stesso e quando improvviso sto raccontando la mia storia.

Quali sono i cantanti o i gruppi che ti hanno maggiormente ispirato?

Stevie Wonder, Herbie Hancock, Jeff Buckley

Hai fatto parte di un gruppo, gli Sticky Brain, preferisci esibirti in gruppo o da solista?

Suonare in gruppo è davvero bello perché c’è ‘’interplay’’ , ci si ascolta e si cresce collettivamente facendo squadra, mentre esibirsi da solista è come mettersi a nudo davanti ad un pubblico e mostrare quello che sei senza filtri.

Recentemente è uscito il tuo singolo Rootless Tree, ce ne vuoi parlare?

Questo brano è nato in un momento difficile della mia vita in cui non sapevo più quale strada prendere e mi sentivo come un albero senza radici alla ricerca di un posto in cui stare bene. Così ho ascoltato il cuore e ho preso la giusta decisione.

Un pezzo ricco di suggestioni e di metafore (la mancanza di radici,  la ricerca dell’acqua)… Tutto è iniziato suonando il riff come un mantra indiano per scacciare i cattivi pensieri, la musica quindi ha un potere salvifico?

Per me la musica è come un’altra dimensione. È sicuramente un pregio perché riesco ad affrontare i momenti belli e brutti in maniera creativa producendo qualcosa, però a volte sto così bene in questa dimensione che mi allontano dalla concretezza e dalla realtà.

Preferisci cantare in italiano o inglese?

Nonostante la mia lingua madre sia l’italiano, anche l’inglese mi stimola molto. Scrivo i testi cercando una coerenza ritmica e melodica con la base strumentale e scelgo la lingua che valorizzi di più il significato e la musica.

Oggi spopolano i talent, cosa ne pensi?

Penso che i Contest e i talent possano essere un buon trampolino di lancio. É un buon modo per crearsi dei contatti in ambito professionale. Sono convinto che il talento debba essere sempre affiancato al duro lavoro e questo fa la differenza nella carriera di un artista.

Siamo ancora in periodo sanremese, l’hai seguito, c’è qualche artista per il quale hai fatto il tifo?

Ho seguito Sanremo e non ho fatto il tifo per gli artisti perché li ho trovati molto omogenei tra di loro. Sarebbe bello assistere ad un festival più variegato non solo dal punto di vista stilistico o estetico. Essendo uno show televisivo è normale vedere dei colpi di scena in diretta, solo che non mi aspettavo fosse così prevedibile dal punto di vista musicale.

Prima di salutarci parlaci dei tuoi prossimi progetti.. 

Attualmente sto per pubblicare il mio primo album da solista che vedrà anche una collaborazione internazionale. Parallelamente sto collaborando con un’etichetta ‘’Time To Play Records’’ per la produzione di un vinile di musica house elettronica e da poco è nato anche un quartetto jazz con dei musicisti davvero formidabili che si chiama ’Wabi Sabi’’. Non vedo l’ora di concretizzare tutti questi progetti dei quali comincio a vedere già i risultati positivissimi. Un abbraccio forte a tutti gli amici di musica 361 ! Il vostro Stefano

LEGGI ANCHE > Chiara Turco: “Non è mai la fine del mondo” se c’è la voglia di restare tutti uniti

 

 

Chiara Turco

Abbiamo intervistato la cantautrice e polistrumentista Chiara Turco di cui è recentemente uscito “Non è mai la fine del mondo” il nuovo singolo dal sound pop elettronico raffinato, prodotto da Alberto Dati. Nel testo troviamo riferimenti ai cambiamenti climatici e ai conflitti, “qui la Terra brucia, non smette di tremare”, alla paura del presente e del futuro, diverso dai giorni della spensieratezza che sembrano essere solo ricordi, ma anche un invito a scoprire e riscoprire quello che invece resta, dove un “tienimi forte” è la voglia di restare uniti mentre tutto intorno sembra dividere.

 

Ciao Chiara il tuo ultimo brano è “Non è mai la fine del mondo”  vuoi parlarcene?

