Musica Maestro: Gabriele Ciampi, tra classica ed elettronica

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Gabriele Ciampi (foto di Federico Guberti) è il primo ospite della rubrica “Musica Maestro”

Gabriele Ciampi racconta la sua esperienza da Direttore d’Orchestra: “Ma non chiamatemi ancora Maestro”

È uno dei musicisti italiani che rappresenta orgogliosamente la nostra cultura nel mondo; in un’epoca in cui molti si definiscono “Maestri”, lui, che lo è davvero, umilmente non sfoggia questo titolo.

Compositore dal gusto intenso e raffinato che ama sperimentare unendo la sinfonia classica con le sonorità elettroniche, come conferma il suo ultimo album Opera, uscito lo scorso dicembre, Gabriele Ciampi è il primo ospite della nostra rubrica Musica Maestro.

È da lui che cominciamo il viaggio nel mondo dei Direttori d’Orchestra, con cui scopriremo curiosità e segreti di questo affascinante mondo musicale.

Da quasi dieci anni, ormai, Gabriele Ciampi vive negli Stati Uniti.

Unico italiano in giuria ai Grammy Awards, ebbe anche il privilegio di essere invitato alla Casa Bianca da Michelle Obama per un concerto dedicato alla ex First Lady. 


Gabriele Ciampi, come possiamo definire il ruolo impeccabile del direttore d’orchestra?

Anzitutto va detto che, erroneamente, si parla sempre poco dei compositori, ma tutto nasce da loro. Il direttore d’orchestra è un tramite fra la composizione e il pubblico che deve recepire. L’esecuzione perfetta non esiste, perché nessuno saprà mai cosa volesse davvero l’autore in origine: le sfumature, che cambiano a seconda della sensibilità del musicista, hanno l’impronta del direttore. È lui stesso, con il suo gesto, a portare l’orchestra a eseguire nel modo che desidera.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
Cosa significa dirigere la propria musica? Ci risponde Gabriele Ciampi

Tu sei Direttore anche delle tue stesse composizioni. 

Ebbene sì, sono io a dirigere la musica di Gabriele Ciampi!

E posso confermare che, dal punto di vista artistico, è il massimo della soddisfazione dirigere le proprie composizioni.

I tuoi orchestrali sono sempre gli stessi?

Generalmente ho la stessa orchestra perché, conoscendo i musicisti, so cosa possono dare e persino i loro limiti. Per interpretare le infinite sfumature di un fraseggio che ho scritto, ci vuole un solista con cui ci si conosca bene personalmente, non può bastare conoscersi a prima vista.

Che sia tua o di un altro la composizione, ti vediamo sempre entrare molto nella musica: vivere la melodia fino in fondo comporta una fatica immensa.

Ci si stanca fisicamente, psicologicamente e tecnicamente. Dal punto di vista fisico, toglie energie dovere stare in piedi per un’ora e mezzo; ma le difficoltà maggiori sono dal punto di vista mentale. Il direttore non diventa mai invisibile durante l’esecuzione di un brano e, anzi, è sotto gli occhi di tutti, pubblico e orchestrali. Se sbagli, devi continuare sostenere lo sguardo dei musicisti senza un minimo di intimità per recuperare. Infine, tecnicamente, è complicato dover leggere una partitura in una frazione di secondo per verificare che tutti gli strumenti suonino correttamente ed, eventualmente, correggere. Per questo ho un metodo tutto mio..

Cioè?

Mi imparo a memoria la partitura.

Così, quando sono in concerto, dirigo anche a occhi chiusi lasciandomi trasportare dalla musica. Mi creo un mondo mio che mi permette una privacy e mi consente di avere un’interazione migliore con i musicisti senza dover guardare la partitura. È un lavoro immenso a casa, ma sono più tranquillo in scena.

Ti impari uno spettacolo intero a memoria! Tutto analogicamente insomma. Ora come ora anche la musica, però, va sempre più verso una tecnologia. Cosa cambierà nei prossimi mesi?

Ho lavorato a distanza, in questo ultimo anno, usando la tecnologia ma sempre con strumenti veri. Mi sembra ci sia comunque un ritorno al passato: il teatro sarà il luogo deputato ad ascoltare la musica. I concerti negli stadi probabilmente non ci saranno più e ci sarà un’attenzione maggiore verso lo spettacolo. Il ruolo dell’orchestra e dei musicisti veri sarà più forte di prima.

Avresti mai immaginato, quando il piccolo Gabriele Ciampi cresceva con la musica, che prima o poi qualcuno ti avrebbe chiamato “Maestro”?

Il termine Maestro mi mette quasi in imbarazzo, al di là di quello che viene giustamente decretato sulla carta dopo certi studi. Credo che, per meritarselo, bisogni lasciare un segno e sono pochi a farlo. Trovo sia più indicato a fine carriera.

Chi è stato il tuo Maestro principale?

I migliori Maestri sono quelli che si incontrano fuori da un discorso prettamente didattico: nel mio caso posso dire che uno di questi è Stefano Bucci, collaboratore di Morricone. Non un “teorico”, ma uno di quelli che, con l’esperienza, mi hanno cambiato la vita.

E a Sanremo, un domani, Gabriele Ciampi ci pensa?

Sanremo deve essere valorizzato e deve essere sempre più vicino alla qualità. Spero un domani di potere collaborare anche con la Rai.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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