Musica Maestro, Pippo Barzizza: un direttore d’altri tempi

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Il Maestro Pippo Barzizza, leggendaria figura della musica italiana
Pippo Barzizza è, per tutti, un’istituzione della musica. Il direttore d’orchestra per eccellenza che, prima di chiunque altro, ha portato in Italia il jazz e lo swing.
Punto di riferimento della musica leggera per tantissimi anni, Pippo Barzizza fu direttore della Blue Star e poi dell’Orchestra Cetra, sempre contrapposto a Cinico Angelini. La loro rivalità è qualcosa di leggendario per chiunque ami la storia del Festival di Sanremo. E la città dei fiori ha un grande significato per lui, che proprio all’inaugurazione del Casinò nel 1928 conobbe la donna della sua vita, Tatina.

Polistrumentista di rara originalità, Pippo Barzizza chiuse la carriera anzitempo nel 1960.

Continuò, altresì, nella sua attività di Maestro. Tra i suoi allievi prediletti, per passione e costanza, Franco Fasano che lo ricorda ampiamente nel libro Io amo.
Oggi, nella nostra rubrica Musica Maestro, idealmente vogliamo provare a intervistarlo. Lo faremo attraverso una chiacchierata con suo figlio Renzo, montatore, regista e produttore cinematografico.  Sarà lui, che su You Tube ha creato un canale, Barzizza Channel, recuperando perle rare e meravigliose della carriera del padre, a raccontarci chi era Pippo Barzizza. Un Maestro d’altri tempi per competenza, passione ed eleganza.
Pippo Barzizza, qui con i figli Isa e Renzo che oggi è il nostro esclusivo ospite della rubrica Musica Maestro

Renzo, chi era papà Pippo Barzizza?

Era un personaggio speciale anche per la simpatia. Nel periodo prebellico potei godere meno del suo tempo e, quando diventai grande, ormai era travolto dalla quantità di lavoro che lo impegnava tra Torino e Roma. Ma questo non mi ha mai impedito di viverlo con ammirazione e anche divertimento. Pippo Barzizza amava la musica e credo che il suo principale privilegio fosse quello di essere rimasto un adolescente di estremo talento. Aveva una curiosità, un interesse per ciò che faceva e altresì una velocità di pensiero impressionante. La musica era il suo mondo. Era un fuoriclasse assoluto.

Come si rapportava con l’orchestra?

Era comprensivo ma severo e di una padronanza incredibile, di quelle che appartengono solo a chi può rivoluzionare il pensiero.

Con il suo carisma sapeva tenere in pugno l’orchestra con estrema facilità, facendosi rispettare e rispettando i musicisti.

Ricordi un episodio in particolare da poterci raccontare?

Una volta il sassofonista, durante le prove, si alzò e disse che secondo lui sullo spartito era indicato un passaggio impossibile da eseguire. Mio padre, con la sua voce autorevole, rispose: “Se scrivo una cosa è perché si può fare e se tu ripeti che è impossibile, anche se sono fuori esercizio, ora vengo lì e ti dimostro che si può fare”. Il musicista arrossì, si sedette e rifece il passaggio alla perfezione. Questa cosa mi colpì per la forza carismatica con cui convinse il musicista.

Lui suonava tantissimi strumenti.

I direttori d’orchestra dovevano sapere suonare almeno 3 strumenti. Lui ne suonava 9. Non volle mai suonare il trombone. Teneva molto alla sua bocca e alle sue labbra disegnate e non voleva rovinarle.

Dirigere un’orchestra era più una passione o un lavoro, per lui?

Per lui era sicuramente un’emozione continua. Non amava la musica facile: fece Paquito lindo, che vendette 270 mila dischi, ma ripeteva che fosse un brano pieno di luoghi comuni. Lo aveva composto in mezz’ora perché serviva un tango da far ballare a Totò. La sua musica sono Domani, Sera, La canzone del boscaiolo. E poi Un’ora sola ti vorrei, l’unico standard internazionale che scrisse, ma mai davvero riconosciuto perché non la firmò. E a volte se ne pentì.