È un brano che ho scritto in un momento molto particolare della mia vita, quando mi sentivo persa, poi mi sono guardata dentro e ho capito che questa è una situazione molto condivisa. “Non è mai la fine del mondo” sta a indicare quella speranza, quell’energia che c’è sempre dentro di noi e cerchiamo di far uscire in qualche modo.

Nell’epoca in cui tutto sembra distrutto, lacerato, vuoto il tuo è un invito a scoprire e riscoprire quello che invece resta; ma cosa resta, cosa vedi di positivo nella realtà che ti circonda?

Ripongo tanta speranza negli affetti, nelle relazioni, nell’amore, nelle cose vere che hanno fatto parte di noi dall’inizio, da quando siamo bambini e abbiamo quell’incoscienza che non ci fa notare tutto quello che c’è intorno, quindi è anche un invito ad abbandonarsi all’emozioni primordiali.

Non neghi i problemi “Dicono che stiamo crescendo, ma forse stiamo andando troppo di corsa”, quindi è anche un elogio della lentezza?

Certo, è un invito a rallentare perché a volte quando si spinge l’acceleratore così forte è come quando guidi una macchina, più veloce vai più ti perdi il paesaggio, quando rallenti invece puoi permetterti di girare lo sguardo, di guardare con altri occhi e di apprezzare quello che c’è intorno

Come definiresti il tuo genere e quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Ho iniziato nel 2016 con un progetto di musica Elettropop in inglese e le mie influenze sono state Björk, Massive Attack, Radiohead, insomma musica elettronica principalmente, gruppi del Nord Europa; poi successivamente ho cercato di unire a questo genere il cantautorato, da qui nasce questa mescolanza. Mi piace molto sperimentare: sono una grande amante dei sintetizzatori e dei software elettronici, ma allo stesso tempo il mio strumento principale è la chitarra acustica.

Sei nata in provincia di Taranto, la provincia l’hai vista come un limite o come uno sprone a fare di più?

La provincia mi ha aiutata a scoprire il mio talento, io sono nata a Torricella, non avendo tanti stimoli nella mia cameretta ho iniziato a suonare, non avevo amici con la mia passione anche per questo mi sono appassionata alle loopstation, al fine di creare una band da sola, perché ti permettono di suonare e sovraincidere più strumenti

Hai partecipato alla trasmissione “Tonica”, ti tentano altre strade artistiche?

Sì, io non escludo niente, ho sempre cercato di mettermi alla prova; anche quando amici musicisti mi hanno chiesto di suonare un altro strumento, io l’ho sempre visto come uno stimolo e mai come un limite. Grazie a “Tonica” ho conosciuto il mondo televisivo anche a livello tecnico: i tempi televisivi, la scrittura televisiva; è stato molto bello, sono esperienze che ti arricchiscono, bisogna sempre saperle gestire.

E dei talent cosa ne pensi?

Devi prima essere pronto per arrivare ai talent, perché è una cosa che può essere sì un trampolino di lancio, ma dal trampolino puoi anche cadere. Bisogna proporsi nel momento in cui si è sicuri di riuscire ad affrontare la televisione perché il pressing televisivo è diverso da un concerto, molti ragazzi fanno questa scelta in maniera molto superficiale

Hai seguito Sanremo?

Ho avuto delle emozioni contrastanti, perché appena ho ascoltato le canzoni non ce n’era nessuna che riuscivo a cantare il giorno dopo, a parte quella dei “The Kolors”, poi al secondo ascolto sono brani che ti entrano in mente. Se c’è qualcuno che preferisco? Sicuramente Mahmood, che ha una tecnica spaziale, è bravissimo e Angelina Mango: è una ragazza giovanissima e nel giro di dieci anni si può costruire tantissimo su di lei e se lo merita perché ha una ottima vocalità.

Progetti futuri?

