Musica a Teatro: Michelangelo Rossi

Qualsiasi opera parte da un semplice segno scritto su una partitura, e noi come artisti abbiamo il compito di farlo rivivere e brillare di luce propria

Ecco la bella chiacchierata su musica, teatro e arte che ho avuto il piacere di fare con il maestro Michelangelo Rossi. Trovate altre note su di lui alla fine dell’intervista.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi
Musica a Teatro: Michelangelo Rossi – (Foto © Laura Magistrelli)

Prendo spunto per farti le domande da alcuni titoli famosi: comincio da Joyce. Ritratto dell’artista da giovane. Mi racconti di te, come è nata la passione per musica e arte e degli inizi?

Non sono figlio di musicisti, ma vengo da una famiglia dove l’arte e la cultura sono sempre stati in primo piano: entrambi i miei genitori sono grandi appassionati di letteratura, musica, cinema, teatro, vanno regolarmente a sentire concerti e a visitare mostre d’arte…da qualche parte in famiglia il guizzo artistico doveva pur esserci!

Quando avevo cinque anni decisero di farmi studiare uno strumento per creare una valvola di sfogo alla mia snervante iperattività e alla mia logorrea senza freni (mi viene da ridere a pensarci ora, visto che mi dipingono come una persona molto riservata!), e siccome mia madre conosceva una collega pianista molto brava nell’insegnamento la scelta ricadde sul pianoforte, strumento che già mia sorella suonava a casa.

Dopo qualche primo tentennamento iniziai a ingranare, e subito la maestra intuì il mio potenziale: a dieci anni entrai al conservatorio della mia città e a diciannove mi diplomai col massimo dei voti e la lode, con un programma mostruoso e da perfetto irresponsabile affrontato con la spensieratezza di chi è fresco di liceo, senza perdere una goccia di sudore.

Di mezzo c’è stato anche un-Erasmus al Mozarteum di Salisburgo, ma non vorrei dilungarmi in dettagli.

Ero un grande divoratore di musica, ascoltavo tutto, dalla classica al jazz al rock, senza pormi limiti di genere, ma solo per saziare la mia enorme curiosità, anche aiutato da strumenti come Youtube e Wikipedia che proprio in quegli anni stavano iniziando a diventare quello che sono oggi. Mi mettevo spesso al pianoforte a studiare da solo i brani che mi affascinavano al momento, soprattutto Beethoven, Liszt e Rachmaninov, anche se in molti casi erano palesemente fuori portata rispetto al mio allora livello tecnico…

Solo in seguito, diciamo dopo i venti anni, scoprii quasi per caso il meraviglioso mondo dell’opera, che fino a quel momento avevo abbastanza snobbato, e che invece ora adoro e prediligo. Un giorno un’amica mi chiese di accompagnarla, a prima vista, in un’aria che doveva preparare; data la mia totale inesperienza il risultato fu fin troppo prevedibile: un disastro totale. O almeno così mi parve.

Con la coda tra le gambe le scrissi un messaggio per scusami della magra figura ma, per tutta risposta, lei mi disse che pur comprendendo che fossi alle prime armi in realtà sentiva in me del talento, e mi consigliò di coltivarlo per farne una professione. Ci riflettei e mi diedi da fare: dopo le prime audizioni fui preso all’Accademia di Santa Cecilia, di lì a poco cominciai a lavorare in vari teatri d’opera e nel 2016 fui selezionato come pianista nell’Accademia del Mº Muti.

Si rivelò un saggio consiglio.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi

Il tormento e l’estasi. Nel tuo lavoro, per la messa in scena di opere liriche o con voci recitanti … In quali momenti ti sei sentito in difficoltà e quando invece ti sei divertito

Beh per fare questo mestiere bisogna innanzitutto divertirsi! I momenti di difficoltà ovviamente ci sono: dall’onnipresente imprevisto durante lo spettacolo alle incomprensioni con gli interpreti, fino alle prove che a volte possono essere molto stringate e quindi obbligano a dover lavorare in fretta e furia.

Senza tralasciare lo stress di produzioni che possono durare anche varie settimane. Però, come accennavo, il piacere in ciò che si fa deve essere predominante: senza di esso è impossibile creare qualcosa che il pubblico possa gradire e apprezzare.

