Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

Ho sempre visto la musica, l’arte di cui mi occupo, come un modo per rappresentare il proprio immaginario, un modo di mettere in scena se stessi e il proprio pensiero

Musica a Teatro: Marco Benetti compositore
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Essere radicali implica uno sforzo creativo e d’impegno non calcolabili

Marco Benetti ha studiato composizione, tra gli altri con Salvatore Sciarrino, ha partecipato a numerose masterclass con diversi importanti autori e la sua musica è stata suonata da interpreti prestigiosi.

Interessato al teatro musicale, ha all’attivo tre titoli: “La traviata norma”, messa in scena dal Teatro Elfo Puccini di Milano; “Tredici secondi ovvero Un bipede implume ma con unghie piatte”, commissione della Biennale di Venezia (Biennale Musica 2019) e “Bìa. Un passo nuovo una parola propria”, messa in scena dal Macerata Opera Festival 2020.

Parallelamente agli studi compositivi, ha intrapreso lo studio della direzione d’orchestra con il M° Yoichi Sugiyama. Collabora dal 2015 con l’Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano “G. Verdi” e dal 2018 con la Scuola internazionale di Musica di Milano – SIMM in qualità di musicologo. Attualmente insegna Teoria, analisi e composizione presso il Liceo Musicale “P. Gobetti” di Omegna.

Come nasce la tua passione per la musica e il Teatro?

Nella mia famiglia sono l’unico che abbia intrapreso una carriera musicale, benché anche mio fratello avesse iniziato a studiare la chitarra da piccolo.

Tutto è nato alle medie, grazie ad un’insegnante che preferiva spiegarci la musica nella storia più che farci suonare il flautino di plastica.

Iniziai allora a studiare pianoforte e ad ascoltare molta musica, soprattutto sinfonica e da camera, eliminando quasi l’ascolto della popular music, genere che ho imparato a frequentare successivamente.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

E’ stato poi al liceo che, facendo ripetizioni di greco, ho conosciuto Giancarlo Landini, critico musicale, al quale chiedevo consigli di ascolto operistici: Rossini, Verdi, Wagner, Debussy, Britten… I lavori di questi ultimi tre mi attirarono sin da subito.

Venne poi Puccini: fu sostanzialmente amore a prima vista e direi che non l’ho più abbandonato.

Del teatro in generale sono molto curioso: leggo volentieri testi teatrali, sia classici che nuove drammaturgie, cerco di frequentare le stagioni milanesi, che sono molto variegate e offrono uno spettro abbastanza ampio di quello che di nuovo si produce in Italia.

Tuoi musicisti di riferimento per quanto riguarda la musica classica/contemporanea?

È una domanda a cui faccio sempre fatica a rispondere. Penso che su di me abbiano avuto una grande influenza alcuni ascolti. Penso alla Sonata di Liszt, alla Poppea di Monteverdi, al Ring di Wagner, Pelleas di Debussy, Lohengrin di Sciarrino, Giordano Bruno di Filidei.

Frequentare l’etnomusicologia mi ha avvicinato ad altre culture sonore rispetto a quella occidentale. Come vedi i miei riferimenti spaziano molto temporalmente e geograficamente.

Ascolti anche musica leggera? Quale? Cantanti o musicisti di leggera che ami particolarmente?

Penso sia un po’ naturale ascoltare popular music. Anche in questo caso posso dire che non ho particolari preferenze. Ho avuto periodi techno, cantautorali, elettronici, pop, trap…

Se devo nominare delle artiste che mi piacciono mi vengono in mente Tosca, M¥SS KETA, Billie Eilish e la compianta Raffaella Carrà.

Poi ammetto che in discoteca ho sempre ballato di tutto, da Madonna alla Tatangelo… Più che musica leggera parlerei proprio di pop trash.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore - tredici secondi
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Penso che nella versatilità delle occasioni si possa lavorare in odo da far diventare anche lo spazio teatrale oggetto di composizione

Mi sembra che le tue “opere” cerchino una esperienza immersiva da offrire al pubblico, con l’ausilio di più arti, se non tutte. Me ne parli?

Valicare la dimensione dello spazio scenico non è un elemento nuovo nella storia del teatro. Ricordiamo che il 9 maggio 1921, poco più di cento anni fa, veniva messo in scena Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, lavoro che come noto su questo argomento è centrato, anche se è forse la dimensione più superficiale dell’opera.

Vero è che il teatro d’opera, ambiente quanto mai conservatore per ragioni diverse, trova il suo luogo naturale di realizzazione in spazi fortemente storicizzati, dove il pubblico siede in un posto preciso, i musicisti in un altro e lo spettacolo si svolge sempre e solo sul palco. La forma del luogo teatro ne informa pesantemente il modo in cui viene immaginato, direi addirittura il modo in cui viene composto.

Se da una parte mi piace anche lavorare tradizionalmente, ne sono un esempio le mie due opere da camera La traviata norma (Teatro Elfo Puccini, Milano, 20219) e Tredici secondi ovvero Un bipede implume ma con unghie piatte (Biennale Musica, Venezia, 2019), penso che nella versatilità delle occasioni si possa lavorare in modo da far diventare anche lo spazio teatrale oggetto di composizione, quindi non qualcosa di dato, ma qualcosa che al pari di una parte vocale può essere controllata da chi scrive la musica.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

Un’occasione di questo tipo si è presentata lavorando con #ToTeam (composto da me, Antonio Smaldone, Davide Gasparro, Riccardo Olivier, Stefano Zullo, Paolo Vitale e Piera Leonetti) per il Macerata Opera Festival 2020 mettendo in scena Bìa. Un passo nuovo, una parola propria, spettacolo immersivo in cui il cortile di Palazzo Bonaccorsi ha permesso di far coincidere la platea con il luogo in cui si muovevano i performer.