Partirò con un mini tour di quattro date in Puglia, Calabria e nel Centro Italia fino all’uscita del mio prossimo singolo che dovrebbe essere a marzo, inoltre sono al lavoro su un nuovo EP che molto probabilmente mescolerà ancora di più l’Elettropop con il cantautorato, tornando un po’ alla lingua inglese.

 

LEGGI ANCHE > Erica Taci: il problema della comunicazione “Dalla prima all’ultima bugia”

 

 

A dispetto del cognome Erica Taci ha una parlantina chiara e fluente con la quale ci ha parlato del doppio binario che sta percorrendo la sua carriera artistica, divisa tra musica e televisione e del suo ultimo brano: “Dalla prima all’ultima bugia” che racconta in maniera semplice di come spesso il non parlare porti a delle incomprensioni e di conseguenza a dire bugie.

Ciao Erica, parla un po’ di te agli amici di Musica361…

Ho 25 anni e sono una cantautrice, ho origini toscane e mi divido tra Borgo San Lorenzo e Roma per motivi lavorativi, attualmente sto lavorando in un programma televisivo su Rai Due (BellaMa di Pierluigi Diaco), faccio l’opinionista, ma a volte mi è concesso anche di cantare, inoltre scrivo…

A proposito di scrittura, preferisci scrivere in italiano o in inglese?

Uso entrambe le lingue, ma ho iniziato in inglese, perché io sono cresciuta con mia mamma, mia nonna e con alcune tate di madrelingua inglese e sono molto legata alle melodie in quella lingua, poi con il tempo ho scritto anche in italiano, però mi rimane questo sogno nel cassetto di far uscire un disco tutto in inglese.

C’è una storia che ti ha segnato come ragazza e come artista…

Io purtroppo non conosco mio padre, l’ho “vissuto” quando ero molto piccola, avevo pochi mesi, poi i miei si sono separati e io non ho avuto più notizie. Porto il suo cognome, che è anche scomodo visto che io canto, tanto che una volta volevo prendere quello di mia madre, poi ho detto: perché dargliela vinta, alla fine è un modo per dire “io non ci sto zitta”

Però tu sei riuscita a trasformare questo problema in uno stimolo artistico…

Assolutamente, da bambina ero timidissima e riuscivo a comunicare attraverso la musica perché canticchiavo sempre e da lì è nata in maniera spontanea la voglia di scrivere e buttare giù tutto quello che vivevo, fin da piccola strimpellavo delle chitarrine finte, inventavo canzoni, siamo cresciute insieme io e la musica.

E a proposito di canzoni è uscito il tuo ultimo pezzo che si chiama “Dalla prima all’ultima bugia”, vuoi parlarcene?

Questo pezzo è nato circa un anno fa durante l’esperienza televisiva e racconta di come il non comunicare, nei rapporti di amicizia e di amore, porti a delle incomprensioni. Io sono sempre per la verità, anche se può essere scomoda, come quando ci si accorge che dietro a una persona si nasconde un’altra realtà

Senti il problema della comunicazione anche con i tuoi coetanei, forse troppi social?

Queste sensazioni sono alla base dei rapporti indipendentemente dal fatto che si abbiano 15 anni o 50. Sono problemi universali il mentire o l’avere una comunicazione sbagliata. Non penso che i social abbiano aggravato il problema, penso che diano a chiunque la possibilità di sfogare i propri pensieri, il proprio modo di essere, però penso che si debba saperli usare: il rovescio della medaglia sono le persone che sfogano odio.

Tu sei stata bersaglio di haters?

Devo dire che ho una fanbase molto educata, se mi viene fatta una critica è sempre in maniera costruttiva

Quali sono i tuoi punti di riferimento?

Nel panorama musicale italiano amo particolarmente il modo di scrivere di Ultimo e sarebbe un sogno poter collaborare con lui. Poi ci sono Mengoni, Elisa in cui mi rivedo molto perché anche lei ha iniziato con l’inglese. Per quanto riguarda la musica straniera amo i Coldplay, i Queen…

Cosa ne pensi dei talent?

