Vittorio De Scalzi, “L’attesa” è il suo nuovo disco

All’interno del nuovo album sonorità moderne, che si fondono a tutta l’esperienza della lunga carriera del cantautore ligure.

Vittorio De Scalzi, "L'attesa" è il suo nuovo disco

L’attesa” è il titolo del ritorno discografico di Vittorio De Scalzi, dopo 50 anni di carriera. Un pezzo di storia della musica italiana con i New Trolls, un polistrumentista che ha deciso di creare un disco da solo, con le proprie mani, all’interno del proprio home studio. Nell’album è presente anche una dedica speciale a Pino Daniele.

Un nuovo disco, un nuovo capitolo di una lunga carriera. Cosa si deve aspettare chi si trova ad ascoltare per la prima volta “L’attesa”?

C’è da aspettarsi un sacco di nuova musica. L’anno scorso ho festeggiato 50 anni di carriera, non mi sono mai fermato.

In 50 anni la musica è cambiata radicalmente. In che modo si affronta, dopo tanta esperienza, l’uscita di una nuova opera in una nuova epoca, quella del digitale?

Basta non essere nostaglici e aver continuato a fare musica seguendo la sua evoluzione. C’è stato davvero un cambiamento radicale, e adesso si ritorna al vinile. Stiamo a guardare verso il passato proiettandoci verso il futuro. È necessario tutto questo, bisogna comuque guardarsi sempre indietro e indietro ci sono tutti gli insegnamenti per poter andare avanti. Questo nuovo album è molto speciale, ho raccolto ciò che avevo messo da parte da circa 10 anni, il tempo in cui sono mancato dalla discografia, pur avendo continuato a fare concerti sia con i New Trolls che in solitaria. In questi 10 anni ho messo via delle “pietrine” che avevo nel cassetto. Quando ho deciso di fare questo disco, che si chiama “L’attesa” proprio perché legato al tempo passato ad aspettare, ho trovato interessanti molte cose che avevo messo da parte. Queste sono riuscite a non passare nonostate il logorio del tempo. Naturalmente i suoni sono attuali, il disco l’ho fatto quest’anno e ho scoperto che certi modi di scrivere non sono mai passati di moda.

Parliamo dei testi. In 10 anni si cambia tanto affrontando le diverse peripezie della vita. In che modo ci si approccia a testi datati dieci anni? È molto difficile?

Intanto non tutti hanno dieci anni, ce ne sono alcuni di quest’anno, altri di due o cinque anni fa. “Ordinary Pain”, ad esempio, ha una decina d’anni, questo blues che ha come ospite Paolo Bonfanti, grande bluesman.

Invece sui suoni c’è stata una ricerca aderente al contesto contemporaneo. In che modo è stato lavorato questo disco dal punto di vista delle sonorità?

A parte il brano “L’attesa”, che è stato prodotto dal mio amico Zibba, e “Ordinary Pain”, il disco l’ho fatto tutto da solo. Io sono polistrumentista e ho suonato tutti gli strumenti nel mio home studio. Ho scelto le sonorità senza cercare di farmi influenzare da nessuno. Continuo ad ascoltare tanta musica, non solo quella del passato. Sono “onnivoro”, sono aperto a tutto quando la musica è fatta bene. Oggi è facile realizzare qualcosa che hai in testa grazie agli home studio, il problema è quando qualcuno vuole farlo senza avere le basi.

Una traccia molto importante del disco è “Pino”, la dedica a Pino Daniele, un blues malinconico. 

Pino Daniele l’ho conosciuto all’inizio della sua carriera, quando un nostro amico in comune, che era il suo manager di allora, mi disse: “Vieni che ti faccio sentire un ragazzo che fa il blues in napoletano”. Siamo andati in questo locale, Pino era un capellone, con la giacca di pelle con le frange lunghissime e mi colpì moltissimo. In quel momento ho conosciuto un personaggio che con la sua musica ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose, per esempio non è detto che in futuro io non mi cimenti in un blues in genovese (ride). Quando mi sono trovato a suonare la canzone che gli ho dedicato, ho scelto i due strumenti tipici di Pino Daniele, che sono la chitarra classica e la chitarra elettrica. Il brano è una specie di dialogo continuo tra le due chitarre.

Tornando sul disco, come verrà portato live? 

In questo momento sono molto combattuto perché ho molti concerti con i New Trolls e vorrei portare in giro anche questo album. Farò quindi alcune date da solo e poi mi piacerebbe portare “L’attesta” nei teatri, con un quartetto. Il teatro è un posto dove la gente ti viene ad ascoltare più che a vedere.

 

 

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Andrea De Sotgiu
Andrea De Sotgiu
Laureato in Comunicazione, appassionato di musica e di tecnologia. Se qualcosa nasconde una dietrologia non si darà pace finché non avrà colmato la sua sete di curiosità, che sfogherà puntualmente all'interno dei suoi articoli.
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