Astetal
Foto: Ufficio Stampa

Il gruppo ha parlato a Musica361 del nuovo singolo “Subluminal”: una canzone che esce un po’ dai soliti schemi e che strizza l’occhio a diversi generi musicali che caratterizzano gli ascolti dei vari componenti della band…

Ciao, innanzitutto vi chiedo di presentarvi ai lettori di Musica361…

Ciao a tutti! Siamo Astetal, una band di quattro amici accomunati, oltre che dalla passione per la musica, dalla vicinanza geografica. Abitiamo tutti in comuni limitrofi e attraversati dal fiume Astico, da qui il nostro nome che in lingua cimbra significa “Valle dell’Astico”, scelto per sottolineare le nostre origini, il legame con esse e con l’ambiente naturale che caratterizza questi luoghi, fonte di continua ispirazione per le nostre canzoni. Il progetto è nato nel 2015, ha attraversato diversi cambi di formazione che si sono rivelati anche uno stimolo per evolvere a livello di sonorità e attualmente vede alle chitarre Marco Biasi e Alessandro Digiuni, al basso Marco Zavagnin e alla batteria Jacopo Bidese.

Da poco è uscito il vostro singolo “Subluminal”, un pezzo diverso dal solito, in che modo si discosta dai vostri schemi consueti?

Subluminal” è una canzone che strizza l’occhio a diversi generi musicali che caratterizzano gli ascolti di ognuno di noi e che inevitabilmente poi influenzano le sonorità che ricerchiamo in fase di composizione. Si passa da sonorità più affini al midwest emo, nella prima parte, al crescendo in tempo dispari più vicino alla musica prog. Ci siamo dati quindi un po’ più di libertà.

In particolare, in che modo si differenzia, ad esempio, dal precedente “Nightfrost”?

“Nightfrost” è una canzone più rilassata e malinconica, dove abbiamo giocato molto sulla dinamica e sui crescendo a differenza di “Subluminal” che è più diretta. A livello compositivo le somiglia, sono entrambe canzoni figlie di un arco di tempo non troppo diverso, nel quale abbiamo composto dei brani ritoccando idee registrate in sala prove, a differenza del precedente album “Veliger” nel quale le canzoni sono state costruite parte dopo parte. Queste due nuove canzoni rispecchiano di più l’unione delle varie influenze che arrivano dai progetti e dagli ascolti passati e presenti di ogni membro della band. Una sintesi di esperienze diverse che hanno trovato nelle canzoni un punto di equilibrio.

Siete una band Post-rock, ma quali sono i vostri cantanti o le vostre band di riferimento?

Come dicevamo ognuno di noi ha un differente background di ascolti e progetti in cui ha suonato: alcuni di noi hanno suonato in band metalcore, punk, alternative rock e addirittura irish-punk e funk. Nel genere di riferimento, il post-rock, gli ascolti che ci accomunano e che ci fanno sognare sono band come Caspian, This Will Destroy You, Mogwai, Russian Circles, Explosions in the Sky, Sigur Ròs, God is an Astronaut e gli italiani Giardini di Mirò, Massimo Volume, Red Light Skyscraper, Winter Dust (con cui abbiamo condiviso il palco qualche mese fa).

A proposito di generi, quello del momento è sicuramente la Trap, che però suscita molte critiche per la durezza dei testi, qual è la vostra opinione?

Crediamo che anche gli scorsi periodi storici abbiano avuto artisti o generi musicali che con i testi  di alcune loro canzoni o comportamenti potrebbero aver suscitato scalpore all’epoca, rileggendoli a fianco dei testi attuali non si distanziano molto da tematiche, violenza e sessismo. Questo non vuole essere una giustificazione alla violenza di certi testi ma, se queste canzoni comunque ricevono i loro ascolti vuol dire che trovano mezzi di distribuzione, in primis, e poi orecchi e quindi persone che amplificano ancora di più la loro portata.

Com’è secondo voi la situazione della musica in Italia? Voi in particolare trovate delle difficoltà ad esprimere la vostra arte?

La nostra attenzione sia a livello di ascolti che di partecipazione attiva a concerti ed eventi è prevalentemente rivolta a quel sottobosco musicale che molto spesso non arriva all’attenzione dei media nazionali o generalmente passa (purtroppo) in sordina. In particolare qui nell’alto vicentino c’è parecchio fermento a livello musicale, la possibilità di portare la nostra musica dal vivo c’è, molto spesso chi organizza gli eventi è anche chi suona o ha suonato in band locali, quindi si crea una buona rete che può portare ad organizzare una data.
Sicuramente ci piacerebbe suonare di più rispetto a quanto abbiamo fatto finora, magari anche portando la nostra musica dal vivo fuori regione.

Oggi imperversano i talent, qual è il vostro giudizio?

Come band non ci pensiamo ma siamo dell’idea che i talent, se impiegati in un certo modo, siano comunque una buona vetrina per la propria musica e per portare il proprio messaggio ad un pubblico più ampio.

Prima di salutarci ci parlate dei vostri progetti futuri?

A partire da Settembre inizieranno ad uscire nuovi brani che abbiamo registrato insieme a “Nightfrost” e “Subluminal” e di cui andiamo molto fieri. Li abbiamo già portati live negli ultimi concerti ricevendo feedback molto positivi. Nel frattempo stiamo organizzando nuovi live per l’inverno e l’anno prossimo, mentre continuiamo a sperimentare in sala prove con nuovi strumenti e valutando l’aggiunta di una voce. Non vediamo l’ora di condividere con voi questa nuova versione degli Astetal!

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Ina Sonora 1

 

Un pezzo estivo sicuramente, ma che mette in gioco anche tematiche importanti come l’ansia di cambiare, tutto questo è “Fuoco Amico”, ultimo brano di Ina Sonora di cui ci ha parlato (insieme a molto altro) in questa intervista…

 

Oggi siamo con Ina Sonora, innanzitutto ti chiedo di presentarti agli amici di Musica361…

Salve a voi e a tutte le amiche ed a tutti gli amici di Musica361! Mi chiamo Ina Sonora, cantautrice emergente ed indipendente di Firenze.
Generalmente, mi trovo bene nell’ambito del Pop/Rock ma amo spaziare anche attraverso altre contaminazioni stilistiche, perché, in fondo, penso che non esistano generi ma soltanto musica bella o mediocre. Canto, suono il piano e compongo, fin da ragazzina, sia testi che musica.
Ho scritto canzoni, nel corso degli anni, per altri cantanti, nel frattempo, ho costantemente cercato di focalizzare la mia personalità e la mia voce ponendo sempre, alla base di tutto, il cuore senza il quale non può esserci verità e credibilità, in nessun caso, specialmente in campo artistico. Il mio progetto personale comincia a prendere forma nel 2018, quando ho pensato di mettere veramente in gioco me stessa, componendo brani cuciti sulle mie qualità individuali, sempre mettendoci un’anima infinita ed immensa passione. Le mie canzoni trattano svariati argomenti: spesso i concetti sfociano nel sociale, ma non mancano temi d’amore e sentimenti; comunque, il tutto sempre contemplato da un punto di vista assolutamente personale, in modo tridimensionale, a 360 gradi, con molteplici sfaccettature. Al momento sono presente su tutte le piattaforme musicali con i singoli, in ordine temporale: “Voi Poco Di Più Di 100”, “Metti che un giorno” , “L’innesco”, “Psycho Virtuale”, “Qui c’è un Natale” e “Fuoco Amico”, di pochissimi giorni fa. Tutti con i relativi video su YouTube. Inoltre è uscito, per adesso solo su Instagram, un brano acustico (e video) dal titolo “In bocca il sale”.

