Pinuccio Pirazzoli: A Sanremo torni il Maestro unico!

Pinuccio Pirazzoli si racconta dagli esordi fino alle produzioni per la musica televisiva

Pinuccio Pirazzoli: A Sanremo torni il Maestro unico!
Pinuccio Pirazzoli: “Oggi i produttori non investono più nei progetti”

Pinuccio Pirazzoli è uno dei Direttori d’Orchestra più popolari e più amati anche della televisione. Tale e Quale Show, I migliori anni, Music Farm, Fantastico, Domenica In, Il Grande Gioco dell’Oca lo hanno reso un protagonista della direzione d’orchestra sul piccolo schermo, ma la sua carriera vanta numerose esperienze di grande successo con vere e proprie icone della canzone italiana.

Arrangiatore per Antoine, Paoli, Celentano, Leali, Zero, Albano, Cutugno, Zanicchi e tantissimi altri Big, Pinuccio Pirazzoli con la sua simpatica cordialità tutta milanese e con un’impeccabile professionalità ha saputo conquistare il pubblico.

Meticoloso, puntiglioso, per lui la musica è indiscutibilmente la vita.

Autore anche di alcune celebri colonne sonore (Joan Lui,  Bingo Bongo, Don Tonino), con arrangiamenti dal suono tipicamente rock, Pinuccio Pirazzoli è l’ospite della nostra ottava puntata di Musica Maestro.

 

Pinuccio Pirazzoli, Maestri si nasce, non si diventa. E’ stato così anche nel tuo caso?

Sono una persona modesta, quindi non avrei mai pensato di diventare un “capo”. Però a 4 anni ascoltavo sullo sgabello, attraverso la radio, il Festival di Sanremo e devo ammettere che istintivamente già dirigevo!

Quando cominciasti a intraprendere la strada della musica?

Iniziai subito a 5 anni a studiare pianoforte e chitarra. Quando mi diplomai mi proposi in prima linea sul palcoscenico come cantante bambino, ma mi vergognavo quindi preferii restare dietro. Mi trovai immediatamente a mio agio: avendo una certa preparazione alle spalle, mi accorsi che facevo le cose con facilità. A 15 anni ero già in una session di sala di incisione con gruppi professionisti di dancing.

A 18 anni arrivasti ne I ragazzi della Via Gluck con Celentano.

Con Adriano lavorai per 20 anni, prima come chitarrista e poi come arrangiatore. Sì, perché un bel giorno mi resi conto che sapevo scrivere anche le partiture: mi sembrava facilissimo, come se mi avessero detto di scendere a buttare la pattumiera. Da ragazzo, però, non davo valore a questo talento con cui ero cresciuto: avevo molta paura e, per questo, meticolosamente scrivevo tutto senza lasciare nulla di impreparato. Alla fine quel modo di lavorare me lo sono portato dietro.

C’è qualcuno a cui devi dire grazie in modo particolare?

Gino Paoli. Mi aveva notato già da ragazzino ma non gli avevo dato retta. Mi istruì su cosa volesse dire l’orchestrazione anche di musiche che non mi appartenevano fino a quel momento, essendo io un rockettaro.

A Gino Paoli devo moltissimo.

Come è cambiata negli anni la direzione d’orchestra?

Un tempo non esisteva niente di tecnologico: l’orchestra leggera, quasi sempre composta da milanesi, aveva un organico più o meno fisso in base a cui venivano scritti i pezzi e gli arrangiamenti. C’era una grande massa di coro, con i violini, i fiati, ecc… Si andava a spanne, in un certo senso, ma si faceva la differenza. Poi arrivò l’era del playback e si fecero i Festival con le basi.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
Pinuccio Pirazzoli è l’ottavo ospite di Musica Maestro

Nel 1990 però tornò l’Orchestra anche a Sanremo.

Sì, ma ormai c’era già la tecnologia: automaticamente si poteva riprodurre un brano in midi con risultati evidenti dal vivo. Si obbligò da quel momento la musica a seguire il codice del clic e del sequencer. L’idea era quella di riprodurre il sapore del disco promosso, quindi sono stati importate un sacco di novità, talvolta confuse: violini doppi, trombe doppie, coro doppio…E’ tutto un raddoppiamento, anche se a volte non serve: i risultati sono sempre stati negativi.

Quindi non sei favorevole all’uso del cosiddetto clic?

Ha tolto molto alla direzione: il Maestro lo potrebbe fare chiunque. Ma c’è un altro motivo per cui smisi, nel ’94, di dirigere a Sanremo.

Perché?

Non mi piaceva l’idea di dirigere canzoni che non avevo prodotto io nel disco.

Sai cosa farebbe Pinuccio Pirazzoli per Sanremo? Farei dirigere tutto a un solo Maestro,

ossia al Direttore Musicale che è quello che attualmente fa il lavoro sporco che non si vede delle musiche di entrata e uscita del programma. A un certo punto qualcuno, non dirò chi, disse che ciascuno poteva portare chi voleva, e così anche gli ospiti iniziarono ad arrivare con il loro Maestro. Speriamo torni una centralità quindi del Direttore Musicale.

Qual è il gesto che contraddistingue la direzione orchestrale di Pinuccio Pirazzoli?

Quando mando a quel paese le persone. Scherzi a parte, non ho un particolare rito però. Il gesto serve solo per farsi capire, dare espressione, riferimenti di tempo: quindi per alcuni è un modo per dimostrare di essere qualcuno, ma non serve.

Prima parlavi di orchestre formate da milanesi: pensavo che probabilmente erano pugliesi, parafrasando il titolo (Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi) del primo film di cui componesti la colonna sonora. Cosa significa comporre per il cinema?

Quel film ormai è diventato un cult: in quel caso cantavo anche la sigla di coda!

Ho partecipato solo occasionalmente al cinema perché non avevo tempo, ma ora mi piacerebbe potere realizzare musiche per i film: esprimersi con le note sulle immagini è il sogno di tutti.

E’ un’esperienza bellissima.

La colonna sonora è ciò che più rimane, nel tempo, di una pellicola.

Oggi però non è più così: si sonorizza con effetti sonori più che con melodie. Diciamo che comunque il cinema di qualità è rimasto ancora il più grande spazio per le orchestre sinfoniche.

Non ti è mai venuta la voglia di realizzare un grande concerto con le tue sigle televisive già presenti su YouTube?

Non ci ho mai pensato perché non ho i soldi per farlo! (ride). Io ho sempre speso di tasca mia da produttore, ma oggi nessuno ha più voglia di investire…

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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