In cosa sta il divertimento? Nel fatto che qualsiasi opera parte da un semplice segno scritto su una partitura, e noi come artisti abbiamo il compito di farlo rivivere e brillare di luce propria.

Certo, ci sono i cd, i dischi, Youtube, Spotify e altre piattaforme che, se usate in maniera critica, ci aiutano a valutare ed ascoltare numerosissime versioni sia storiche che attuali, ma sta di fatto che il lavoro vero viene svolto a tavolino usando la nostra immaginazione e creatività.

In fase di prova cerco sempre di ricreare quel grande arco narrativo, quell’incredibile e ininterrotto flusso temporale che dalla prima nota dell’ouverture arrivi fino all’ultimo sipario come in un unico, enorme affresco: quando assieme ai cantanti lavoriamo sui personaggi, sulle psicologie, sottolineiamo una frase, diamo una particolare sfumatura ad una parola, quando con l’orchestra plasmiamo la musica perché ricalchi esattamente la situazione scenica, quando in sostanza si crea il teatro, allora in quel momento avviene la magia dell’opera, in grado di rapire gli spettatori e portarli in meravigliosi viaggi.

Lì sta tutto il succo del divertimento… e quando ci si riesce la soddisfazione è impagabile. E poi ti confesso un peccato veniale: il teatro dietro le quinte è uno spasso!

Aneddoti, racconti incredibili (al limite del sovrannaturale), pettegolezzi, storie che “lo dico solo a te mi raccomando non dirlo a nessuno”, e ancora tresche, vendette private, litigate furibonde, rivalità, …Qualcuno scuoterà la testa e negherà con sussiego, ma chi non ha mai provato un pizzico di malsana curiosità per questo spaccato così pittoresco ma profondamente umano?

Già compositori come Marcello, Sarro, Cimarosa, Donizetti ci hanno dipinto questo mondo ai confini della realtà con le loro meravigliose satire, segno che ieri come oggi nel teatro le pennellate “folkloristiche” non sono mai mancate.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi 1_Photo by Laura Magistrelli
Musica a Teatro: Michelangelo Rossi (Foto© Laura Magistrelli)

Prova d’orchestra. Che tipo di approccio hai con gli orchestrali, i cantanti o gli attori. Differenze?

Direi un approccio da collega; ovviamente stiamo parlando di un primus inter pares, che si deve far carico di dare un taglio interpretativo ai brani che bisogna eseguire e deve assicurarsi che la propria idea venga realizzata, ma non sono un tipo a cui piace ergersi sul piedistallo e far discendere sul popolo le Tavole della Legge, anzi se mi trovo in un clima di serena collaborazione sono molto aperto alle idee che provengono dai cantanti o dai professori d’orchestra.

Quando lavoro con l’orchestra cerco sempre di stabilire un rapporto di serietà, per cui punto sempre ad arrivare alle prove con una preparazione ferrea e un’idea convincente da far passare.

Valorizzare tutte le sezioni, esaltare i soli, creare un amalgama convincente, cercare di coinvolgere ed entusiasmare anche i professori più reticenti sono alcuni dei miei punti fissi; in questo ho imparato tanto dal M° Fabio Luisi, con cui ho avuto il privilegio di studiare durante una masterclass.

Con i cantanti ho un rapporto più a tu per tu, cerco di immedesimarmi nel loro personaggio e nella loro psicologia: si discute, si analizza assieme, si confrontano idee diverse, si provano al pianoforte le varie frasi finché non assumono un significato compiuto all’interno del contesto.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi

I cantanti, nonostante siano fonte di numerose barzellette e luoghi comuni, sono in realtà artisti sensibilissimi che vivono sulla loro pelle (proprio letteralmente!) i ruoli che cantano: fino a quando non sento una piena identificazione tra me e loro non riesco ad accontentarmi.

Non ho avuto numerose occasioni di lavorare con attori a parte il recente Laborintus; ricordo però molto positivamente alcuni adattamenti di opere al pianoforte in cui le varie scene cantate venivano collegate tra loro da melologhi di un attore su sottofondo musicale.

Questa situazione del pianoforte che accompagna la voce recitante mi ha affascinato moltissimo soprattutto per la grande libertà richiesta ai due interpreti e per l’incredibile varietà di sfaccettature espressive di cui è dotata la recitazione pura, a differenza del canto lirico in cui comunque l’espressività è veicolata dal mezzo musicale.

