Roberta Bruzzone: “La musica? Strumento ideale per veicolare messaggi importanti”

A tu per tu con la nota criminologa, per approfondire il ruolo sociale e terapeutico di questa significativa forma di espressione artistica, tra psicologia e sentimento

Roberta Bruzzone: “La musica? Strumento ideale per veicolare messaggi importanti”
Roberta Bruzzone: “La musica? Strumento ideale per veicolare messaggi importanti”

Psicologa forense e criminologa investigativa, questo e molto altro ancora è Roberta Bruzzone, autentica professionista del settore ma anche una donna determinata e appassionata: della vita, del suo lavoro, delle due ruote e, infine, anche della musica, come ci rivela in questa piacevole informale intervista. 

Qual è il tuo rapporto con la musica?
Mi accompagna da sempre, ho dei pezzi che sono collegati ad alcune persone e momenti particolari della mia vita, ogni volta che casualmente passano in radio vengono fuori ricordi che mi riattivano emozioni molto profonde. Credo che sia uno strumento potentissimo a livello comunicativo, tra i più efficaci che esistano. Personalmente ho un legame molto forte con la musica, purtroppo ho poco tempo per ascoltarla.

Da psicologa, credi nel concetto del “dimmi che musica ascolti e ti dirò chi sei”?
Si, credo proprio di sì. Indubbiamente ci sono dei gusti musicali particolarmente rivelatori dal punto di vista personologico, quando un individuo sceglie un genere alternativo o trasgressivo ha fondamentalmente poco a che fare con l’armonia, molto spesso si tratta di soggetti che hanno dei problemi profondi di disagio che non sono mai stati elaborati, quel rumore in qualche modo riesce a sedare, seppur temporaneamente, l’angoscia che provano. 

Cosa pensi della musicoterapia?
Guarda, l’ho vista applicata in determinati casi, per cercare di aiutare la persona a disinnescare lo stato d’ansia per evitare di arrivare all’attacco di panico vero e proprio. E’ un fenomeno legato alla prevenzione, quando il paziente comincia a sperimentare l’aspetto iniziale, vale a dire quella punta di irrequietezza che rapidamente può indurti ad uno stato di ansietà. L’ascolto di una determinata e accuratamente selezionata playlist può rievocare nella mente del soggetto, in modo molto efficace, una serie di esperienze positive e profonde, ideali per contrastare l’angoscia. 

L’amore tormentato è spesso fonte d’ispirazione per autori di canzoni che, puntualmente, catalizzano l’attenzione del pubblico. Secondo il tuo personale punto di vista, per quale motivo?
Perché rappresenta un modo per metabolizzare certe situazioni, diversi testi di canzoni sono stati più utili delle sedute di psicoterapia. E’ difficile lasciare andar via qualcuno a cui tieni, che tu sia parte attiva o ancor più passiva, molti pezzi tra quelli di maggior successo parlano proprio di storie finite, probabilmente la persona nel riascoltare il brano viene aiutata ad elaborare questo lutto sicuramente travolgente, da cui ci si può sempre rialzare. Mi viene in mente “Questo piccolo grande amore” di Baglioni, ma tantissimi altri pezzi sono entrati indubbiamente nell’immaginario collettivo, perché rappresentano gli stereotipi di quel che accade quando una relazione volge al termine. 

La musica è la compagna della nostra vita, scandisce sia momenti belli che brutti, c’è una canzone alla quale ti senti maggiormente legata?
In realtà ci sono due pezzi che trovo molto rappresentativi per il mio percorso di vita: per restare in ambito italiano “Gli angeli” di Vasco Rossi, canzone che faccio fatica ad ascoltare perché mi riporta ai miei trascorsi, in particolare a mia nonna che ho perso qualche anno fa; altro brano che mi accende le emozioni è “Hotel California” degli Eagles, per la storia che c’è dietro, partendo dal viaggio in moto essendo io un’appassionata harleysta, fino al significato della struttura che in realtà altro non era che una clinica sulle colline di Bel Air, dove tutti coloro che avevano vissuto una vita abbastanza sui generis, eccedendo con psicofarmaci, droghe e quant’altro, trascorrevano la parte finale della loro esistenza ricoverati in questo luogo dal quale non sarebbero più usciti. 