Penso che siano un trampolino di lancio e che accorcino i tempi per farsi conoscere, non sono contro e ci provo ogni anno ad entrare, ma nel frattempo continuo il mio percorso.

Segui il Festival di Sanremo?

Sì, seguo Sanremo e proprio con questo mio ultimo pezzo “Dalla prima all’ultima bugia”, ho provato a partecipare ad Area Sanremo, ma non sono passata. Seguo Sanremo e anche il Festival è un ottimo trampolino di lancio per gli artisti. Lo seguo sia perché mi piace seguire gli artisti, sia perché nel programma al quale partecipo si parla del Festival

A proposito di televisione come è questa tua esperienza?

È il mio secondo anno e mi trovo molto bene: è una grande famiglia. Pigi Diaco è una persona molto sensibile e molto attenta al lavoro, mi piace molto il suo modo di fare.

Nel futuro ci sarà più musica o televisione?

La musica continua di sicuro, perché io scrivo di continuo (solo nell’ultimo periodo ho scritto una decina di canzoni), ma ho capito che mi piace fare televisione e mi piacerebbe mettermi alla prova come presentatrice.

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Nenzi

 

Nancy Elettrico, in arte Nenzi, 18 anni di Matera ha recentemente iniziato la sua carriera da cantautrice pubblicando su tutte le piattaforme streaming (YouTube, Spotify, Amazon Music etc…) il suo primo inedito, intitolato “3 gradi e mezzo”. Il progetto nasce dalla collaborazione del producer Raffaello D’Agostino (produttore, arrangiatore musicale) con la stessa Nancy Elettrico autrice compositiva di accordi e testo. Noi di Musica361 abbiamo intervistato la giovane artista che ci ha parlato di questa canzone autobiografica, in cui descrive se stessa in modo leggero e simpatico.

 

Ciao Nenzi, innanzitutto presentati ai nostri amici…

Ho 18 anni, sono di Matera e mi chiamo Nancy Elettrico, in arte Nenzi, ho lasciato il cognome perché mi rappresenta: sono una persona molto energica e solare, quindi è un cognome che mi si addice.

Sei di Matera: la provincia è un limite oppure ti dà gli stimoli giusti?

Ora sono davvero agli inizi e voglio farmi conoscere bene soprattutto nella mia regione e nella mia città, però un domani mi piacerebbe guardare la mia musica da un’altra prospettiva, ora la guardo dalla prospettiva di una ragazza di Matera che cerca di fare ascoltare la propria canzone…

Ti piacerebbe percorrere altre strade artistiche?

La recitazione mi piace tanto, ma ora studio al Conservatorio canto jazz, quindi vorrei iniziare a comporre qualcosa in questo ambito, ma sempre in forma moderna, perché voglio modernizzare questo linguaggio in modo che diventi più vicino ai giovani

“3 gradi e mezzo” è il tuo debutto, vuoi parlarcene?

Volevo fare un pezzo che parlasse di me, ma non in modo dettagliato, volevo usare molte metafore e farlo in modo ironico. È un riferimento alle lenti degli occhiali, parte tutto da quello; tutti mi chiedono quanti gradi ho e io rispondo: “3 gradi e mezzo a occhio” e la canzone fa proprio così aggiungendo “e ho tre ore di sonno”, perché andavo a letto tardi per l’idea di scrivere questo testo

Usi molto l’ironia, è la tua cifra stilistica?

Sì, assolutamente, tanto simpatica e tanto ironica, è un bene capire l’ironia e la uso in un modo semplice.

Come definiresti il tuo genere e quali sono i tuoi punti di riferimento?

Il mio genere è indie, per quanto riguarda i miei artisti di riferimento, mi piacciono davvero tanto Calcutta, Annalisa, poi amo Giorgia, amo Arisa, mentre del genere indie ascolto principalmente Calcutta e i Pinguini Tattici Nucleari.

Come è il tuo rapporto con i social?

