Zannini Quirini: Giovani, il futuro musicale dipende solo da voi

Il Maestro Zannini Quirini si racconta: Con “Vattene amore” fummo i vincitori morali del Festival

Zannini Quirini: Giovani, il futuro musicale dipende solo da voi
Mario Zannini Quirini ha diretto l’ultima volta a Sanremo nel 2009. E ora sarebbe pronto a tornare…


Mario Zannini Quirini
: uno dei Direttori d’Orchestra più raffinati della nostra musica. Arrangiatore, produttore e compositore, Zannini Quirini trasforma la canzone pop donandole ogni volta un’atmosfera classicheggiante. Quando c’è la sua impronta, si ha sempre la sensazione di avere a che fare con un’arte di livello superiore rispetto a quello di qualunque altro brano.

Attento ai dettagli sinfonici e alla ricerca, ma non sofisticato al punto da rinunciare alla loro espressività pop.

Come ci dice anche in questa intervista, il ventiquattresimo incontro di Musica Maestro, Mario Zannini Quirini ama il carattere più popolare della musica.

Tantissime le sue partecipazioni al Festival di Sanremo in veste di Direttore d’Orchestra: la prima nel 1990, con quella Vattene amore che potè vantare un secondo titolo, più popolare (Trottolino amoroso), come era accaduto in passato solo a Nel blu dipinto di blu (Volare). L’ultima partecipazione risale al 2009  (Ti voglio senza amore, cantata da Iva Zanicchi). In mezzo altre collaborazioni all’Ariston, quasi sempre con Amedeo Minghi accompagnato in successi come Cantare è d’amore, Nenè, Notte bella notte magnifica, Futuro come te.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
Mario Zannini Quirini è il ventiquattresimo ospite di “Musica Maestro”

Come entra la musica nella tua vita? Ti immaginavi di diventare il Maestro Zannini Quirini?

Non fu un’improvvisa novità. La musica è da sempre la mia scelta: non ho mai pensato nemmeno per un minuto di fare altro. Da ragazzo cominciai a suonare nelle band con alcuni amici e, così, mi trovai a confrontarmi con altri scoprendo le mie peculiarità artistiche. Suonare con altri ti fa capire come devi comportarti e ti insegna a prendere decisioni. Nel mio caso mi accorsi presto che mi piaceva fare la musica a modo mio, cercando di ottenere anche dagli altri esattamente il senso che volevo dare ai brani.

Quindi fu un’esperienza empirica a instradarti.

Esatto. Proseguii poi con gli studi fino alla direzione vera e propria sulla musica pop. Nel 1990, a Sanremo, si presentò la grande occasione con il ritorno dell’orchestra, una grande intuizione di Aragozzini. In quella circostanza ero il più giovane direttore dell’edizione.

Che ricordi hai di quella esperienza?

Dirigevo Minghi e Mietta in Vattene amore, con la produzione di Sanjust e Varano per la Fonit Cetra.

Il tempo avrebbe detto che saremmo stati i vincitori morali di quell’edizione: il brano ci accompagnò per tutta l’estate e oggi ancora ce la ricordiamo e la conoscono i ragazzini. La ritengo una soddisfazione personale che ricompensa la scarsa conoscenza delle nuove generazioni circa l’abc della musica pop. Vattene amore arrivò comunque terza, un ottimo piazzamento.

Quella canzone è diventata in qualche caso anche un coro da stadio, per fortuna mantenendo le parole originali. Questo ti inorgoglisce o toglie qualcosa alla poetica di un certo impegno?

La musica pop si chiama così perché deve essere popolare, quindi ben vengano queste manifestazioni di affetto. L’intuizione geniale fu di Panella: fu lui a trovare quella perifrasi, Trottolino amoroso, che ormai siamo abituati a sentire nel nostro linguaggio.

Lavorare con poeti assoluti come Amedeo Minghi, quanto aiuta a esprimere la propria raffinatezza musicale?

Io, come un sarto, vesto una canzone per un artista. Minghi ha sempre prediletto le orchestrazioni importanti. Con lui sicuramente il mio lavoro ha trovato grosso spazio e, non a caso, dopo tanti anni siamo tornati a collaborare insieme con un nuovo brano uscito qualche mese fa, Navi o marinai (una bellissima lirica sui sogni e sul nostro ruolo in questa vita, ndr). In quell’occasione abbiamo riproposto atmosfere davvero particolari che ci hanno sempre appartenuto.

Come possiamo definire esattamente il mestiere di un Direttore d’Orchestra?

Intanto bisogna distinguere quello di musica pop, che ha un atteggiamento diverso da quello classico. Questo si distingue per gesti convenzionali e ritmiche inconsuete (tempi dispari e accelerati) che richiedono di scandire le misure per dialogare con l’orchestra. È una difficoltà che, invece, non si trova nel pop, dove il direttore, con la scrittura e con il gesto, deve anzitutto dare risalto a una frase piuttosto che a un’altra.

Il suo lavoro è quindi capire come dare risalto alle varie frasi dell’arrangiamento di un brano: ogni dettaglio, compresi gli stacchi e i break, hanno un valore fondamentale.

La cosa migliore è che il direttore abbia lavorato sui brani o, perlomeno, che abbia parlato con l’orchestratore al fine di riprodurre fedelmente la sua intenzione musicale. In ogni caso deve creare un crescendo e le dinamiche dei brani.

Oggi in tanti si presentano come Direttori d’Orchestra. Cosa si può fare per tornare ad avere una certa selezione anche in questo mestiere?

Bisognerebbe avere più scuole di musica, cultura musicale. È solo questa a poter dare cognizione, a chi ascolta e a chi fa questo mestiere, di dire la propria. Solo così si porta avanti la propria attività. Le generazioni di oggi spesso non conoscono la musica del passato, quindi manca qualcosa.

Come si distingue una scuola di musica seria da una millantatrice?

Non frequento da molto le scuole. A Roma i Conservatori comunque sono sempre i Conservatori, ma ci sono anche altre scuole storiche che hanno creato grandi musicisti. Tra queste il Saint Louis: chiunque esca da lì, è sicuro di avere imparato qualcosa.

La differenza, però, la fa il nostro atteggiamento più che la scuola in sé. I giovani devono partire da questo.

Cioè?

Bisogna capire se si vuole affrontare la musica professionalmente o come hobby. Per me, come dicevo, questo mondo è stata una vocazione: ho sempre cercato situazioni e insegnanti che potessero fare crescere la mia esperienza. Ognuno di noi quindi deve poter capire come può crescere: di insegnanti bravi ve ne sono tantissimi, sta all’allievo capire se c’è davvero la volontà di aprire gli orizzonti e portare avanti un progetto. Oggi, con la tecnologia, l’unico limite per i nostri sogni sono la fantasia e l’attenzione che si dà alle cose. Dipende tutto da noi.

Progetti futuri? Tornerai a Sanremo nel 2022?

Sto per uscire con un singolo cantato da un ragazzo molto forte. La canzone si intitola Magnitudo: ci credo molto perché davvero significativa. Intanto lavoro sempre sulla mia più grande passione: la musica dance anni ’70/’80.

Per Sanremo ci sono stati diversi tentativi in passato, ma alcune difficoltà in circostanze specifiche l’hanno impedito: l’ultima volta nel 2020 proprio con Navi o marinai. Vedremo nel 2022 che succederà…

Condividi su:
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
Top