L’inno dell’Europa League: chi lo conosce veramente?

L’inno dell’Europa League: chi lo conosce veramente?
Composto nel 2015 da un tedesco, l’inno dell’Europa League ha sostituito l’opera di un francese


L’inno dell’Europa League non è famoso, anche perché ha una storia troppo giovane. Vediamola insieme.


Dopo la Champions’, ecco l’Europa League. In questo nostro viaggio di MusiCalcio, dove andiamo a scoprire gli inni e le canzoni che raccontano lo sport più popolare per eccellenza, oggi affrontiamo un capitolo perlopiù sconosciuto a molti. Sì, perché se per la competizione europea più importante c’è un inno diventato leggendario, non è esattamente così per l’Europa League.

Chiariamo, c’è una differenza di storia e di importanza tra le due stesse coppe. La Champions’ è la trasformazione della Coppa Campioni, l’Europa League prosegue in qualche modo la tradizione della Coppa Uefa. La prima è stata istituita nel 1992, la seconda nel 2009. Ma, soprattutto, le squadre che vi partecipano non hanno il blasone dell’Europa più ambita. A meno che non si tratti di team eliminati dalla Champions’. In altre parole retrocessi. Non proprio il massimo dell’aspirazione. In pratica, c’è poco da stupirsi se quasi nessuno si è mai davvero interessato al suo inno. Eppure la qualità è davvero notevole.

In questa puntata raccontiamo dunque l’inno dell’Europa League.

Fu composto nel 2015 da Michael Kadelbach. Il compositore tedesco, all’epoca poco più che trentenne, è celebre per diverse colonne sonore di serie televisive in Germania. A differenza dell’inno tramutato dalla musica di Handel, questo è pienamente originale. Vi è solo un coro che ripete “Oh oh oh oh”, ma non c’è praticamente un vero cantato. Le atmosfere imponenti vengono scandite da un assortito gruppo di archi che impreziosisce la musica. Chiaramente, essendo del 2015, risulta anche molto più contemporaneo nel suo gusto artistico. Sebbene qualche influenza, specie nelle strofe, sembri arrivare dalle musiche anni’80 stile RockyIV per intenderci.

Risuona negli stadi quando le squadre entrano in campo, coi tifosi che battono le mani a tempo. Un inno che sfodera senza dubbio molta energia, grazie al suo tema al tempo stesso affascinante e melodico. Tutto secondo gli obiettivi dello stesso compositore.

Così, infatti, Kadelbach presentò l’inno dell’Europa League.

“Volevo che la musica catturasse tutta l’emozione e l’energia che sentivo io quando stavo vicino ai miei amici e tutti insieme battevamo le mani per la nostra squadra, che vincesse o perdesse”, dichiarò in conferenza stampa. L’inno venne composto a Berlino, con il supporto dell’Orchestra di Opera di Parigi. Un ensemble non proprio nuovo a questa esperienza. L’inno dell’Europa League, infatti, è ancora poco noto anche per la sua storia breve. Avrete notato, del resto, come la coppa iniziò nel 2009, ma il brano di Kadelbach è solo del 2015.

La ragione sta nel fatto che nei primi sei anni ci fosse stato un altro inno.

A suonarlo vi era sempre l’Orchestra Opera di Parigi. Gli archi venivano supportati da un tamburo che incideva sul ritmo della melodia. Si trattava di un inno che andava sempre a crescere di intensità, fino a un coro finale che assomigliava molto a quello della Champions. C’era senz’altro più enfasi, proprio come voleva il suo compositore, il francese Yohann Zveig. Un inno esplosivo, esattamente come è una coppa europea.

Poi, nel 2015, con un nuovo regolamento della Coppa che assumeva qualche modifica, ecco l’esigenza di cambiare. Di rendere tutto più contemporaneo. Così arrivò la nuova composizione di Kadelbach. Diciamocelo, non entrerà mai nei cuori come accaduto per la Champions’. Forse, però, proprio il fatto di non cercare nemmeno una somiglianza con quel celebre inno, sarà negli anni la forza di questo brano. Un inno che parla musicalmente un po’ tedesco e un po’ francese. Mentre l’Italia resta ancora in attesa di vincere la sua prima Europa League. Chissà che, se succederà, non avremo anche noi l’onore di realizzare un inno europeo…

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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