Tutto bello, ma l’orchestra a Sanremo ha suonato poco…

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 2
Iva Zanicchi al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata. Sanremo (Italia), 2 febbraio 2022 (foto di Marco Piraccini/MondadoriPorfolio). La canzone di Iva è stata una delle poche suonate dall’inizio alla fine dall’orchestra


Tanti suoni preregistrati: l’orchestra in certi casi era solo una cornice


L’orchestra a Sanremo 2022: che ruolo ha avuto? Oggi per la nostra rubrica Musica Maestro ci occupiamo proprio di questo. L’edizione appena conclusa ha restituito al Festival di Sanremo tantissima credibilità, con Big assoluti in gara e share di ascolti baudiani. Eppure..sì, c’è un eppure, perché su qualcosa dal punto di vista musicale si può ancora lavorare per le prossime edizioni. Non si vuole trovare a tutti i costi qualcosa che non vada in una kermesse praticamente perfetta sotto tanti aspetti e che abbiamo amato raccontarvi giorno dopo giorno. Va rimarcato, però, il fatto che la classifica venga decretata da anni mettendo al centro il nome dell’interprete più che della canzone. Allora c’è qualcosa da migliorare musicalmente. A cominciare dal ruolo dell’orchestra. 

Schierata ai piedi del palcoscenico, l’orchestra di Sanremo sembrava più che altro una bella cornice agli straordinari interpreti del palcoscenico.

Poco male, in fondo da che mondo è mondo e da che teatro è teatro, l’orchestra suona nella cosiddetta “buca”. Non è certo una prerogativa dell’ensemble quella di essere al centro della scena.

A Sanremo, però, dove nulla è casuale, un segnale viene dato già dall’impostazione scenografica.

Quando nel 1990 Aragozzini ripristinò dopo tanti anni l’orchestra, infatti, questa era posizionata sul palcoscenico, a completare la scenografia fatta di scogli, cielo e mare. E di spazio non ne mancava di certo in quell’occasione. Si trattava dell’edizione svolta ad Arma di Taggia in un enorme complesso denominato Palafiori. Ai tantissimi posti vuoti tra le poltrone del pubblico, si sarebbe potuto ovviare inserendo l’orchestra ai piedi del palcoscenico e dipanandola in lungo e in largo. Invece no, perché la musica dal vivo doveva essere omaggiata in un certo modo, indicativo sin da subito.

Con questa stessa impostazione si sarebbe andati avanti per parecchio tempo. Ma vediamo cosa è accaduto quest’anno.

L’orchestra, diretta da Leonardo De Amicis, suonava il jingle d’apertura (ormai da qualche anno non esiste più una vera e propria sigla). Inoltre introduceva i cantanti con degli stacchi musicali e accompagnava gli ospiti.

Già, ma la gara?

Tutti abbiamo notato (ahinoi) un uso sempre più crescente di basi preregistrate. Non si poteva fare altrimenti. La musica ormai è cambiata e con il digitale ci siamo abituati a un’infinità di suoni impossibili da riprodurre “a mano”.

In certe canzoni (la maggior parte) si sono sfruttati eco, autotunes o effetti sonori che nessuna orchestra avrebbe potuto realizzare.

Per fortuna qualcuno ha fatto eccezione. Non a caso parliamo dei grandi Big. Iva Zanicchi e Massimo Ranieri, rispettivamente con Voglio amarti e Lettera al di là del mare, hanno portato in gara i pezzi in assoluto più orchestrali. Quelli dove gli archi e il pianoforte fanno la differenza.

Come loro i cantanti arrivati sul podio: Mahmood-Blanco, Elisa, Morandi, ma anche Moro, hanno potuto interpretare brani accompagnati da un’importante presenza dell’orchestra. Canzoni su cui gli stessi interpreti rischiano di più, dovendo mantenere l’intonazione senza alcun aiuto e senza essere coperti da suoni particolari.

Per il resto, se ascoltiamo le versioni sanremesi e quelle nel disco, si notano poche differenze. Persino alcune imperfezioni vocali dal vivo sono state meno frequenti, nonostante ormai con gli apparecchi che abbiamo in tutte le case si possano percepire dettagli un tempo impossibili.

Eppure quest’anno meno stonature. Tutto talento? Ci piacerebbe poter dire così. In realtà il lavoro del direttore tecnico di suono deve agevolare proprio una percezione più che mai perfetta ma, a volte, poco coerente con la realtà. Così ecco che le basi fanno la differenza e i cori preregistrati danno un supporto ai cantanti in gara.

A tutto questo si aggiunge ciò che la nostra rubrica racconta da mesi: molto spesso a Sanremo i pezzi sono diretti da arrangiatori che lavorano su pezzi prodotti da altri. Così si racconta la presenza di Francesca Michielin, che si traduce onestamente in uno schiaffo morale alla professione di Maestro. Schioccare le dita e tenere il tempo non corrisponde a gestire sotto la propria bacchetta l’intero ensemble. È stato talmente evidente che sembrava quasi inutile rimarcarlo, ma nessuno lo ha fatto notare. Oltretutto Francesca non era lì nemmeno in qualità di arrangiatore, ma piuttosto di amica di Emma. Ecco perché qualche direttore ha scatenato la polemica nelle scorse settimane.

Ecco spiegato forse anche così il motivo per cui l’orchestra quest’anno non votava.

A Sanremo 2022 l’orchestra è stata poco più che un supporto per molti, nonché una meravigliosa cornice. Siccome al Festival, però, la musica deve essere quella vera, sarebbe più bello non giocare ad avere un gruppo che rende tutto più importante ma poi di fatto non può suonare molto.

Forse sarebbe il caso di ripristinare la musica per come la conoscevamo un tempo. O, altrimenti, eliminiamo completamente le stonature e ci dedichiamo a basi e voci in playback. Andrà fatta una scelta. Di Sanremo 2022, del suo successo e dell’impostazione orchestrale torneremo a parlare nelle prossime settimane in Musica Maestro, con gli stessi protagonisti.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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