Pippo Barzizza fu direttore d’orchestra di tanta musica leggera, jazz e swing per grandi palcoscenici, ma anche per alcune musiche dei Caroselli televisivi. Oggi alcuni musicisti dicono a bassa voce di aver composto per le pubblicità, quasi come se si vergognassero. Lui come si rapportava con i diversi generi che lo coinvolsero?

Per lui non esisteva una differenza tra musica popolare e classica.

La musica, per Pippo Barzizza, era distinguibile tra bella o non bella.

Ovviamente quella bella poteva essere talora quella popolare, altre volte quella classica. Non esistevano differenze in questo senso. Purtroppo, per circostanze fortuite, i suoi pezzi più belli non hanno incassato quanto altri, ma le sue composizioni hanno un inciso che si memorizza facilmente. Se fosse cresciuto professionalmente negli USA, anche come autore sarebbe diventato uno dei mostri sacri americani perché portò una ventata di novità che innescò una voglia creativa e produttiva di altri artisti in seguito. Tutti, nell’ambiente, glielo riconoscono. Lui non è stato dimenticato dai musicisti, ma dagli storici, che lo hanno snobbato a un certo punto perché non componeva musica popolare.

Qual era la sua composizione preferita?

Domani. In particolare era orgoglioso di un passaggio tra le strofe, che oggi sarebbe sfruttato con tanto colore di batterie ma probabilmente senza musica. A lui, invece, interessava avere anzitutto la melodia prima di tutti gli orpelli intorno.

Dicevi di Paquito lindo che fu composta in mezz’ora. In genere quanto impiegava per una canzone a cui dedicava anima e corpo?

Quando arrivava qualcosa da poter essere sviluppato, lo metteva da parte per pensarci un po’. E potevano passare anche mesi.

Come viveva la sua rivalità, vera o presunta, con Cinico Angelini, con cui si divideva i successi maggiori al Festival di Sanremo?

Erano amici. La loro fu una rivalità montata come quella tra Coppi e Bartali.

Solo che questi correvano sullo stesso terreno, mentre Angelini e Pippo Barzizza lavoravano su terreni diversi. Nelle loro carriere le belle canzoni se le giocavano a pari e dispari: avere un successo internazionale significava avere ascoltatori. Ma si rispettavano moltissimo, ricordo che anche Angelini aveva grandissima ammirazione per papà. Mio padre faceva basi complete per i suoi arrangiamenti; seguiva la musica corrente per passione e necessità al tempo stesso. Angelini, a tal proposito, gli diceva: “Ti invidio per le tue qualità!”.

Pippo Barzizza diresse per l’ultima volta un’orchestra nel 1984, in occasione dei trent’anni della televisione, alla presenza di Sandro Pertini. Se ne andò nel 1994, facendo quindi in tempo a vedere un mondo musicale che stava cambiando, con l’avvento del rap. Cosa penserebbe delle canzoni di oggi e della trasformazione musicale a cui stiamo assistendo?

Per lui, se le cose sono belle lo sono in qualunque genere vengano espresse. Papà era famoso per l’ampiezza del suo repertorio: dal jazz all’operetta, fino alla rumba, che per primo registrò in Italia. Non ricordo avesse espresso un giudizio preciso sul rap ma, conoscendolo, sicuramente apprezzava la rapidità di saper parlare di temi socialmente importanti, non ritenendola, però, musica.

Chi gli piaceva tra i cantautori, all’epoca, più moderni?

Quando sentì in anteprima i capelloni, aveva capito che da lì partiva una rivoluzione. E lo sapeva fare di tutti gli artisti. Per esempio, adorava Dalla. Apprezzava Battisti, Zero, De Andrè (come cantore più che come musicista). Capiva cose di cui io non comprendevo immediatamente la portata.

Non provò mai a coinvolgerti nella passione musicale?

Come no. Un giorno mi chiamò a sé, probabilmente proprio con quell’intento. Fece partire un grammofono e, nel frattempo, scriveva le parti degli strumenti per allenarsi. Io lo guardavo meravigliato, quasi in adorazione. Ma, per diverse ragioni, la musica non avrebbe mai potuto essere il mio mondo.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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