Maledizioni e censure: storia dell’inno del Benfica

La maledizione che vuole il Benfica mai più vincente in Europa dura da 60 anni. Il suo inno storico, però, è ancora più antico e ha accompagnato i grandi successi quando giocava Eusebio

Domani è il giorno di Benfica-Inter. Il turno di andata dei quarti di finale di Champions’ è arrivato. La compagine di Simone Inzaghi se la vedrà con la squadra portoghese, spesso vicina a risultati importanti ma a quanto pare attanagliata da una maledizione: quella di Bela Guttmann. L’allenatore, noto anche in Italia per aver guidato tra le altre il Milan e aver fatto esordire Cesare Maldini, vinse ben due Coppe dei Campioni con il Benfica. Rifiutatogli un aumento di ingaggio, nel 1962 lasciò la squadra indignato asserendo che nessun altro team portoghese sarebbe mai più riuscito a vincere per due anni consecutivi in Europa. Aggiunse inoltre che il Benfica non avrebbe mai più vinto una finale senza di lui. Crediateci oppure no, la squadra lusitana successivamente ha perso otto finali europee. Una delle quali, nel 1965, proprio contro l’Inter. I segnali per sperare ci sono tutti insomma. Rimane che la leggendaria formazione di Lisbona non solo non può essere sottovalutata. Ha innanzitutto una storia che parla per lei. Come sempre, quando si ha una storia alle spalle ne emerge un racconto sotto ogni forma. Compresa quella musicale.

Nella puntata settimanale di Musicalcio parliamo quindi dell’inno del Benfica.

Diremo subito che l’inno è uno e solamente uno, prima di addentrarci nei tentativi di cambiamenti che la contemporaneità ha spesso richiesto, senza mai però riuscire a convincere.

La canzone si intitola Ser Benfiquista. E’ particolarmente amata perché, contrariamente a ogni altro inno, si rivela un elogio ai tifosi prima ancora che ai giocatori. Essere un “benfiquista” vuole dire molto più che supportare una squadra di calcio infatti. Il brano fu scritto da Manuel Paulino Gomes Junior e venne cantato per la prima volta nella vecchia arena del Benfica, il Pavilhao dos Desportos. Era il 1953: a interpretarlo, un tenore, Luis Picarra. La canzone è a tutti gli effetti un pezzo tenorile che merita attenzione. Pochissimi gli strumenti utilizzati; tante le strofe che nascono praticamente con voce a cappella. L’inno del Benfica è una dolce melodia, che rievoca quelle atmosfere tipiche dei film disneyani anni ’50, molto care ai portoghesi. Ricorderete infatti come anche nel 2017 Salvador Sobral vinse l’Eurovision Song contest con Amar Pelos Dois. Quando gli archi creano la magia, tutto il resto lo può fare la voce con la sua delicatezza e la raffinatezza dei lenti più romantici.

Sono del Benfica e mi lusinga, perché ho la genetica che fa crescere chiunque.

Così cita la canzone nel suo incipit, per poi continuare nel ritornello. “Essere tifoso del Benfica vuol dire avere una fiamma immensa all’anima del sole che c’è nel cielo”. I giocatori sono paragonati a papaveri saltellanti (la maglia della squadra è rossa), facenti parte di un club che da sempre sa combattere senza paura di alcun rivale. In sostanza, però, la canzone è davvero un inno per i tifosi. Anche per questo non viene mai abbandonato, nemmeno a distanza di 70 anni. Un assolo di fiati prepara il finale a una grande vivacità, senza mai perdere la poesia di questo brano. Provate ad ascoltarlo: sembrerà di sentire un Claudio Villa portoghese. Lo stile è quello e non è detto che non ci sia stata qualche ispirazione al Reuccio. Non sarà un caso, del resto, se entrambi hanno inciso nelle loro rispettive lingue la celebre Granada. In ogni caso, prima di ogni partita casalinga, i tifosi portoghesi intonano Ser Benfiquista. 

Come dicevamo, ci hanno provato a cambiarlo negli anni, ma senza successo.

A partire da Benfica es a nossa fé (Benfica è la nostra fede), canzone interpretata sulla base di Go West dei Pet Shop Boys. Un brano chiaramente capace di coinvolgere le folle e animare i tifosi, specie nei momenti più gloriosi. Ecco perché ci si augura di non sentirlo mai nelle prossime settimane: vorrebbe dire che l’Inter sarebbe stato eliminato! Tuttavia, quel brano non è mai stato sentito davvero come inno della squadra. Non è andata meglio a Somos Benfica, cantata dal Grupo Ninguem. Si tratta di un pop ricco di chitarre elettriche, cantato con voce in stile Ruggeri per capirci, che per quanto bello non ha le caratteristiche di un vero inno, fatta eccezione per il coro che interpreta il ritornello. Hanno provato a cambiare più volte l’inno, perché secondo qualcuno la maledizione delle mancate vittorie è da imputare anche a un brano che, evidentemente, ha perso il suo fluido magico. Eppure è anche lo stesso che ha permesso di vincere in quegli anni epocali. Meglio mettere da una parte la scaramanzia allora. Difficile insomma sostituire qualcosa di storicamente consolidato. Sebbene, tuttavia, nella storia era già successo.

Il primo inno della squadra di Lisbona, infatti, risale al 1929.

Lo compose Félix Bermudes e si intitolava Avante Benfica. Lo cantava un coro di voci maschili e femminili, completamente a cappella. E’ di una bellezza melodica e interpretativa per cui meriterebbe di essere ascoltato in tutte le scuole. Non c’è alcun bisogno di strumenti, fanno tutto le voci, creando armonie e sottofondi meravigliosi. E allora perché fu sostituito? Motivi politici. Quell'”Avante”, infatti, nel 1942 in piena guerra mondiale, sembrava un affronto all’Estado Novo, ossia lo stato corporatista istituitosi in Portogallo nel 1933. Per i conservatori e autarchici, occorreva qualcosa che non facesse intendere a uno spirito rivoluzionario: così l’inno venne censurato per dare luogo, dieci anni dopo, a quel Ser Benfiquista mai più abbandonato.

 

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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