Da poco è uscito il tuo ultimo lavoro “Fuoco Amico”, vuoi parlarcene?
Fuoco Amico”, come già accennato prima, è il mio ultimissimo lavoro, uscito il 5 luglio 2024. Per le sue caratteristiche ha uno stile che definirei Reggae/Rock, quindi ha un andamento anche ballabile, per quanto riguarda il ritmo. Nel testo ho voluto argomentare su quel tipo di
“auto-sabotaggio” che, in determinati momenti dell’esistenza, ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle. Sicuramente un pezzo estivo, ma che affronta tematiche importanti come la paura del cambiamento e di perdere le abitudini consolidate…
Certamente il brano ha un sapore estivo. Ma ho voluto, comunque, affrontare una tematica che, in particolar modo negli ultimi tempi, mi ha fatto molto riflettere. Il fatto di essere costantemente “bombardati “ dalla comunicazione e l’assistere al successo ed al lusso di altri, in perenne ostentamento, porta frequentemente, a mio avviso, conseguenze negative sulle persone. Quando cerchiamo di raggiungere un obiettivo (che richiede, comunque, sacrifici e dedizione e che va oltre la zona comfort) nella mente, spesso, si affacciano e si affollano pensieri contrastanti ed entriamo, paradossalmente, in conflitto con noi stessi. Assilli dettati dalla paura, per l’appunto, di un cambiamento di vita e dall’infrangere di abitudini ormai consolidate. La sensazione negativa di non potercela fare, “auto consigli” ostili che suggeriscono di non buttarsi in nuove avventure, per il timore di essere incapaci, per bassa autostima, tutto ciò rappresenta un “esercito che spara a se stesso” . Il fuoco amico che, improvvisamente, uccide nuove aspirazioni e ambizioni più grandi. Così si ritrovano “nascosti dall’apatia progetti di un sogno… frammenti di un’altra idea a metà”: le frustrazioni e il male di vivere in una realtà che, altrimenti, potrebbe essere vissuta con pienezza e costellata di soddisfazioni. Siamo spesso nemici di noi stessi, ripetutamente il lotta con noi stessi e non sempre vince il migliore.
Il messaggio che ho voluto trasmettere in questo brano (e nel video) è di non lasciarsi trascinare da quelle voci ostili interiori che, probabilmente, sono anche frutto di sbagliati retaggi passati, familiari e culturali. Ma dovremmo predisporci ad essere sempre positivi. Dare il meglio di noi, per andare anche oltre quelle che pensiamo essere le nostre possibilità, così da sorprenderci nello scoprire di avere risorse ben al di sopra delle nostre aspettative.

C’è anche una critica ai social, tu come li vivi?
Siamo immersi, sempre di più, in una giungla virtuale. Immagine e social fanno da padroni e molte persone vorrebbero sentirsi, o, perlomeno, apparire come dei “leoni”. Ma, spesso, viene meno anche il coraggio di affrontare la vita quotidiana, comunque difficile e non priva di grossi ostacoli. Io, personalmente, cerco di vivere i social come sincero momento di comunicazione con gli altri.
Amo percepire le sensazioni e le emozioni delle persone e, allo stesso tempo, amo donarle: l’abbracciarsi, anche se virtualmente e l’arte che pratico mi dà modo di farlo e di arricchirmi proprio attraverso questo bellissimo scambio.

Lo stile è Reggae/Rock, ma quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Ho sempre amato il Reggae, perché porta comunque solarità anche se, spesso, tratta argomenti seri e difficili. E miti indiscutibili come Bob Marley non hanno né tempo né età. Ho, da sempre, ascoltato tantissima musica di ogni tipo, Italiana e non. Più che punti di riferimento direi che, in qualche modo, io abbia metabolizzato questi ascolti nella mente e nell’anima dove, probabilmente hanno contribuito a creare la mia personalità artistica. Come esempio, i grandi cantautori Italiani: Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, De Gregori, Zucchero, Vasco Rossi, Renato Zero… E poi, Tiziano Ferro, Marco Mengoni ed altri ancora… gruppi particolari che hanno fatto la storia del rock italiano di un certo tipo: band con stile progressive e molto coraggiose, come la Premiata Forneria Marconi, il Banco Del Mutuo Soccorso. Posso continuare citando alcuni stranieri: Led Zeppelin, Pink Floyd, Genesis, Nirvana, Soundgarden… fino ad arrivare a Sting (e Police), 30 Seconds To Mars, Lenny Kravitz e il giovanissimo Yungblud, ma la lista è veramente infinita. Pensando a cantanti donne… Mia Martini, Loredana Bertè, Mina, Barbra Streisand, Aretha Franklin. Ma anche Lady Gaga, Madonna. Cantautrici Italiane come Carmen Consoli, Mariella Nava. E, come già detto, la lista potrebbe continuare ancora…  sicuramente non smetterò mai di ascoltare tutta la bella musica, anche quella classica. Attraverso Internet, se vogliamo, possiamo avere un universo musicale infinito a disposizione per scoprirlo ed ascoltarlo, oltre il tempo e lo spazio.

C’è qualcuno in particolare da cui, nella tua vita privata o professionale, hai subito un “fuoco amico”?
Certo e da diverse persone, sia nel privato che nella vita professionale; ad una di queste, in particolare, ho dedicato un brano, che è nato di getto, e che uscirà prossimamente. Comunque credo che ognuno di noi, nel corso della propria esistenza, abbia avuto a che fare con il “fuoco amico” di altri, l’importante è fare tesoro di ogni esperienza e, in seguito, poter riconoscere in tempo questo” fuoco”, prima che arrivi a provocare danni troppo ingenti.

Sei nata tra le bellezze di Firenze, quanto ti ha ispirato questa città?
Camminando per le strade di Firenze, si respira l’Arte in ogni suo angolo e chiunque ne subisce, senza dubbio, l’immenso fascino.
Credo che abbia influito molto l’essere nata in questa città e continuare a viverla, soprattutto sul mio modo di scrivere i testi: la lingua Italiana, per me, è patrimonio dell’umanità. Possiamo disporre di tantissimi vocaboli e modi di dire (e non si finisce mai d’imparare!) che costituiscono un florilegio di bellezza e che danno modo di esprimerci con estrema chiarezza e, nel contempo, anche attraverso la poesia: qualità e caratteristica che, da sempre, ha contraddistinto il nostro Paese.

Come mai la scelta di usare maschere nei tuoi video?
E’ stata una scelta istintivamente artistica, ma anche ragionata. Ho pensato di “potenziare” la melodia ed il testo delle mie canzoni attraverso l’uso di maschere, che sono sempre e comunque diverse ed attinenti al brano che sto cantando. Per lo più, le progetto e le creo con le mie stesse mani, in modo da essere totalmente fedele al mood, sia del brano che del video che sto interpretando.

