“Quel vuoto immenso” è il nuovo singolo di Antonella Arancio

Un ritorno dedito alla qualità, una caratteristica che, secondo Antonella Arancio, si è persa nella musica italiana con il passare degli anni.

"Quel vuoto immenso" è il nuovo singolo di Antonella Arancio

Quel vuoto immenso” è il nuovo singolo scritto, composto e interpretato da Antonella Arancio per l’etichetta discografica indipendente Iced Not Music di Alessandro Gigli. La produzione artistica è di Cosmo Masiello, che ne ha curato anche gli arrangiamenti. Un ritorno musicale e mediatico di un’artista che negli anni 1994 e 1995 aveva riscosso consensi al Festival di Sanremo con i brani Ricordi del cuore (categoria Nuove proposte) Più di così (categoria Big) – entrambe prodotte da Franco Migliacci. Non scende ai compromessi della contemporaneità Antonella Arancio e punta a ridare slancio alla qualità, che, secondo lei, è diventato un fattore secondario nella nuova musica italiana.

Il tuo singolo “Quel vuoto immenso” segna un ritorno. Gli artisti che hanno già partecipato al Festival di Sanremo in passato e decidono di rimettersi in gioco hanno sempre obiettivi molto chiari. Cosa rappresenta questo momento per te?

Sono stati i tempi in cui siamo a farmi tornare. In passato era tutto più complesso. Oggi la maggior parte degli artisti si autoproduce, è più semplice arrivare al pubblico attraverso i social. Questo è stato un input maggiore. In questi anni ho continuato a fare musica, a presentare progetti al Festival di Sanremo. Ora ho deciso di ripropormi con un’etichetta indipendente.

Quindi la contemporaneità ha permesso una musica più libera? 

Assolutamente. Basta guardare i fenomeni che nascono da YouTube. Oggi puoi caricare il tuo brano, pubblicizzarlo, promuoverlo. La tecnologia ha migliorato il sistema, ma c’è anche molta freddezza e distacco, motivo per il quale sono molto legata alle vecchie maniere. È come andare a comprare un libro o comprare un disco, oggi non ci sono più le librerie ne i negozi di dischi. Hai una chiavetta, hai tutto digitale. Io sono per la carta. Ai miei tempi era bello quando usciva un disco e non vedevi l’ora di andarlo a comprare. Tutto ciò che era legato al mondo della musica prima era diverso. Non c’erano i reality, per ascoltare nuova buona musica dovevi aspettare il Festival di Sanremo. Insomma, ci sono lati positivi e negativi di questa evoluzione.

Si è persa meritocrazia? 

Si, sotto tutti gli aspetti. Anche la qualità musicale è cambiata. Una volta c’erano cantanti che sapevano cantare e ogni canzone che si faceva era un successo. Oggi accendi la radio e la musica sembra tutta uguale. Una volta non era così, ogni cantante aveva la propria personalità. C’erano artisti veri.

Il digitale ha cambiato soprattutto le tempistiche. La possibilità di produrre una canzone in poco tempo ha serrato i ritmi produttivi a discapito della qualità del prodotto, talvolta. 

C’è fretta di sfornare qualcosa. Hanno detto che il mio brano non c’entra nulla con la tendenza attuale e ne sono orgogliosa. Quando volevamo proporlo in radio mi hanno chiesto se fosse un brano estivo, un brano del momento. Oggi i compositori e gli autori mettono sul tavolino tutti i successi più importanti, prendono un po’ di questo, un po’ di quello e scrivono un brano. Come fare una minestra, una volta aggiungi una carota, poi aggiungi altro. I testi non hanno senso, mi spiace dirlo. Non mi sto riferendo specificatamente a un cantante. Le canzoni che ascolto non hanno un filo logico, non hanno una storia. “Mi serve una rima con rosa. Prosa. Anche se non c’entra niente fa rima, metticela”. È così.

Il tuo ritorno quindi vuole rilanciare l’ideale della qualità nella musica? 

Spero che questa tendenza musicale sia momentanea e che si torni alla bella musica.

Peraltro, il tuo brano si apre con “antologie di fiori e lacrime”. Aprire una canzone con la parola “antologie” è una scelta autoriale che presuppone di non colpire tutti coloro i quali non conoscono il significato di questa parola. Vuoi andare a cercare un tipo specifico di pubblico?

Alle spalle non ho molti dischi, ma sono opere che per me sono state molto importanti, scritte da grandi parolieri. Ne cito uno, Franco Migliacci, che sicuramente non potrebbe scrivere oggi. Purtroppo non abbiamo i parolieri di una volta. Questo verrà a mancare. Dobbiamo imparare dai grandi. Anche se alcune signore della musica italiana hanno cercato di adattarsi alle tendenze e sembrano ridicole. Se tu hai sempre fatto musica importante, di spessore e sei un grande interprete, non puoi cercare di fare a tutti i costi un pezzo reggaeton che non ti si addice. Lì l’artista, secondo me, sminuisce la propria personalità. Non si deve fare. Io non lo farò mai. Quando proposi il mio brano all’arrangiatore, mi disse se sapevo che fosse un pericolo fare un brano del genere. Poteva trasformarmelo, renderlo attuale e gli dissi che non se ne parlava proprio. A me non interessa stare nelle classifiche radiofoniche facendo qualcosa che non sia mio. Non sarei credibile. Non è una musica che potrei fare. Ho scritto questo brano in maniera semplice, ho trovato le giuste parole, magari ci sono tante metafore, ma non ho cercato la parola difficile per fare un prodotto difficile. Ho cercato di fare una bella canzone. Non è detto che piaccia a tutti, ma questo è soggettivo. Ho sentito tanti commenti positivi.

Di fronte alla situazione che hai dipinto, c’è qualche artista che ti stimola? 

Attualmente non c’è un artista in particolare che ascolto. Sono appassionata di musica celtica, medievale e irlandese. Stimo molti colleghi italiani, sono cresciuta con Fiorella Mannoia. La musica di oggi lasciamola fare ai rapper, che non hanno molto da dire. Coloro i quali hanno una bella penna devono attenersi alle proprie qualità artistiche.

 

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Andrea De Sotgiu
Andrea De Sotgiu
Laureato in Comunicazione, appassionato di musica e di tecnologia. Se qualcosa nasconde una dietrologia non si darà pace finché non avrà colmato la sua sete di curiosità, che sfogherà puntualmente all'interno dei suoi articoli.
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