Buono, ci tengo molto a mostrarmi sul mio profilo Instagram perché è un bigliettino da visita, posso essere interessante per qualcuno che vuole contattarmi e conoscermi come personaggio, quindi cerco di avere una cura del mio profilo in modo da avvantaggiare il mio percorso creativo.

Negli ultimi anni spopolano i talent, come li vedi?

Penso che siano un trampolino di lancio, anche se non sono solo queste le vie per arrivare alla popolarità, vorrei provare con Amici, che secondo me è il talent più difficile, ma non ora. Penso inoltre che siano anche utili i concorsi canori, all’inizio ti danno visibilità, impari ad affrontare un pubblico, a essere sciolto: è una palestra.

Progetti per il futuro?

Nei prossimi mesi uscirà una nuova canzone e sto registrando un videoclip, in generale nel 2024 voglio fare davvero tanta musica!

 

 

 

Acudo 1

“Io vivo”, l’intenso brano di Acudo, artista dal genere e dal nome personalissimi

Avere la fortuna di crescere con due genitori appassionati di musica che fin da piccolo ti fanno ascoltare mostri sacri come i Queen o Elton John oppure, tra gli italiani, gli 883 e Venditti, così è nata la grande passione di Acudo (che noi di Musica 361 abbiamo intervistato per l’uscita della sua canzone “Io vivo“), tutti artisti che gli hanno permesso di innamorarsi della musica fin da bambino per poi, con il passare degli anni, sviluppare dei gusti personali e apprezzare gruppi più alternativi come i Subsonica.

Ma qual è il genere di Musica che Acudo propone? È il cantante stesso a rivelarcelo: “Una musica un po’ più alternativa, più sull’elettronica, ma dalle melodie abbastanza orecchiabili: né troppo ricercata, né troppo commerciale. Il produttore che mi ha mixato il brano mi ha detto che è un genere che faccio solo io: in Italia questi tipi di brani non si sentono e questa cosa mi ha fatto molto piacere”.

Un tipo di musica particolare, come particolare è il suo nome d’arte: “Prendo spunto da Liberato: non si sa chi c’è dietro questo artista, a me piacerebbe tanto portare in giro la mia musica, non tanto far comparire me stesso, da qui la volontà di prendere un nome d’arte e non apparire in prima persona. Per il nome mi sono voluto ispirare a un personaggio di cui conosco la storia: il capo degli zingari spagnoli, Josè Acudo, che mi ha colpito molto perché un giorno ha capito che l’importante non erano i soldi, e ha cercato qualcosa che desse un senso alla sua vita, che poteva essere l’amore, o simili, ma non il riempirsi le tasche a scapito delle persone. Inoltre Acudo è un verbo spagnolo che significa “mi rivolgo”, quindi è anche un modo per parlare alle persone”.

Spunti interessanti offre anche la sua ultima canzone “Io vivo”, una canzone che “parla di un momento particolare della vita in cui per varie ragioni ci troviamo in un limbo da cui non riusciamo a uscire e rischiamo di rimanerci, eppure c’è una persona che ci sta al fianco, un amore che ci salva e ci fa uscire da quella situazione; però, come dico nell’ultimo verso della seconda strofa: ‘Tu mi hai aperto queste porte poi tocca a me trovare la forza e il coraggio di varcarle'”. Considerando che nel caso specifico si parla dell’amore nei confronti della propria moglie pensiamo che non ci sia dedica più bella.

Poco interessato a partecipare ai vari talent che imperversano oggigiorno, anche per la sua ricerca di massima discrezione, segue invece Sanremo perché “comunque è il Festival della canzone italiana, molti cantanti che partecipano io li seguo e da qualche anno anche grazie ad Amadeus c’è un modo più giovanile di condurre”. Acudo è molto impegnato a promuovere questo ultimo suo brano per cui ringrazia chi lo ha mixato (Andrea Ravasio e Gianluca Merenda) e i fotografi Enrico Duratorre e Mario Petrosino; forte anche di un nuovo contratto di distribuzione con la Neda Records è molto preso dalla realizzazione di altri pezzi, un grande impegno per poter dire un giorno “che di lavoro faccio quello che mi piace, perché a quel punto non è più un lavoro”.