Oggi imperversano i talent, qual è la tua opinione?
All’inizio, diversi anni fa, i talent, per chi voleva proporsi, rappresentavano una buona porta per entrare, anche con merito, nel mondo artistico, quello importante; adesso, purtroppo, penso che stiano sempre più trasformandosi in un mix di fiction, scenette divertenti, finte litigate e lacrime, dove, alla fine, la musica, invece di essere il piatto forte, è relegata ad un semplice contorno
di tutto ciò sopracitato.

Prima di lasciarci ci parli dei tuoi prossimi progetti?
Certamente, con piacere! Dopo l’uscita di questo ultimo singolo, “Fuoco Amico”, in rotazione radiofonica e in streaming su tutte le piattaforme digitali e su Youtube, ho in programma per questa estate un mini-tour nelle città della Riviera Adriatica. Sarà qualcosa di molto originale e speciale e… lo scoprirete partecipando direttamente o attraverso i miei post e stories su Instagram, anche in diretta! Dopo di che, entro l’autunno, sarà disponibile un nuovo singolo e video ufficiale. Poi, sempre nuovi brani in uscita, così da formare, in seguito,
un intero album o un EP. Ho anche intenzione di preparare tutti i miei pezzi in acustico e farne una raccolta.

Grazie mille a Musica361 per l’ospitalità!! Abbraccio tutti coloro che mi seguono e mi sostengono, che sono già numerosissimi!!

 

Polo Territoriale, "Pamela": un grido Punk contro le dipendenze
Polo Territoriale

Questa settimana abbiamo fatto quattro chiacchiere con Telea, il cantante del gruppo che ci ha parlato di “Pamela”, ultimo singolo dei Polo Territoriale: un grido Punk contro le dipendenze, un messaggio forte rivolto soprattutto verso i più giovani.

Da poco è uscito il vostro ultimo lavoro: “Pamela”, vuoi parlarcene?

Pamela è un brano che ho scritto nel 2019 ispirato da un incontro in treno con una ragazza, quei dieci minuti in cui abbiamo parlato mi hanno dato modo di scrivere una storia che avevo già in testa da un po’ di tempo. Parla di questa ragazza che soffre di dipendenze e il messaggio che l’interlocutore cerca di fare trasparire è di non sprecare la propria vita dietro queste dipendenze.

Il brano nasce da un episodio di vita vissuta, vi ritenete degli acuti osservatori della realtà che vi circonda?

Certamente ha un ruolo importante e cerchiamo di filtrare la realtà che viviamo attraverso un filtro artistico, con una componente di fantasia che rende tutte le storie più interessanti e condivisibili.

Tra l’altro tu parli di dipendenze in generale senza precisare quale…

Sì, esatto, nella canzone c’è un riferimento all’oppio, ma non è una canzone che parla di una specifica dipendenza da una specifica sostanza, ma è una canzone che vuole in generale cercare di far passare il messaggio di non abbandonarsi alle difficoltà di qualsiasi tipo

Traspare dalla canzone una differenza tra la vita personale e le imposizioni sociali o per meglio dire “social”, quali sono?

Questa differenza c’è e da adolescente posso dire che si sente molto e spesso e volentieri ci dimentichiamo chi siamo in funzione dell’immagine che si crea, mentre il nostro obbiettivo è ricordare all’ascoltatore che non serve creare un’immagine distorta di sé, ma la cosa più funzionale è lavorare sull’accettazione di quello che in realtà siamo.

Parlando di musica, il vostro genere è Punk, ma quali gruppi vi hanno ispirato particolarmente?

Il nostro non è propriamente Punk, nel senso che “Pamela” lo è, ma in generale ci piace definirci Alternative Rock per l’eclettismo dei testi che ci piace comporre. Nei pezzi che abbiamo in scaletta e che a tempo debito proporremo ci sono pezzi che richiamano le sonorità dei Blink, dei Sum 41, dei Green Day; altri pezzi più intimisti invece sono ispirati da band come i Verdena, di cui tra l’altro indosso in questo momento la maglietta…

Voi avete trovato delle difficoltà ad imporvi?

Beh, non posso dire di avere trovato difficoltà ad imporci perché non ci siamo imposti, in ogni caso il grande nemico della musica dal vivo è il classico live che si riduce a cantante con sotto una base che non richiede un grande impegno nella preparazione e nulla di particolarmente personale.

Cosa ne pensi dei Talent?

Aiutano a gonfiare l’immagine di un gruppo, che può anche essere un gruppo molto molto valido, il problema dei Talent è che non si concentrano tanto sulla musica, ma più sull’immagine: si toglie sempre più valore al contenuto musicale e si aggiunge sempre più valore all’immagine, al contesto generale, al personaggio e secondo me è ciò che toglie quella bellissima aura di magia che c’è attorno alla musica.

La stessa critica che ha subito Sanremo, non so se hai seguito?

Da un lato è vero, senza voler muovere critiche particolari nei confronti di chi vi ha partecipato, Sanremo è una vetrina musicale e quindi richiede che spesso ci si distacchi da quella autenticità di cui parlavo prima in funzione di piacere a un pubblico così vasto, avendo uno share così alto l’artista deve rendere la propria musica “nazionalpopolare”.

Scrivete anche in inglese?

In generale preferisco la lingua italiana perché è quella che parlo ed è stupenda, ti permette di esprimere un’infinità di concetti con poche parole e di farlo con una potenza espressiva devastante; d’altra parte l’inglese ha i suoi vantaggi, ho già scritto testi in inglese e devo dire che è una lingua molto versatile soprattutto a livello musicale.

Quali sono i futuri progetti del Polo Territoriale?

Sono previsti una serie di concerti, stiamo chiudendo questo minitour per l’uscita del singolo e verso metà estate è programmato un secondo singolo che annuncerà l’uscita dell’album prevista per ottobre.

Carne 1

Abbiamo intervistato Nicola Begnardi, il chitarrista del gruppo Carne che è da poco uscito con l’ultimo singolo “Limone”, una canzone allegra e ironica in piena linea con l’estate che è appena iniziata.

Ciao, recentemente è uscito il vostro ultimo singolo Limone volete parlarcene?

Certo! Nasce da una collaborazione a più mani di Mirko Carnevali, Luca Zannoni che è il nostro produttore artistico e Valerio Carboni che ci aiuta con i testi, per quanto riguarda il video abbiamo cercato di dare un segnale leggermente diverso dal solito: Limone è un brano estivo ma con alcune “debolezze”. Parliamo di una qualsiasi giornata normalissima, di un week-kend da trascorrere con la persona amata ma è proprio lei a mancare facendo saltare tutti i programmi. Nel video abbiamo dato un colore a questa persona in un mondo in bianco e nero.

Fin dal titolo si capisce che è una canzone allegra e ironica, diversa dal precedente brano “Sarebbe tutto semplice”, come mai questo cambio?

Sì, è vero, abbiamo cercato di dargli un colore un po’ più allegro anche per il periodo estivo: abbiamo cercato di parlare di una brutta esperienza, spiegando però come la vita ci dia comunque qualche speranza, mettendo qualche sorriso e facendo appunto un brano estivo.

Sono due canzoni che riguardano comunque la sfera personale, c’è posto anche per il sociale nei vostri testi?

C’è spazio per la tematica sociale, però diciamo che noi agiamo molto “a sensazione”, quindi quando scriviamo è su qualcosa che accade a uno dei componenti del gruppo, per questo motivo potrebbe capitare in un futuro anche una canzone a tematica sociale.

Qual è il vostro genere e quali sono i vostri gruppi di riferimento?