Mi piacerebbe in futuro poter sviluppare meglio quest’idea e, perché no, magari costruire uno spettacolo che comprenda anche sezioni di questo tipo.

Laborintus di Berio che hai diretto… Mi racconti l’esperienza? Era la prima volta con Berio?

Sì, è stato un battesimo del fuoco. Dirò di più, è stata la prima volta che mi sono confrontato con una partitura contemporanea così complessa e sfaccettata!

È stata un’esperienza entusiasmante: superati i dubbi iniziali per la difficoltà dell’opera, già in fase di studio avevo capito di trovarmi davanti a un brano grandioso e visionario, composto con mano felicissima da un grande compositore.

Più lo studiavo e più nella testa mi frullavano idee che ero ansioso di realizzare assieme ai musicisti.

Laborintus II ha la particolarità di riunire in mezz’ora di esecuzione una grande varietà di stili e tecniche musicali: si passa da parti libere a parti rigorosamente scritte, da momenti di improvvisazione jazz a omaggi a Monteverdi.

Si spazia dalla recitazione dell’Inferno di Dante a lunghi elenchi di genealogie bibliche, passando per i meravigliosi e deliranti monologhi di Sanguineti.

La musica non è da meno: momenti di follia e concitazione si alternano ad atmosfere rarefatte ed attonite, senza tralasciare gli stranianti interventi dell’elettronica.

Il mio compito era quello di restituire al pubblico questo labirintico e poliedrico viaggio, e per farlo avevo bisogno del massimo impegno da parte di tutti gli artisti coinvolti nel progetto.

Già dalla prima prova mi sono reso conto che potevamo fare grandi cose: i giovanissimi strumentisti del Conservatorio di Milano si sono dimostrati fin da subito molto preparati (anche grazie all’aiuto del docente di trombone, il prof. Raffaele Marsicano), sempre attenti e disponibili a mettersi in gioco.

Abbiamo costruito poco alla volta questo grande affresco novecentesco, mattoncino dopo mattoncino, nota dopo nota: i ragazzi rispondevano sempre con grande entusiasmo alle mie richieste, spesso proponendo essi stessi soluzioni strumentali e aiutandosi a vicenda per risolvere i numerosi problemi musicali presenti nella partitura.

Un vero lavoro di squadra, insomma, tanto che dopo le prime due letture stavamo già scendendo ad un livello di dettaglio notevole.

All’arrivo delle cantanti, del coro e della voce recitante la faccenda si è ulteriormente complicata, ma d’altra parte non si può affrontare un brano come Laborintus II se non si è capaci di gustare il fascino della sfida: tutto il comparto vocale ha confermato la solidità e la competenza già dimostrate dagli strumentisti (le voci erano state preparate dalla prof.ssa Laura Catrani, docente di canto, e il coro dal maestro Mirko Guadagnini).

Con loro ci siamo divertiti a valorizzare tutti gli aspetti vocali presenti nel brano: abbiamo lavorato a lungo sul sussurro, sul grido, sulla declamazione, sul canto, sulle parti a bocca chiusa, cercando di creare e delineare al meglio le varie atmosfere. Non mi accontentavo mai abbastanza del risultato semplicemente perché sentivo che potevo chiedere sempre di più agli artisti, e che loro erano contenti di mettersi in gioco e restituirmi il medesimo entusiasmo.

Il prodotto finale è stato molto apprezzato anche da chi non frequenta abitualmente il linguaggio musicale del secondo Novecento, segno tangibile che bisogna sfatare il mito che la musica “contemporanea” è di difficile comprensione e non arriva alle orecchie del pubblico; è nostro compito cercare invece di valorizzare e dare spazio anche a questa musica che ancora vive e vuole parlarci del nostro tempo, per evitare che la le sale da concerto diventino un museo archeologico.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi Photo by Ente Musicale Luglio Trapanese
Musica a Teatro: Michelangelo Rossi (Foto © Ente Musicale Luglio Trapanese)

Una digressione: ascolti anche musica leggera? Ne hai diretta o la dirigeresti? …magari a Sanremo

Di musica leggera ne ascolto, anche se ovviamente il mio acquario è la musica classica sinfonica e d’opera. Ad esempio, ho da sempre ascoltato volentieri la canzone d’autore italiana: Paolo Conte, De André, De Gregori, tutti cantautori che hanno saputo coniugare affascinante lirismo poetico con soluzioni musicali originali e mai scontate. Sono anche un fan sfegatato di Elio e le Storie Tese per i loro testi incredibili uniti ad un virtuosismo tecnico ineguagliato.