 

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Stefano Cinti: trovare la bellezza nei luoghi più nascosti della natura 1

Interessante intervista con il cantautore romano che unisce la passione per la musica con quella per la natura

 

Stefano Cinti è un cantautore romano che ha scritto canzoni su diversi temi: dal razzismo alle migrazioni passando per il cambiamento climatico, le diseguaglianze sociali, la violenza di genere, gli stereotipi, le ipocrisie, le follie ma anche la bellezza della vita e del mondo in cui viviamo, con brani come ‘Io non sono razzista, ma…’ , ‘La fine del mondo’ e  ‘Preghiera in 4/4’. I suoi concerti sono dei piccoli spettacoli di musica e storytelling all’insegna della canzone d’autore, con sfumature pop, jazz, samba e world music, durante i quali coinvolge il pubblico con l’obiettivo di divertire e far riflettere. Il tutto con una buona dose di ironia…

Ciao Stefano, vuoi presentarti agli amici di Musica 361?

Sono un cantautore che cerca di unire la passione per la musica a quella per l’ambiente e per le tematiche sociali.

Parli di razzismo, di cambiamento climatico: i tuoi sono testi molto impegnati… 

Ho sempre cercato di dire quello che pensavo, di lanciare dei messaggi per contribuire a promuovere temi che ritengo siano rilevanti per tutti.

In ‘Io non sono razzista, ma…’, parli del razzismo…

Volevo parlare del pregiudizio senza definirlo ma descrivendolo indirettamente attraverso alcune frasi che ho raccolto negli anni. Il pregiudizio è parte di un meccanismo di allerta che appartiene alla nostra specie e che ci ha permesso di sopravvivere quando eravamo ‘cacciatori-raccoglitori’. Ritengo che sia un meccanismo controproducente per la società moderna nella quale è invece fondamentale l’interazione tra gli individui, la reciproca fiducia e la solidarietà, per perseguire obiettivi comuni. Questo tema l’ho sviluppato nel mio ultimo pezzo che è  “Preghiera in 4/4 “ . Non giova a nessuno avere pregiudizi, soprattutto in una società che diventerà sempre più multiculturale e multietnica.

Hai trattato anche il tema del cambiamento climatico, a chi lo nega cosa rispondi?

Credo che chi nega il cambiamento climatico lo faccia per interessi personali o di gruppo oppure per mancanza di conoscenza. Viviamo in un mondo complesso e in cambiamento continuo e credo che sia necessario sviluppare e diffondere la cultura scientifica con l’educazione e la formazione. E’ importante inoltre che la classe politica sia preparata ed in grado di far fronte alla sfide che ci attendono; i politici dovrebbe secondo me avere competenze e sensibilità diverse. Mi piacerebbe che a scegliere il nostro futuro fossero non solo gli economisti o gli avvocati ma anche persone che si intendono di piante, di animali, di sistemi complessi (sociali, climatici e ambientali), i filosofi, gli psicologi, artisti etc.

I tuoi sono testi molto impegnati come quelli dei cantautori classici, sono la tua ispirazione?

Ho cominciato a scrivere dopo avere sentito alla radio ‘La canzone del sole’ di Lucio Battisti; il suo modo di cantare, la ritmica, la modernità dei cori, queste cose mi hanno influenzato tantissimo. Prima ancora di Battisti ascoltavo il rock progressivo, ero fan degli Yes, dei Weather Report, poi sono approdato anche al jazz. Oggi mi interessano cantautori come Niccolò Fabi, Tricarico, Caparezza e ascolto sempre con piacere anche classici come Venditti e Dalla.

A proposito dei giovani, che fine ha fatto l’impegno sociale? E come vedi la trap?

E’ un genere che non mi piace, però credo sia riduttivo giudicare negativamente i giovani che la fanno o che la ascoltano. La violenza ha ben altre origini. La trap, l’uso dell’auto-Tune, sono conseguenze del tempo in cui viviamo così come lo era il Bebop negli anni quaranta.