Non abbiamo un genere predefinito, stiamo cercando di creare qualcosa di nostro, di originale, di conseguenza non riesco a identificarmi in un genere specifico. Diciamo che i nostri brani rispecchiano il mood del momento, se è allegro facciamo un brano allegro, se è un po’ più triste facciamo un brano più triste. Per quanto riguarda i gruppi, i miei genitori fin da piccolo mi hanno sempre fatto ascoltare i classici degli anni ’70, ’80 e anche ’90, quindi l’influenza è molto varia: non c’è un genere specifico.

Mirko Carnevali, altro componente del gruppo, ha partecipato a The Voice of Italy, tu cosa ne pensi dei Talent?

Io personalmente credo che i Talent come qualsiasi altro contest in generale vadano provati se uno se la sente, secondo me Mirko ha fatto la scelta giusta, quella che si sentiva in quel momento e secondo me le sensazioni vanno seguite sempre…

Avete partecipato a Casa Sanremo, cosa ne pensate del Festival?

Negli ultimi anni è stato più bello perché l’ho vissuto, mentre negli anni precedenti ero più piccolo, comunque sono tutti artisti di una certa fama quindi l’aspettativa era buona.

Per quanto riguarda i vostri progetti per il futuro?

In cantiere abbiamo sempre nuove idee che con gli altri collaboratori cerchiamo sempre di sviluppare. Alcune hanno tempistiche un po’ più lunghe legate al mood del pezzo, altre invece sono un po’ più veloci…

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Diadema

Una critica alla società di oggi, alla frivolezza e precarietà, alla sete di voler sempre apparire, con queste premesse i Diadema presentano la loro ultima fatica: “Mondo senz’anima”, ma c’è anche speranza per chi come loro non si arrende mai…

Ciao, innanzitutto vi chiedo di presentarvi agli amici di Musica361…
Ciao amici di Musica361, siamo Michele, Massimiliano e Tommaso dei Diadema. Tutto nasce nel 2022 quando Michele e Massimiliano amici da parecchio tempo e reduci dallo scioglimento della loro band incontrano Tommaso e Matteo, nostro produttore artistico, dando vita ad un nuovo progetto musicale come Diadema. Definire ciò che siamo è complicato, cerchiamo di fare ciò che ci piace, che sia un riff rockettaro o un giro di accordi con sonorità pop. Sperimentiamo e al momento non ci diamo molti limiti. Con queste premesse nasce il nostro primo “album” composto da 10 singoli, 6 in italiano e 4 in inglese.

Il vostro genere è alternative rock, ma quali sono i gruppi e i cantanti che considerate punti di riferimento?
I punti di riferimento sono vari e dettati dal tempo, potremmo partire con influenze inglesi come Beatles, Radiohead, Queen, Muse fino ad arrivare al cantautorato italiano dove spiccano Battisti, Dalla e Vasco Rossi.

Da poco è uscito il vostro secondo brano “Mondo senz’anima” volete parlarcene?
Mondo senz’anima è il nostro grido contro la società odierna dove la rabbia delle strofe si contrappone alla delusione e sofferenza dei ritornelli. Si conclude con uno special che ci fa alzare la testa al cielo in segno di speranza e ribellione per chi, come noi, non si arrende.

È una critica alla società contemporanea, quali sono i suoi principali difetti?
Della società di oggi critichiamo il suo voler sempre apparire, la sua frivolezza e precarietà, causa di forti disagi spesso nascosti e dimenticati. La musica può essere una soluzione a questi problemi? Siamo cresciuti con questa convinzione, la musica come movimento sociale, capace di fare del bene. Purtroppo oggi non ne siamo più così convinti, le case discografiche non cercano talenti ma tormentoni per monetizzare. La musica mainstream è vuota e lo è con consapevolezza.

A proposito di criticità, voi siete di Milano, una metropoli che dà tanto anche se è al centro di polemiche (per il costo della vita, la sicurezza etc…), voi come la vivete?

Milano è una città che può offrire tanto a chi è disposto a nuotare in un mare pieno di squali. Con la consapevolezza di dover mutare e adattarsi alla regole a volte non scritte. Per quanto riguarda le polemiche, Milano è sempre stata cara. Direi che il problema principale al momento è proprio la sicurezza, purtroppo capita sempre più spesso di dover cambiar strada incontrando gruppi poco raccomandabili.

Tornando alla musica, oggi imperversano i talent, siete tentati dal partecipare?
Ai talent non abbiamo mai pensato, abbiamo la sensazione di dover piacere più per la nostra immagine che per la nostra musica…

Il Festival di Sanremo sembrava un dinosauro pronto all’estinzione, ma con le ultime edizioni ha ottenuto successi impensabili e ha avvicinato anche i giovanissimi, voi l’avete seguito? Vi ha soddisfatto?
Assolutamente, seguito dall’inizio alla fine. Crediamo ci sia stata una giusta rappresentazione del panorama musicale italiano e ciò ha permesso a tanti giovani di apprezzare un programma oramai poco seguito. La presenza di artisti giovani e non è riuscita ad avvicinare i giovanissimi alla musica di altre generazioni.

Prima di lasciarci ci parlate dei vostri prossimi progetti?
Ad agosto inizieremo la produzione di 3 nuovi singoli, non stiamo più nella pelle! Nel mentre cerchiamo di suonare il più possibile live.

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Ianez, "Tony Pastello": un'efficace critica sociale sul filo dell'ironia 1

IANEZ è un progetto che vede impegnate più persone, Fabio Tumini della Satellite.rec, Lorenzo D’Annunzio, Cristian Di Foggia e Fabio Mosca. Questa settimana abbiamo intervistato Andrea Iannone che ci ha parlato dell’ultimo singolo Tony Pastello, che mescola ironia a critica sociale…

Ciao Andrea, innanzitutto ti chiedo di presentarti agli amici di Musica361 e di dire quali sono i tuoi punti di riferimento musicali…
Ciao e grazie per il vostro tempo. Musicalmente sono onnivoro e ho avuto formazioni che vanno dal metal al pop passando per il jazz. Non ho dei riferimenti precisi, cantanti o band da citare, quindi le influenze, che sicuramente ci sono, arrivano inconsapevolmente, dettate dal momento e dalla scrittura. Mi è stato detto più volte che ci sono delle assonanze con i Talking Heads, non so se sia vero ma è una cosa che mi piace.

A proposito di Maestri, tu hai collaborato con Gigi De Rienzo, bassista dei Napoli Centrale, realtà molto amata e non solo a Napoli che ha ispirato generazioni di artisti, che esperienza è stata?
Con i René Golconda, la band nella quale cantavo nel 2012 abbiamo avuto la fortuna di farci arrangiare un brano “Eri Distratta” da De Rienzo. Siamo stati a casa sua e poi a registrare allo Splash Recording di Napoli. Lui è un grande musicista, sembrava di stare con un amico di vecchia data. È stata anche la prima esperienza in radio quindi ho un ricordo molto bello, abbiamo avuto anche la fortuna di conoscere Senese e tutti i Napoli Centrale alla fine di un loro concerto.

C’è stato un periodo in cui hai preso una pausa dalla musica, qual è il motivo di questa scelta?
Ho preso una pausa forzata, ero in un momento tormentato, avevo bisogno di solitudine e di elaborare situazioni spiacevoli, quindi ho lasciato la chitarra e preso la penna per scrivere per non essere protagonista e contenere il dolore.