Questo atto unico completamente elettronico, con il solo intervento dal vivo di Emily De Salve, baritono transgender, mi ha inoltre permesso di sperimentare un modo alternativo di ascolto. L’elettronica all’aperto può essere problematica da gestire.

Se delle normali casse sono servite per aiutare i movimenti scenici, per il pubblico ci siamo decisi ad utilizzare delle cuffie silent disco, comunemente usate per eventi di musica pop.

Benché non so se abbia voglia di ripetere l’esperienza in questi termini, non posso negare che il risultato sia stato interessante, perché l’esperienza mi ha permesso di far si che l’ascoltatore avesse la percezione della traccia che avevo io, componendola nel mio studio, senza far perdere i dettagli che una spazializzazione all’aperto avrebbe potuto compromettere.

Tratti temi importanti. Pensi quindi che un artista abbia il compito di informare e “formare” più che intrattenere?

Quale debba essere il ruolo dell’arte nella società è una domanda che gli artisti si fanno in ogni epoca storica. Nel quotidiano abbiamo esperienza costante di come venga deliberatamente promossa nella società social una narrazione specifica, controllata dalle esigenze del mercato, di cosa debba e non debba essere l’arte.

Si veicola la retorica romantica del solitario che in mezzo a mille avversità vince la competizione con altri per guadagnarsi gloria e fama. Una moderna mitologia, svuotata in realtà di qualunque veste simbolica.

Credo che sia problematica questa rappresentazione, perché tende alla casualità, al sentimentalismo viscerale, privo di qualsiasi razionalizzazione.

Non c’è un’indagine nel profondo, si resta sulla superficie della sensazione momentanea che si disperde appena compare un nuovo stimolo che attira l’attenzione. Nella sua storia, la produzione artistica si è spesso relazionata con i grandi temi dell’Umanità, principalmente il dolore e la morte.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

Nell’epoca tardo capitalista (e neoliberale) in cui viviamo, dove la retorica del benessere a tutti i costi aliena qualsiasi forma del negativo dall’esistenza, l’arte che intrattiene è un’arte che non disturba, ma rassicura.

Capita che essa si appropri volutamente di tematiche di punta per guadagnare subdolamente visibilità, che una volta ottenuta non viene minimamente impiegata per cambiare lo stato delle cose che si è criticato.

Ho sempre visto la musica, l’arte di cui mi occupo, come un modo per rappresentare il proprio immaginario, un modo di mettere in scena se stessi e il proprio pensiero.

Sono convinto che, qualunque sia l’estetica prescelta, sia necessario in primis un atteggiamento radicale in questa direzione, perché rappresentare se stessi è sempre un atto radicale.

Essere radicali implica uno sforzo creativo e d’impegno non calcolabili. Si deve mettere in conto che alcune soluzioni posso andare incontro a rimostranze da parte dei direttori artistici e dei musicisti prima ancora che del pubblico, che paradossalmente a volte si dimostra molto più interessato e disponibile ad accettare attraverso alcune novità di essere informato e formato.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore - Bia
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Questo atto unico completamente elettronico con il solo intervento dal vivo di un baritono transgender mi ha permesso di sperimentare un modo alternativo di ascolto

Occuparsi di tematiche attuali (discriminazione e violenza di genere, diritti delle minoranze, queerness, omofobia e transfobia, sessismo) può diventare non solo un mezzo per rappresentare sé stessi tramite questi argomenti, ma anche per portare l’attenzione degli spettatori su realtà marginali che potrebbero ignorare e in cui potrebbero invece riconoscersi.

Questo tipo di connessioni possono essere il tarlo che scardina la passività del presente, portando al cambiamento della società.

E’ questo atteggiamento in contrasto con l’intrattenimento? Non lo credo minimamente. Le arti performative hanno sempre lavorato su piani multipli di lettura.

Pensiamo alle opere di Shakespeare. Macbeth è un lavoro in cui uno spettatore con un basso livello culturale può leggere semplicemente la tragedia umana che esso racconta, mentre un intellettuale può scendere nella complessità dei temi trattati: il potere, il destino, la follia…

Forse è proprio qui la chiave di volta, è nella capacità di collegare l’alto e il basso, il profondo e la superficie, il leggero e il grave che si dovrebbe ricercare il ruolo di un artista nella società contemporanea.

A cosa stai lavorando ora?

Dopo l’esperienza con l’Ensemble InterContemporain lo scorso giugno a Parigi durante il festival ManiFeste 2021 e quella con il Klangforum Wien a Graz durante il festival IMPULS 2021, ho deciso di prendermi qualche tempo per studiare partiture arretrate di altri colleghi e lavorare su alcune idee, in particolare suonandomi alcuni strumenti su cui sto sperimentando varie preparazioni specifiche.

Posso dire che ho in cantiere alcune collaborazioni: una serie di studi per pianoforte, un brano/performance per un percussionista, un pezzo per kanun e uno per ukulele.

Come possiamo seguire la tua attività? Link?

Sono presente sui social, sia Facebook che Instagram. Ho inoltre un canale SoundCloud, uno Youtube e una pagina sul ressources.IRCAM.

https://medias.ircam.fr/x2aa168

https://www.youtube.com/channel/UC0IYwNJxaku0A7e2WngxfVA

https://soundcloud.com/marco-benetti

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Sergio Scorzillo
Sergio Scorzillo
Autore, attore, regista, formatore. Teatro e Musica sono state da sempre le sue grandi passioni e non solo. Il palcoscenico è il luogo in cui riesco a vincere le mie fragilità, a comunicare e a sentirmi utile e vivo
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