O mia bela Madunina, beve storia del brano di D’Anzi

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La curva dell’Inter lo canta in ogni partita, ma anche quella del Milan. A conferma del fatto che la musica può unire tutti, persino nello sport. O mia bela Madunina: ne raccontiamo la storia


O mia bela Madunina è un inno per Milano e per le curve di Milan e Inter


Chi non conosce O mia bela Madunina? E soprattutto, chi non la riconosce come la canzone simbolo di Milano? Non occorre essere meneghini per memorizzare la melodia che Giovanni D’Anzi compose nel 1934, per la prima volta senza affidare il testo al suo paroliere di fiducia. Alfredo Bracchi, infatti, fino a quel momento aveva sempre scritto i testi dei brani di D’Anzi. Bene, tutti conoscono O mia bela Madunina. Non è un caso allora sia la curva del Milan che quella dell’Inter la intonano a ogni partita. L’abbiamo sentita anche nella finale (purtroppo persa) sabato scorso a Istanbul tra i nerazzurri e il Manchester City.

O mia bela Madunina rappresenta un grido di orgoglio per ogni cittadino milanese.

Non sono tante oggettivamente le squadre che possono vantare l’appartenenza di un brano, rimasto attaccato alla pelle della città. Se pensiamo a Tanto pe cantà, per fare un esempio, la sentiamo cantare spesso negli stadi (con parole modificate) anche da tifoserie non necessariamente della Capitale. Con O mia bela Madunina, invece, sembra conservarsi una certa sacralità. Anche nella stessa esecuzione interista o milanista che sia. Le parole non vengono modificate. Si canta piuttosto quanto D’Anzi aveva immaginato. Certo, lo aveva fatto senza poter ipotizzare che quella canzone avrebbe riscosso tutto quel successo, tanto da arrivare a essere cantata dagli ultras calcistici. Vale la pena tornare brevemente alla storia di questa canzone, per renderci conto che in fondo non solo non è così distante dal senso che viene dato negli stadi. O mia bela Madunina si adatta a ogni occasione in cui il cittadino di Milano voglia far sentire la sua presenza, in mezzo a persone provenienti da altri lidi.

O mia bela Madunina fu composta anzitutto prima della Seconda Guerra Mondiale.

In quel periodo le campagne lombarde stavano tornando a dare lavoro a tante persone, dopo la crisi del ‘29. Chi emigrava dal Meridione, chiedeva spesso a D’Anzi, all’epoca pianista in un locale milanese, di suonare canzoni napoletane. In effetti la tradizione napoletana, anche in fatto di musica ha sempre potuto fare da maestra in Italia.

Fu lì che D’Anzi, milanese sì ma pugliese d’origine, tirò fuori tutta la sua ironia che potesse in qualche modo soddisfare tanto il Nord quanto il Sud. Ci si dimentica infatti, troppo spesso, che O mia bela Madunina fosse nata anche come omaggio a Napoli. Lo sberleffo di quel finale (mai scritto da D’Anzi ma reso famoso dal volgo popolare), sulle ultime note, ha impedito di apprezzarne fino in fondo la portata.

Eppure D’Anzi era chiaro: la canzone nasce a Napoli e chi lo dice certamente non ha torti.

Proprio per questo, tuttavia, il cantautore volle realizzare una canzone che citasse anche l’orgoglio milanese dopo quelli partenopei e romani. Perché, citando un altro suo brano famoso, Milan l’è un gran Milan.

D’Anzi vedeva l’attrice Linda Pini arrivare al Trianon di Milano e cantare pezzi napoletani. A quel punto le propose il suo brano ironico e tutto sommato pieno di affetto. Certamente non offensivo. La Pini cantò e ricevette numerosi applausi. Così D’Anzi capì che fosse giusto portare in giro il brano in tutta Italia.

Dunque era fondamentale fare emergere l’unicità del capoluogo lombardo, partendo dal monumento celebre in tutto il mondo. La Madunina. D’Anzi, che di lì a pochi anni avrebbe composto anche canzoni lontane dal dialetto (Ma l’amore no, Voglio vivere così, Casetta mia), non usò in questo caso il milanese più stretto. La stessa parola “dominet”, infatti, non esiste nel vocabolario meneghino. Il cantautore quindi giocò con i termini per rendere tutto più accessibile anche ai chi non masticava il dialetto. Bisognava farsi capire da tutti. Esattamente come i tifosi allo stadio, che intonano quel ritornello con orgoglio.

La Milano che accoglie e lavora senza mai fermarsi è osservata dall’alto del Duomo.

Una protezione mistica che, pertanto, si proietta in questo caso sullo stadio. Niente di blasfemo, solo la passione di ricordare quanto sia bello essere di Milano, applaudendo anche alle altre città. È importante anche il fatto che le parole non siano state intaccate dalle curve sportive.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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