Nel 2018 è uscito il tuo romanzo Sette foglie di oleandro, un noir, genere che ben si presta a una critica dei lati più oscuri della società…
Nella pausa dalla musica ho scritto racconti che qualche volta ho pubblicato sui social, così sono stati notati da una persona che lavora per vari editori che mi ha consigliato di non pubblicarli più e di partecipare a dei concorsi, in questo modo ho vinto la pubblicazione di Sette foglie di Oleandro per lupieditore. Il libro è un percorso nella provincia sociale, nelle zone più paludose dell’essere umano. Sette racconti collegati da un’auto che viene comprata e rivenduta e i suoi proprietari sono protagonisti che s’intrecciano in un reticolo di vita, morte e ambientazioni cupe.

La denuncia dei drammi della nostra epoca passa anche attraverso la tua musica, con Blu hai parlato di violenza contro le donne, tematica quanto mai attuale…
Blu è scritta di getto in una pausa lavoro. La violenza contro le donne è un cancro che va sradicato ed è necessario che tutti ne parlino e si sentano coinvolti. Non c’è femminicidio che non coinvolga un uomo e l’atteggiamento peggiore è pensare di non farne parte, quindi sentirsi estranei al problema. Blu tocca il tema con delicatezza parlando della parte più subdola della violenza, quella che non arriva al telegiornale, fatta di giudizi, pregiudizi e di una morale anacronistica di stampo cattolico.

Non solo impegno, anche ironia nei tuoi testi come si evince dall’ultimo singolo Tony Pastello, vuoi parlarcene?
Tony Pastello è un brano “estivo”, nato per divertire ma anche in questo c’è una critica sociale. Si parla di un cliché, della vecchia generazione che non capisce la nuova e ritiene “sbagliato” o peggiore tutto quello che si scosta esageratamente dai suoi vent’anni. Si ironizza sulla ciclicità dei ruoli e sul fatto che “prima non era meglio, era solo prima”.

Ci sono riferimenti a ben note canzoni del passato, la sua idealizzazione è un comodo rifugio oppure è pericolosa perché distrae dal presente?
L’idealizzazione del passato è naturale, il tempo edulcora i ricordi e poi non si rischia niente, è già tutto successo. Nei ricordi si sta meglio probabilmente, ma ci si può anche perdere: entrambe le cose, può essere un rifugio per chi ne ha bisogno e può essere pericoloso quando riguarda ad esempio la politica, quando vengono riproposti pensieri ed ideali dannosi e ottusi con un cambio d’abito ed una bandiera di diverso colore. New Black, un brano uscito qualche anno fa parla proprio di questo.

Hai partecipato alle finali nazionali di Sanremo Rock, per quanto riguarda l’altro Sanremo, quello tradizionale, cosa ne pensi? Sei stato soddisfatto dell’ultima edizione da record?
Sì, dai… Ci sono state canzoni importanti come quella di Ghali e D’Amico (bravo anche Gazzelle e altri) e brani che mi sono piaciuti meno ma è giusto che sia così. Sanremo negli ultimi anni è radicalmente cambiato, si è aperto ad un pubblico più eterogeneo e non trascura le orecchie più giovani. Questa è una nota positiva e spero che andando avanti cadano regole antiche come limiti di età e tutte quelle scremature che non sono strettamente legate alla qualità del brano presentato.

Dopo questo singolo quali saranno i tuoi prossimi appuntamenti?
Dopo questo singolo abbiamo in mente di far uscire un album, un EP? Non lo sappiamo ancora e lo diciamo da un anno. Ci sono live in vista e siamo sempre alla ricerca di una figura manageriale che possa curare al meglio tutto. Parlo al plurale perché IANEZ è un progetto che vede impegnate più persone, Fabio Tumini della Satellite.rec, Lorenzo D’Annunzio, Cristian Di Foggia e Fabio Mosca. Lavoriamo da band e ci presentiamo come solista, una scelta concordata che funziona.

Lysander

Il cantautore chamber pop Valerio Lysander ha presentato a Musica361 il suo nuovo singolo “Longer Days”, una canzone folk che parla della sensazione di essere bloccati e persi nonostante il passare del tempo, un brano scritto con una procedura molto particolare che ci insegna a non assecondare sempre e comunque la voglia di perfezionismo…

Ciao Valerio, il tuo stile è molto particolare, come definiresti il chamber pop ai lettori di Musica361?
Ciao! Il chamber pop è uno stile che combina la musica pop contemporanea con degli elementi di musica classica, che possono sentirsi, per esempio, nella strumentazione, negli arrangiamenti, nelle armonie. Spesso ci sono strumenti orchestrali come archi e strumenti a fiato e anche armonie vocali complesse. Mi piace molto combinare queste due anime. Ho da sempre avuto una passione per la musica pop e per il cantautorato, ma allo stesso tempo i miei studi di pianoforte mi hanno portato anche ad amare la musica classica, e mi piace molto unire questi due mondi nella mia musica.

Da poco è uscito Longer Days, vuoi parlarcene?
Longer Days è una canzone che ho scritto circa 3 anni fa, nel post-Covid fatto di zone rosse e arancioni. Ero da poco tornato in Italia dopo 8 anni a Londra, e mi trovavo in una nuova città (Milano), dove stavo cercando un nuovo equilibrio. Senza una rete sociale stabile e alla ricerca di un mio posto, mi ritrovavo bloccato negli stessi vecchi schemi di sempre, nonostante il cambio di città.

La canzone parla di questo e del fatto che molto spesso ci ritroviamo a guardare il negativo delle cose, lamentandoci del nostro stato ma incapaci di trovare una soluzione. Nel mio caso, non era pigrizia, ma una sensazione che mi faceva sentire che nonostante tutto quello che facevo, il mondo era comunque più complesso di quello che riuscivo a comprendere e mi sembrava molto difficile trovare un modo per muovermi serenamente.

Mi capita ogni tanto di cadere in questi loop, da cui riesco ad uscire anche grazia al lavoro che ho fatto e faccio continuamente su me stesso tramite il counseling, la psicoterapia e la mindfulness. Ma siamo tutti umani, imperfetti, ed è lecito cadere in questi schemi, senza colpevolizzarsi troppo.

La canzone nasce in una challenge di scrittura. In particolare è stata scritta in una sessione di 30 minuti durante una sfida di 7 giorni in cui hai scritto una canzone al giorno, un modo davvero singolare…
L’impatto che la pandemia ha avuto sulla musica dal vivo è stato immenso. Questo ha sicuramente influito sulla salute mentale di molti musicisti, abituati a uno stile di vita molto diverso. Dal canto mio, in quel periodo avevo trovato questa modalità per tenermi motivato. In particolare, questa canzone è stata appunto scritta in una sessione di 30 minuti durante una sfida di 7 giorni in cui mi ero proposto di scrivere una canzone al giorno. Era solo un esercizio di scrittura, ma alla fine sono rimasto molto contento del risultato e ho deciso di pubblicarla, seppur un po’ di tempo dopo!

Nasconde un concetto molto interessante, solitamente i limiti temporali sono un problema, tu invece hai detto: “Dover scrivere una canzone con un limite di tempo ha aiutato a liberarsi dal critico interiore e dal perfezionismo”…
Esattamente! Dovendo scrivere 7 canzoni in 7 giorni, spesso mi ritrovavo verso sera che ancora non avevo avuto tempo di scrivere la canzone del giorno.

