Negli inni calcistici, la Capitale la fa padrona. La storia della Lazio in musica

Negli inni calcistici, la Capitale la fa padrona. La storia della Lazio in musica
Nella nuova puntata di oggi, ripercorriamo gli inni della Lazio

La Lazio ha alternato nella sua storia inni rustici a brani romantici. E per questo si rivela unica nel suo genere

Tante volte i tifosi della Lazio hanno dovuto sopportare gli sfottò dei cugini romanisti, che vantano una diffusa popolarità e una sola stagione trascorsa in Serie B. Eppure, la storia non si discute: la prima squadra della Capitale è, dal 1900, proprio la Lazio. I colori biancoazzurri, che negli anni ’80 hanno sofferto e rischiato addirittura la retrocessione in serie C, sono poi diventati sinonimo di successi. Prima in Italia e poi in Europa, dalla fine degli anni ’90 in avanti, la squadra laziale ha fatto la storia. Anche musicalmente, la squadra di Lotito (presidente anche della Salernitana) non ha molto da invidiare ai cugini giallorossi, sebbene il primo brano dedicato alla squadra, arrivò solo negli anni ’60.

Nella nostra nuova puntata di MusiCalcio, andiamo quindi a scoprire la storia degli inni della Lazio.

Per farlo, dobbiamo risalire al 1964, quando la squadra di Morrone e Maraschi approdava nella massima serie. A cantare l’inno della squadra, con un romanesco “L’avemo imbriacati e nun ce vonno stà” (che riprendeva un coro della curva laziale), c’era una cantante genovese: Aura D’Angelo. Già nota per alcune canzoni in dialetto ligure, oltre che per aver partecipato a Sanremo tre anni prima, ma soprattutto a Canzonissima ’62 con Violino Tzigano, la D’Angelo sorprese tutti. Ecco così che, da vera tifosa, interpretò la canzone Forza Lazio. “Daje Lazio, chiuderemo 4-0 e la Roma sta a guardà”, cantava nel ritornello. Lo faceva con il solito adorabile umorismo nei confronti dei giallorossi. La rivalità calcistica del derby, infatti, nella capitale è sentita probabilmente più che in qualunque altra città.

Fiati, corde, percussioni: la canzone della D’Angelo è ricca di strumenti e tanta allegria come nella tradizione anni ’60. Ascolti Forza Lazio e ritrovi infatti il ritmo di Zum Zum Zum. Gli autori, non a caso, sono il paroliere Antonio Amurri (autore di Stasera mi butto, La banda e della stessa storica sigla di Canzonissima) e Mario Ruccione. Quest’ultimo, compositore anche di tanti brani per Claudio Villa oltre che di alcuni pezzi simbolo del regime fascista. In effetti quella musica così perentoria e piena di cori rigorosi, sembra risentire ancora di una certa influenza anni ’40.

Nel 1974, finalmente, la Lazio vinse il suo primo scudetto. Come nella migliore tradizione, ecco quindi arrivare un nuovo inno.

Si tratta di un orgoglioso stornello che, con l’immancabile ironia romana, ammette le difficoltà degli anni precedenti a fronte di una stagione che fa conoscere la squadra in tutto il mondo. “Fino a ieri, nostra Lazio, per noi altri era uno strazio…”, iniziava il pezzo. Con tanto di citazione dei giocatori (Chinaglia su tutti) che hanno portato al successo, la canzone omaggiava lo scudetto e la pazienza con cui i tifosi avevano atteso quell’evento. Venivano usati molti meno strumenti: bastavano una fisarmonica e qualche tamburo per realizzare uno degli inni più “artigianali”. L’idea era proprio quella di riproporre un’atmosfera rustica, quasi tipica delle trattorie. Tutto questo, a conferma che le vittorie possono arrivare con massima semplicità e grande talento: “Senza mago, avemo vinto er campionato”, citava il ritornello, facendo riferimento a Helenio Herrera, artefice dei successi interisti.

Pochi anni dopo, arrivava un nuovo inno: lo componeva Aldo Donati nel 1977 e si intitolava So già du ore.

Cori e tamburi mantenevano quel rigore conosciuto con i canti anni ’20, ma la struttura delle strofe si profilava come un brano moderno che raccontava la storia di un tifoso allo stadio. Tra l’attesa per la partita e il cuore colmo d’amore per la Lazio, i tifosi respiravano lo stesso sentimento dei giocatori, legati ai colori biancoazzurri come nessun altro. Già, parliamo di un’epoca in cui c’erano davvero le bandiere calcistiche e stare da una parte o dall’altra della città aveva un senso non solo per i supporters. In qualche modo lo sguardo emotivo che consente questa canzone è quello che anticipa l’inno successivo, quello più storico, composto da Toni Malco.

Il cantautore e attore, nel 1983, mentre Venditti cantava il suo Grazie Roma per lo scudetto giallorosso, rispose con un Vola Lazio vola.

La squadra infatti tornava in Serie A, dopo una stagione nella serie cadetta per i fatti del calcioscommesse. Era finalmente pronta a ripartire e lo voleva fare con una nuova canzone. Romantica, corale, con un arrangiamento al pianoforte da brividi. “Nel cielo biancoazzurro brilla una stella che in tutto il firmamento è sempre la più bella” iniziava il pezzo di Malco (autore anche per Califano, tra gli altri). Fino ad arrivare poi al ritornello

Lazio sul prato verde vola, Lazio tu non sarai mai sola. Vola un’aquila nel cielo più in alto sempre volerà.

Sono parole su una melodia dolcissima, che i tifosi biancocelesti conoscono a memoria sin dagli anni ’80, quando Malco le cantò insieme agli stessi giocatori dell’epoca in un’occasione al Teatro Quirino.

Tra la commozione e la pelle d’oca dei presenti, si annunciava così uno degli inni calcistici più belli di sempre, che rispondeva perfettamente all’altrettanto meraviglioso pezzo di Venditti. Roma faceva scuola insomma in quegli anni. Eppure in troppi non avrebbero conosciuto, in Italia, quell’inno fino alla fine degli anni ’90 quando, la Lazio di Cragnotti, iniziò a vincere in Europa. Nel 2000, arrivò anche il secondo scudetto. Alla guida del team c’era Eriksson e, all’ultima giornata di campionato, arrivò il sorpasso sulla Juventus che capitolò a Perugia. Ironia della sorte, di lì a pochi mesi si sarebbe festeggiato il centenario della squadra. Ecco allora che si incideva una nuova canzone: Cent’anni insieme.  Tra le voci, anche quella inconfondibile dell’attore tifoso Pino Insegno.

Tra gli autori del pezzo, oltre a Malco, anche Aldo Donati, quello di So già du ore. Tanta coralità, grande emozione. La canzone, tuttavia, resterà quella dei cento anni (e non è poco visto che la Lazio è l’unica a vantare un inno per i suoi cento anni, almeno finché non arriva l’anniversario della Roma). Insostituibile insomma quello dello scudetto 2000 e delle coppe europee.

Diciamoci la verità, quale tifoso avversario non si è fatto trascinare dalle note dell’inno di Malco? Insomma, ci sarà pure un motivo se Roma è la capitale. A quanto pare, anche della musica…

 

 

 

 

 

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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