Ma per carità! Ad ognuno il proprio mestiere: nel ramo della musica leggera ci sono grandi professionisti che conoscono profondamente il repertorio, le prassi, i metodi di lavoro, è un mondo che segue regole diverse e presenta problematiche differenti, io mi accontento di seguirlo come semplice fruitore.

Musica a Teatro: Michelangelo Rossi

 Di là dal fiume tra gli alberi. Cosa vedi nel tuo immediato futuro e dove ti piacerebbe arrivare?

Per quanto mi riguarda siamo ancora nel bel mezzo del fiume da guadare: la pandemia da Covid-19 sta lasciando tuttora un’ombra di incertezza per il futuro del mondo dello spettacolo, anche se la speranza è che con le vaccinazioni e le misure sanitarie si riescano a scongiurare le chiusure degli ultimi due anni.

Nell’immediato futuro spero in una ripresa della mia attività musicale, e un obiettivo (ci sto lavorando ma ancora i progetti sono a livello embrionale) sarebbe quello di creare una mia realtà musicale che possa offrire un’offerta di alto livello, fruibile anche dal grande pubblico.

Curiosità: uno dei pochi aspetti positivi di questa parentesi pandemica è che ho trovato il tempo di coltivare interessi anche apparentemente molto lontani dalla musica, ad esempio la mia passione per l’informatica, tanto che in un momento di lucida follia mi sono iscritto alla facoltà di Ingegneria Informatica a cui tengo molto e che cerco di seguire, compatibilmente con i miei impegni musicali.

Non escludo che anche questo possa tornare utile in un mondo dove siamo sempre più circondati dalla tecnologia e che, in un modo o in un altro, dobbiamo imparare ad usare in maniera virtuosa. Penso che possa essere un’enorme risorsa anche per il mondo della musica classica, che ancora guarda con diffidenza a questo settore e che sta rischiando sempre più di chiudersi nella propria torre d’avorio anziché aprirsi al nuovo.

Grazie, maestro….

Michelangelo Rossi è nato a Mantova, inizia lo studio del pianoforte a cinque anni e a diciannove si diploma nel conservatorio della sua città col massimo dei voti e la lode. Intraprende anche lo studio della Composizione e contemporaneamente si avvicina alla direzione d’orchestra con i M° Renato Rivolta e Daniele Agiman, laureandosi brillantemente alla Scuola Civica “C. Abbado” e al Conservatorio “G. Verdi” di Milano.

Durante il suo percorso di studi si perfeziona con Matteo Beltrami, Filippo Maria Bressan, Lior Shambadal, Isaac Karabtchevsky, Marco Guidarini e altri importanti nomi del panorama musicale. Nell’estate 2021 viene selezionato come uno dei quattro allievi effettivi per una esclusiva masterclass con il M° Fabio Luisi.

Nel 2016 viene ammesso come maestro collaboratore presso la Riccardo Muti Italian Opera Academy, dopo una selezione presieduta dal M° Muti; a seguito di questo importante riconoscimento inizia una proficua collaborazione come pianista con l’orchestra giovanile Luigi Cherubini.

Dal 2015 svolge un’intensa attività di maestro collaboratore presso numerosi teatri di tradizione italiani (Teatro Grande di Brescia, Teatro Regio di Parma, Teatro Coccia di Novara, Opera Giocosa di Savona, As.Li.Co. di Como e altri); come direttore è stato invitato a dirigere presso l’Ente Musicale Luglio Trapanese, il Teatro Coccia di Novara e il Conservatorio “G. Verdi” di Milano.

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Sergio Scorzillo
Sergio Scorzillo
Autore, attore, regista, formatore. Teatro e Musica sono state da sempre le sue grandi passioni e non solo. Il palcoscenico è il luogo in cui riesco a vincere le mie fragilità, a comunicare e a sentirmi utile e vivo
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