Per questo mi rimanevano gli ultimi minuti della giornata per poter chiudere la canzone e questo mi ha spinto ad abbandonare il perfezionismo. Insieme a quello, lasciavo fuori dalla porta il mio critico interiore. Avendo un limite di tempo, non c’è spazio per poter ripensare mille volte su una frase o una parola, quindi si butta giù tutto quello che passa per la testa.

Questo permette di sciogliere le briglie e lasciare che la creatività lavori senza barriere. Poi c’è sempre tempo per poter correggere successivamente, ma l’importante spesso è iniziare e lasciarsi andare, che non è scontato quando chiediamo molto a noi stessi e esigiamo degli standard troppo alti.

La canzone è anche in qualche modo figlia del Covid, come ti ha segnato quel momento drammatico?
Ho vissuto l’inizio del Covid a Londra, e devo dire che per me è stato un momento di riflessione e crescita molto importante. Sicuramente ha comportato molte sfide, sia relazionali, che finanziarie e psicologiche in generale.

Ma per me in qualche modo è stata un’occasione per fare un punto della situazione, come uno spartiacque che ha creato un prima e un dopo. Infatti, dopo qualche mese dal lockdown ho deciso di tornare in Italia.

Era già da un po’ che volevo provare a cambiare, quindi mi sono trasferito a Milano, un po’ a occhi chiusi perché non conoscevo bene la città (io sono di Roma) e da lì la mia vita si è abbastanza rivoluzionata.

Sei riuscito a trovare un tuo equilibrio nella tua nuova città, Milano, una metropoli che dà tanto, ma che registra anche molti problemi?
Ho faticato molto all’inizio, anche perché mi sono trasferito in un momento in cui il Covid ancora si faceva sentire ed è stato difficile fare amicizie ed esplorare la città. Ormai sono più di 3 anni che sono qui, e come dicevo prima la mia vita è molto cambiata, anche grazie al fatto di essere qui.

Continuo a fare musica e a insegnare canto, ma allo stesso tempo ho intrapreso il cammino verso una nuova professione, seguendo un master di Counseling, che sto per portare a termine, e iscrivendomi all’università per studiare Psicologia. Questi percorsi mi hanno dato numerose opportunità per guardarmi dentro e crescere, trovando un po’ di più il mio posto nel mondo (e non parlo solo di un posto fisico).

Milano sicuramente non è perfetta, ma credo che in Italia sia comunque l’unica città in cui potrei vivere. Nonostante l’aria inquinata e il traffico, che di certo non sono ideali, comunque è una città che offre molto in termini di servizi, eventi, cultura e formazione, e questo per me è fondamentale. Mi mancano i parchi di Londra, ma mi accontento del parco Lambro ogni tanto!

Tra gli artisti che ti hanno influenzato ci sono Sufjan Stevens e Noah Cyrus, hai altri punti di riferimento?
Questa è sempre una domanda difficile! Sono convinto che tutta la musica che ascoltiamo ci influenzi in qualche modo. Tra le mie muse ispiratrici di sempre ci sono Regina Spektor, Alanis Morissette, Fiona Apple, L’Aura e Tori Amos. Chris Garneau mi ha anche molto influenzato in alcune parti della mia vocalità e della scrittura, ma appunto adoro Sufjan Stevens, che è una scoperta che ho fatto solo 5 o 6 anni fa. La lista di influenze sarebbe lunghissima, e comprenderebbe anche qualche compositore classico e la musica popolare italiana, ve la risparmio per ora!

Prima di lasciarci ci sveli i tuoi prossimi progetti?
Dopo questo singolo, ne ho altri pronti da sfornare. Mentre mi barcameno tra il raggiungimento del diploma di counseling e la laurea in psicologia, sto lavorando dietro le quinte per far uscire un nuovo album con canzoni in inglese e in italiano, che prevedo di pubblicare il prossimo anno, dopo aver fatto uscire qualche altro singolo.

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Il Sogno della Crisalide 1

 

Il Sogno della Crisalide torna sulle scene musicali con la pubblicazione del nuovo singolo “Ipocondria”, caratterizzato da una struttura musicale riflessiva, abbinata ad un testo che invita all’autoesame. Interessante progetto dietro il quale si cela Vladimiro Modolo, Il Sogno della Crisalide indaga le sfide interiori, proponendo un dialogo profondo e, allo stesso tempo, irriverente sulla percezione della realtà e sui meccanismi di difesa interiori, come ci ha rivelato nella nostra intervista…

 

Il Sogno della Crisalide nasce da una rivista di psicologia. Quanto questa disciplina ha influito sulla tua produzione artistica?
Direi che ha influito ed influisce ancora. Ma sempre lato “paziente”, in quanto non sono uno psicologo e nemmeno un esperto della materia. Più semplicemente sono una persona che si interessa dell’argomento per vicissitudini personali.

Il dilagare dei social rischia di acuire certi problemi psicologici soprattutto tra i più giovani?
Credo di sì. Al contempo credo però che alcuni problemi esistano già PRIMA di utilizzare i social, che semmai possono amplificarli e farli esplodere creando dipendenza. Potrei dire una cosa “forte”, ma i social per alcuni versi possono diventare per qualcuno la droga del nuovo millennio. E poi ci sono giovani, nemmeno adolescenti, i quali rischiano di più degli adulti anche in termini di crisi dell’autostima, senso continuo di inferiorità e bisogno di emulazione.

Da poco è uscito il nuovo singolo “Ipocondria”, vuoi parlarcene?
Ipocondria racconta di una paura “bloccante”, della paura di morire di una patologia spesso indefinita che impedisce di vivere normalmente la quotidianità. Paradossalmente, la paura di morire si trasforma in paura di vivere. Questa è a volte l’ipocondria. Allora ho pensato bene di ironizzarci su e magari di trovare seguaci ipocondriaci con cui condividere le mie paure e farmi più forza…

Il testo è una riflessione sul dubbio e sulla autoconsapevolezza, ma nella tua produzione c’è spazio anche per le tematiche sociali, come dimostra il premio nazionale Augusto Daolio, vinto con il brano “Colpa della fame” sulla vicenda di Stefano Cucchi…
Credo siano due aspetti inscindibili. Spesso ciò che siamo dentro è anche il riflesso di ciò che viviamo fuori di noi. L’interesse per ciò che mi accade intorno risente della mia formazione, o meglio, deformazione sociologica che mi porto dietro dai tempi dei miei studi, ma la vicenda di Stefano Cucchi, così come delle altre persone decedute mentre erano nella mani dello Stato, l’ho sentita particolarmente ed è così che è nata poi la canzone che mi ha permesso tra l’altro di entrare in contatto con la famiglia di Stefano Cucchi.

Tra atmosfere cantautorali e vintage, come definiresti il tuo stile e quali sono gli artisti che ti hanno influenzato di più?
E’ una domanda difficile. Forse non sono in grado di definire il mio stile con esattezza. Senza dubbio ci sono dei rimandi alla musica che mi ha più influenzato nel corso degli anni (dal rock, al pop, alla new wave), il tutto mescolato a un po’ di buon cantautorato italiano.
Tra gli artisti che più mi hanno influenzato penso a Baustelle, primi Bluvertigo, primi Matia Bazar ma anche Moltheni per quanto riguarda la musica italiana. Guardando all’estero, Radiohead, Smashing Pumpkins, Pulp.