Canti anche la bellezza della vita, in cosa si può riscontrare?

Sicuramente nella natura, nelle sue forme più nascoste. Ho iniziato l’attività professionale osservando il mondo al microscopio: le cose più piccole, difficili da vedere ad occhio nudo, nascondono spesso meraviglie.

Usi spesso l’ironia…

Non bisogna prendersi troppo sul serio. Ogni giorno vengono pubblicati circa 200 mila brani inediti su Spotify… Prima di me su questo pianeta sono esistite circa 100 miliardi di persone…Voglio dire, facciamo le cose in cui crediamo e mettiamoci un po’ di ironia.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Continuare con la mia attivita’ artistica e di impegno ambientale e sociale. “Preghiera in 4/4” e’ in promozione ed ho in progetto un nuovo album. Dopo circa venti anni passati all’estero mi sono trasferito da qualche settimana in Salento e sto cercando nuove collaborazioni.

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Rodii 1

È uscito VIP l’ultimo brano del cantante italo-tedesco

Rodii è un artista emergente, nato e cresciuto in Germania da genitori italiani, che crede fortemente nella creatività e nell’autenticità. Noi di Musica361 lo abbiamo intervistato dopo l’uscita del suo ultimo brano “VIP”, dedicato alla sua anima gemella, la donna che ha sposato e che è diventata la sua Regina.

 

Ciao Rodii, vuoi presentarti agli amici di Musica361?

Sì, sono Rodii e volevo innanzitutto salutare tutti gli amici di Musica361, sono nato e cresciuto in Germania dove vivo tuttora e dove i miei genitori si erano trasferiti negli anni ’80: mio madre è di Pescara e mio padre di un paesino vicino a Potenza, Calvello.

Sei italiano di origine, ma nato in Germania, hai avuto problemi di integrazione?

No, problemi non ne ho avuti mai. I primi anni ho parlato solo italiano, perché i miei genitori parlavano poco il tedesco e poi quando sono andato a scuola ho imparato il tedesco, che adesso parlo molto meglio dell’italiano, ma sono spesso anche in Italia, ad esempio a Palermo, dove vive mia sorella.

Sei anche presente su Instagram, ti senti molto social?

A me piace di più esprimermi attraverso la musica. Sono sui social, ma a me piace fare musica, che è il mio mondo e anche il mio hobby.

Da dove viene il tuo soprannome?

Non ha un’origine particolare, i miei amici mi chiamavano così: è nato così, spontaneamente.

Come definiresti il tuo genere?

Non c’è un genere in particolare, va dall’afro-pop al reggaeton, passando per il Pop e l’RNB. Arriveranno poi canzoni che vanno più verso l’house pop: a seconda di come mi sento, così produco le mie canzoni.

Quali sono gli artisti di riferimento?

In Italia c’è sicuramente Sfera Ebbasta che ha fatto un po’ di canzoni che a me piacevano molto, anche insieme a J. Balvin, tra gli americani Justin Bieber e Drake.

Il tuo ultimo pezzo è “Vip” che celebra una donna dal fascino irresistibile…

È nato pensando a mia moglie con cui mi sono sposato quest’anno, è l’anima gemella e spesso anche nelle mie canzoni parlo di lei, dei sentimenti che suscita e di come la vedo, di cosa mi piace di lei… e VIP è un esempio di tutto questo.

Cosa ne pensi dei talent?

La musica per me è un hobby, io lavoro in Germania in un altro campo, ho un lavoro fisso e quindi per me è difficile partecipare a programmi come The Voice. In generale possiamo dire che io faccio musica per me stesso, quindi non è che non vorrei andare ad un talent, ma non ho il tempo…

Prossimi progetti?

Non ho un progetto particolare, voglio continuare e fare musica e metterla online collaborando anche con altri artisti. Non amo fare troppi progetti, sono una persona che si mette a lavorare e poi si vede quello che succede…

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