Cosa ti colpisce così tanto delle parole di questa canzone?
E’ un pezzo che mi porta a confrontarmi con il percorso della vita, mi reputo una persona con tantissima energia che potrebbe spaccare il mondo e credo anche di averlo fatto, più volte (sorride, ndr), ma adesso ho 45 anni e mi rendo conto che il tempo passa in fretta. Dal mio punto di vista mi sento ancora la dodicenne che impennava su una ruota, ma le esperienze e la mia professione mi hanno portato lontano da quel periodo spensierato e so che, prima o poi, dovrò fare i conti con il mio Hotel California. Non mi riferisco alla popolarità, ciò che mi spaventa è l’idea di non avere più l’energia di fare tutto quello che mi piace, la parabola discendente inevitabile che colpisce ognuno di noi, spero solo che si manifesti il più tardi possibile.

Il primo concerto a cui hai assistito e l’ultimo brano che hai scaricato da iTunes?
Il mio primo spettacolo musicale dal vivo è stato quello di Madonna nel ’90, allo stadio Delle Alpi di Torino insieme a mia cugina, ma non sono fatta per i concerti perché non amo la folla, la ressa e la confusione. L’ultimo brano che ho scaricato da iTunes, invece, è la colonna sonora di “Suicide Squad”, un film che mi piace tantissimo.

Tra i tanti casi di cui ti sei occupata, uno su tutti ha a che fare con la musica, ossia la triste vicenda di Luigi Tenco. Qual è la tua posizione a riguardo?
Personalmente lo ritengo un chiaro caso di omicidio, sono accadute cose che reputo raccapriccianti, sotto diversi punti di vista. Purtroppo è una vicenda che non si può più sciogliere, perché non sussistono le informazioni che potrebbero portare ad una soluzione. Onestamente non torna nulla di quello che è stato raccontato, una tale sequenza di alterazioni e di macroscopiche variazioni della scena del crimine non si sono mai ripetute in nessun caso al mondo, oltre ad una totale inosservanza di quelli che erano i protocolli già attuabili all’epoca. Personalmente credo che si sia trattato di un delitto passionale, i successivi suicidi di Dalida e del suo ex marito Lucien Morisse mi confermano questa ricostruzione. 

A proposito della pressione psicologica che un artista può subire a causa dei propri alti e bassi professionali, cosa pensi dei talent show?
Li considero dei tritacarne, la gente che prende parte a questi programmi non ha nessuna realistica possibilità di trasformare quel tipo di passione in una reale professione, la stragrande maggioranza di loro sparisce non appena i riflettori si spengono. Il problema reale è che nel mentre gli viene inoculata un’aspettativa che li proietta in un’ottica di un futuro successo, consensi che non avranno mai. Temo che sia un sistema destinato a produrre psicopatologie di matrice depressiva, le persone più fragili rischiano di precipitare in un baratro senza fondo. Trovo questo sistema di fare spettacolo profondamente pericoloso, perché si scontrano esigenze completamente diverse, il meccanismo favorisce palesemente l’aspetto economico, senza considerare minimamente il fattore psicologico di questi ragazzi.

La tua esposizione mediatica ti ha permesso di conoscere vari personaggi dello spettacolo, ci sono cantanti con i quali hai legato?
Ho un’amicizia con Valerio Scanu, che apprezzo perché è un ragazzo coraggioso e davvero molto in gamba, sta facendo un percorso interessante e quello che ha ottenuto è tutta farina del suo sacco, un aspetto lodevole e non del tutto scontato oggi.

Tra i fenomeni musicali in voga in questo momento c’è la trap…
Non so neanche cosa sia… (prendo il cellulare e le mostro qualche video di alcuni esponenti del genere, ndr). Ne vengo a conoscenza soltanto ora, confesso questa mia lacuna, anche se francamente credo di riuscire a sopravvivere e di potermene fare tranquillamente una ragione. Diciamo che quel poco che ho ascoltato mi è bastato per farmi un’idea a riguardo: se sono dispensatori di messaggi di questa entità, spero vivamente che possano sparire al più presto dalla circolazione. I nostri ragazzi hanno bisogno di esempi positivi, non di bulletti da quattro soldi che pensano di aver raggiunto chissà che cosa e sono destinati all’oblio molto rapidamente. Sono soggetti pericolosi perché hanno potere di fascinazione nei confronti dei giovanissimi, che in questa fase dovrebbero cibarsi di concetti ben diversi. 

Per concludere, l’arte può ancora influenzare positivamente la massa?
Certo che si! Tutto ciò che è comunicazione è in grado di smuovere coscienze, qualsiasi forma d’arte rappresenta una metodo di comunicazione, i contenuti sono oltremodo fondamentali. La musica andrebbe utilizzata per veicolare messaggi importanti, specie in quest’epoca in cui c’è bisogno di segnali positivi, senza accentuare tutta una serie di aspetti ignobili del comportamento umano, che poi si ripercuotono nella realtà e generano tanta sofferenza.

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Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
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