Il Sogno della Crisalide, con Ipocondria indaga su una paura “bloccante” della nostra quotidianità

Il Sogno della Crisalide 1

 

Il Sogno della Crisalide torna sulle scene musicali con la pubblicazione del nuovo singolo “Ipocondria”, caratterizzato da una struttura musicale riflessiva, abbinata ad un testo che invita all’autoesame. Interessante progetto dietro il quale si cela Vladimiro Modolo, Il Sogno della Crisalide indaga le sfide interiori, proponendo un dialogo profondo e, allo stesso tempo, irriverente sulla percezione della realtà e sui meccanismi di difesa interiori, come ci ha rivelato nella nostra intervista…

 

Il Sogno della Crisalide nasce da una rivista di psicologia. Quanto questa disciplina ha influito sulla tua produzione artistica?
Direi che ha influito ed influisce ancora. Ma sempre lato “paziente”, in quanto non sono uno psicologo e nemmeno un esperto della materia. Più semplicemente sono una persona che si interessa dell’argomento per vicissitudini personali.

Il dilagare dei social rischia di acuire certi problemi psicologici soprattutto tra i più giovani?
Credo di sì. Al contempo credo però che alcuni problemi esistano già PRIMA di utilizzare i social, che semmai possono amplificarli e farli esplodere creando dipendenza. Potrei dire una cosa “forte”, ma i social per alcuni versi possono diventare per qualcuno la droga del nuovo millennio. E poi ci sono giovani, nemmeno adolescenti, i quali rischiano di più degli adulti anche in termini di crisi dell’autostima, senso continuo di inferiorità e bisogno di emulazione.

Da poco è uscito il nuovo singolo “Ipocondria”, vuoi parlarcene?
Ipocondria racconta di una paura “bloccante”, della paura di morire di una patologia spesso indefinita che impedisce di vivere normalmente la quotidianità. Paradossalmente, la paura di morire si trasforma in paura di vivere. Questa è a volte l’ipocondria. Allora ho pensato bene di ironizzarci su e magari di trovare seguaci ipocondriaci con cui condividere le mie paure e farmi più forza…

Il testo è una riflessione sul dubbio e sulla autoconsapevolezza, ma nella tua produzione c’è spazio anche per le tematiche sociali, come dimostra il premio nazionale Augusto Daolio, vinto con il brano “Colpa della fame” sulla vicenda di Stefano Cucchi…
Credo siano due aspetti inscindibili. Spesso ciò che siamo dentro è anche il riflesso di ciò che viviamo fuori di noi. L’interesse per ciò che mi accade intorno risente della mia formazione, o meglio, deformazione sociologica che mi porto dietro dai tempi dei miei studi, ma la vicenda di Stefano Cucchi, così come delle altre persone decedute mentre erano nella mani dello Stato, l’ho sentita particolarmente ed è così che è nata poi la canzone che mi ha permesso tra l’altro di entrare in contatto con la famiglia di Stefano Cucchi.

Tra atmosfere cantautorali e vintage, come definiresti il tuo stile e quali sono gli artisti che ti hanno influenzato di più?
E’ una domanda difficile. Forse non sono in grado di definire il mio stile con esattezza. Senza dubbio ci sono dei rimandi alla musica che mi ha più influenzato nel corso degli anni (dal rock, al pop, alla new wave), il tutto mescolato a un po’ di buon cantautorato italiano.
Tra gli artisti che più mi hanno influenzato penso a Baustelle, primi Bluvertigo, primi Matia Bazar ma anche Moltheni per quanto riguarda la musica italiana. Guardando all’estero, Radiohead, Smashing Pumpkins, Pulp.

Hai presentato un tuo brano all’interno della kermesse di Casa Sanremo, per quanto riguarda il Festival, ti ha soddisfatto dal punto di vista musicale l’ultima edizione?
No. Personalmente l’ho trovata forse la peggiore edizione di sempre. Canzoni che sembravano prodotte dall’I.A. per quanto fossero tutte uguali fra loro. Per carità tutte PERFETTE, forse anche troppo, ma tremendamente finte. Salvo solo Gazzelle e Diodato che almeno le canzoni le scrivono loro…

Tema talent musicali: cosa ne pensi? Ti piacerebbe partecipare?
Credo che i talent siano la risposta delle major a quella che fu nei primi anni 2000 l’avvento delle piattaforme di condivisione musicale, che rendevano di fatto troppo oneroso investire su un artista non affermato e costruire su di lui da zero. Prendere un artista quando il seguito è stato già generato dalla visibilità mediatica dei talent ha rappresentato una svolta di non poco conto, riducendo tuttavia la musica ad una specie di mucca da mungere finché produce introiti, per poi passare subito ad un’altra quando non ne ha più…. Non lo so se mi piacerebbe partecipare, però ultimamente ho apprezzato molto un artista come “Il solito Dandy” che è riuscito all’interno di un talent ad imporre la sua originalità.

Prima di lasciarci ci parli dei tuoi prossimi progetti?
Pochi ma fondamentali. Cercare di suonare tanto dal vivo e poi l’uscita dei prossimi singoli e dell’album prevista per dopo l’estate.

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Ruggero Biamonti
Ruggero Biamonti
Autore con esperienza decennale presso importanti realtà editoriali quali Rumors.it (partner di MSN), Vivere Milano, Fondazione Eni e Sole 24 Ore Cultura, si occupa di temi che spaziano dall'intrattenimento al lifestyle.
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