Hai presentato un tuo brano all’interno della kermesse di Casa Sanremo, per quanto riguarda il Festival, ti ha soddisfatto dal punto di vista musicale l’ultima edizione?
No. Personalmente l’ho trovata forse la peggiore edizione di sempre. Canzoni che sembravano prodotte dall’I.A. per quanto fossero tutte uguali fra loro. Per carità tutte PERFETTE, forse anche troppo, ma tremendamente finte. Salvo solo Gazzelle e Diodato che almeno le canzoni le scrivono loro…

Tema talent musicali: cosa ne pensi? Ti piacerebbe partecipare?
Credo che i talent siano la risposta delle major a quella che fu nei primi anni 2000 l’avvento delle piattaforme di condivisione musicale, che rendevano di fatto troppo oneroso investire su un artista non affermato e costruire su di lui da zero. Prendere un artista quando il seguito è stato già generato dalla visibilità mediatica dei talent ha rappresentato una svolta di non poco conto, riducendo tuttavia la musica ad una specie di mucca da mungere finché produce introiti, per poi passare subito ad un’altra quando non ne ha più…. Non lo so se mi piacerebbe partecipare, però ultimamente ho apprezzato molto un artista come “Il solito Dandy” che è riuscito all’interno di un talent ad imporre la sua originalità.

Prima di lasciarci ci parli dei tuoi prossimi progetti?
Pochi ma fondamentali. Cercare di suonare tanto dal vivo e poi l’uscita dei prossimi singoli e dell’album prevista per dopo l’estate.

LEGGI ANCHE > Wasichu: dalla saggezza dei nativi americani una critica alla società attuale

Wasichu nella lingua dei Lakota significa ladri di grasso, termine spregiativo con cui erano indicati i bianchi, perché ingordi, avidi, famelici; partendo da una cultura che apprezza molto, l’artista compie una critica alla società attuale come si evince dall’ultimo album pubblicato: “L’effetto della cifra di sinistra”

 

Wasichu
Foto: Ufficio Stampa

 

Ciao Franco, innanzitutto ti chiederei di spiegare l’origine del tuo nome d’arte che ci ha incuriosito molto e che nasconde una tua grande passione…

Sono un estimatore della cultura e filosofia dei nativi americani, in particolare dei Lakota (per i francesi: Sioux), il popolo di Cavallo Pazzo e Toro Seduto, Wasichu è il modo (dispregiativo) con cui i lakota chiamavano i “bianchi” e significa “ladri di grasso”, ossia ingordi, avidi, famelici divoratori di tutto, insaziabili… ed è esattamente quello che siamo, sempre di più.

Da poco è uscito il tuo ultimo album “L’effetto della cifra di sinistra”, vuoi parlarcene?

Io in giovanissima età componevo canzoni, spedii decine e decine di musicassette  (con testi battuti a macchina) in buste imbottite alle varie case discografiche (spendendo anche parecchio!!), ma non ebbi quasi alcun riscontro, quindi che fai chiusi tutto in un cassetto e mi dedicai ad altro! Poi arrivano i 50 anni, la crisi di mezza età, quindi ho riaperto il cassetto e ci ho riprovato (con mail, internet e mp3!!!) Questo disco (come il precedente) è un’accozzaglia di vecchissime canzoni con altre più recenti, non segue un filo logico: è un “mischione” tra quello che è successo e quello che succede: i nonni e i nipoti, come ero prima e come sono adesso.

Si pone come un’accusa alle spietate leggi del marketing, una critica della società…

Spietata lo è davvero! Non ci si ferma davanti a nulla, non ci si fa più scrupoli, tutto è lecito se genera denaro (Wasichu, appunto!!). In questi giorni sta avendo un grande successo il docufilm FOOD FOR PROFIT, beh il filone sarebbe molto più ampio ci sarebbe materiale per girare anche PHARMA FOR PROFIT, ENERGY FOR PROFIT, NATURE FOR PROFIT, POLITIC FOR PROFIT, SPORT FOR PROFIT, MUSIC FOR PROFIT etc. etc.

La domanda sorge spontanea: è un disco per giovani?

Non credo, forse nemmeno per i miei coetanei, forse è un disco solo per me. Penso questo: anche se le mie canzoni piacessero solo a me è comunque un ottimo motivo per scriverne ancora!

Quali tematiche preferisci veicolare attraverso i tuoi testi?

Non c’è preferenza, c’è qualcosa che accade o qualcuno che incontri che ti fa star bene, oppure male e da lì originano parole  (buone o cattive), note (belle o brutte che siano) che poi metti insieme e hai una canzone…

Quali sono i gruppi o i cantanti che ti hanno ispirato maggiormente?

Da adolescente ho consumato le cassette di Bennato poi (fortunatamente) ho allentato il mio fanatismo ed ho ampliato i miei ascolti e nell’autoradio della mia panda giravano i nastri (quasi mai originali) di tutti i grandi classici e storici cantautori italiani, da Vecchioni a De Andrè, Guccini, Finardi, De Gregori, Bertoli, Nomadi, Pfm. L’elenco è lungo… poi ho “aperto” anche al country con John Denver, Neil Joung etc. Gusti decisamente boomer!!!

A questo proposito, in tempi non sospetti hai ironizzato sulla presenza massiccia dei rapper nel panorama musicale, considerato lo strapotere dei trapper non pare che la situazione sia cambiata…

Ironizzo ancora: RAP, TRAP poi avremo la musica GRAP, FRAP; fra qualche anno la KRAP, BRAP. Ma appena finiranno le consonanti torneremo a sentire, in un qualche nuovo pezzo di successo, un violino con un pianoforte, una chitarra, un arpa, una fisarmonica: sarà una rinascita! Spero di esserci quando accadrà… ma accadrà!

Oggi spopolano i talent che cosa ne pensi?

Non mi piacciono, per due motivi: se consideri la musica arte non ha alcun  senso una “competizione artistica” è come fare una gara  di pittura a che serve? Inoltre, i ragazzi sono giudicati su parametri oggettivi (mentre l’arte dovrebbe essere soggettivissima!!) ossia la bellezza della voce e la presenza scenica! Bellissima voce e sei figo/a …VINCI! Il parametro invece più importante ossia LA CREATIVITA’, il genio e l’ingegno creativo non vengono in alcun modo considerati! Se questi talent fossero esistiti negli anni ’60/’70 Bob Dylan sarebbe stato cacciato dopo 6 secondi di provino (i giudici: ”Hey Robert, ma con questa voce dove vuole andare? Lascia perdere, trovati un lavoro!). Neil Young, dopo 10 a casa, anche Lou Reed; bocciati Guccini, Branduardi, Graziani, Bennato, Gaetano, Forti ed altri ancora. Avrebbero davvero fatto un disastro!

Un grande classico è il Festival di Sanremo, lo segui di solito? Ti ha soddisfatto l’ultima edizione?

Non vorrei sembrare snob, ma no: ci provo tutti gli anni, ma poi cambio canale. Ho letto che molte canzoni sono state scritte dallo stesso autore? Ma è vero? Ma che roba è? Un sarto che confeziona più pezzi possibili che poi vengono distribuiti ai fruitori/cantanti? Che tristezza! Un canzonificio di pezzi precotti, poi surgelati tirati fuori all’occorrenza: 3 minuti al microonde e via che si canta! Mi scusi per il sarcasmo ma non fa per me..

Hai appena pubblicato un album quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sono preoccupato per il caldo, per le estati sempre più calde. Un mio prossimo progetto è trovare una casetta in un tranquillo paesino di montagna, sopra gli 800/900 metri e invecchiare lì al fresco, passeggiando per boschi! Sto guardando la Val di Scalve, non è male…

LEGGI ANCHE > Oreazon: la donna moderna si fa drago e non ha più bisogno del Principe Azzurro

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Questa settimana vi presentiamo gli OREAZON, una band dance-pop di Milano che ci ha parlato del suo ultimo singolo: Fiaba, una favola molto diversa da quelle tradizionali della principessa rinchiusa nella torre, in cui l’eroe arriva sul suo cavallo bianco per salvarla e insieme vivono felici e contenti, la band infatti si chiede cosa sarebbe successo se la principessa non avesse mai desiderato di essere salvata, interrogandosi sulle dinamiche del salvataggio e sulla propensione a voler salvare gli altri senza mai interrogarsi sulle loro reali esigenze e desideri.

Ciao, prima di tutto vi chiedo di presentarvi agli amici di Musica361…
Ciao, siamo Danny, Cecco e Toby: gli Oreazon. È un piacere collaborare con Musica 361 e salutiamo tutti i suoi lettori. Siamo felicissimi di poter rispondere alle vostre domande.
Da poco è uscito il vostro ultimo singolo Fiaba, una favola molto diversa da quelle che siamo abituati a leggere…
“Fiaba” trae ispirazione dai racconti classici dei fratelli Grimm, che, rispetto alle versioni successive entrate nell’immaginario collettivo, si distinguono per una componente più cupa e tenebrosa. La canzone narra la storia di una scelta avventata e delle sue terribili conseguenze.
Il protagonista è un principe che, avendo sentito parlare di una principessa rinchiusa in una torre, sorvegliata da un drago, decide di partire per salvarla. Tuttavia, la principessa si rivela essere lei stessa il drago, avendo ucciso tutti coloro che in passato hanno tentato di “salvarla”. Il principe, ignaro di questo, finirà per condividere lo stesso tragico destino dei suoi predecessori.
Il testo contiene una riflessione sulla tendenza a salvare gli altri senza chiedersi quali siano le loro reali esigenze, a che conclusioni siete arrivati?
La nostra canzone “Fiaba” nasce come metafora di una situazione in cui qualcuno manifesta i propri problemi e qualcun altro decide di volerlo aiutare, senza considerare che magari questa persona si trova a suo agio nella propria condizione e non ha alcun interesse a uscire dalla propria “gabbia”. Il messaggio centrale è che non si può salvare chi non vuole essere salvato. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, saranno proprio i diretti interessati a chiedere aiuto, e non bisogna comportarsi come l’ingenuo principe della nostra fiaba che si lancia in soccorso di qualcuno che non ha affatto richiesto il suo intervento.
Che tematiche preferite affrontare nei vostri testi? C’è spazio anche per l’impegno sociale e politico?
I nostri testi sono prevalentemente storie. Ci piace raccontare vicende ispirate alla realtà, ricorrendo a metafore o creando delle vere e proprie narrazioni; in questo brano, ad esempio, abbiamo utilizzato entrambe queste tecniche. Sebbene non ci siamo mai dichiarati apertamente politici, preferendo lasciare questo aspetto fuori dalla nostra musica, almeno per ora, nei nostri testi e nei nostri video ci battiamo da sempre per l’uguaglianza dei diritti. Riassumendo, si potrebbe dire che, pur non essendo una band politica in senso stretto, alcuni messaggi, a volte non troppo criptici, a favore dei diritti umani si possono cogliere nelle nostre canzoni e nei nostri videoclip.
Quali sono i cantanti o i gruppi che vi hanno ispirato maggiormente?
Il nostro gruppo attinge a diverse influenze che emergono nelle nostre canzoni in tutte le loro sfaccettature. Ad esempio, nelle chitarre delle tracce più soft si possono cogliere fraseggi che ricordano lo stile di John Mayer o di David Gilmour, mentre in quelle più distorte si sentono echi di Slash. Alcune linee di basso si ispirano a quelle di Mike Dirnt dei Green Day, altre hanno un groove più funky che strizza l’occhio ai Daft Punk, come in “Naufraghi Sulla Luna”.
I nostri testi sono influenzati da artisti internazionali come i Green Day e Taylor Swift, ma anche da cantautori italiani come Max Pezzali, Ivan Graziani, Lucio Dalla e Davide Van De Sfroos, solo per citarne alcuni.
Per quanto riguarda lo stile vocale, troviamo grande ispirazione in artisti del pop contemporaneo come Taylor Swift e Charlie Puth.
In Italia, il progetto musicale che forse si avvicinava di più al nostro erano gli 883, anche se noi incorporiamo elementi diversi e siamo molto più contaminati da vari generi.
Siete milanesi, come vi trovate in questa metropoli che offre tante opportunità, ma che è anche al centro di polemiche per la sicurezza e i costi?
Vogliamo essere sinceri: la nostra città offre molte opportunità, ma purtroppo non nel campo musicale. Oggi suonare in città è diventato molto più difficile rispetto a dieci anni fa, sia che si tratti di esibirsi nei locali o di fare busking per le strade. In questo lasso di tempo, il panorama musicale della scena underground è cambiato radicalmente. Inoltre, la nostra città è diventata molto costosa e poco sicura, con aggressioni all’ordine del giorno, nonostante si continui a sostenere il contrario.
Un grande classico musicale italiano è il Festival di Sanremo, lo seguite? Vi piacerebbe partecipare?
Fin da piccoli, abbiamo sempre seguito con passione il Festival di Sanremo. Calcare quel palco rappresenterebbe un sogno per noi, soprattutto per il profondo significato che la manifestazione ha avuto e continua ad avere nelle vite delle persone. Ciò che ci affascina di più è la capacità di questo evento di catalizzare l’attenzione dell’intera nazione per una settimana, ponendo le canzoni in gara al centro di tutto.
Da anni imperversano i talent come XFactor o The Voice, voi cosa ne pensate?
Saremo nuovamente sinceri: non siamo appassionati di talent show e non ne seguiamo nessuno. Riteniamo che questo formato non sia il modo migliore per veicolare il nostro messaggio musicale. Pur essendo favorevoli a una competizione come Sanremo per il suo significato culturale, siamo convinti che cercare di imbrigliare l’arte in un concorso, sottoponendola a una valutazione, sia in contrasto con i principi stessi della creazione artistica.
Prima di salutarci ci parlate dei vostri prossimi impegni?
È già finita?! È stato bellissimo poter rispondere alle vostre domande! Come anticipazione esclusiva, siamo felici di annunciarvi che il prossimo mese, per il terzo anno consecutivo dopo “Naufraghi Sulla Luna” e “FLASH LOVE”, pubblicheremo un nuovo singolo estivo intitolato “Mojito e Guai”.
Inoltre, stiamo lavorando all’organizzazione di alcune date live per poter finalmente abbracciare il nostro amato pubblico. Vi invitiamo a seguire i nostri canali social per rimanere aggiornati su tutti i dettagli!
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