Musica a Teatro: Domitilla Colombo

Rimpiango di non aver sviluppato una concezione più consapevole e definita del ritmo, applicabile poi ad aspetti recitativi

Musica a Teatro: Domitilla Colombo
Musica a Teatro: Domitilla Colombo prediligo sonorità avvolgenti e misteriose (Foto © Roberto Ritondo)

Domitilla Colombo è un’attrice di gran temperamento. Molto attiva in Lombardia, ha nel proprio carnet, oltre i molti spettacoli, decine di partecipazioni come voce recitante in presentazioni di libri di narrativa e poesia. E spesso recita e interpreta canzoni, con passione, in milanese. Ha partecipato al film Dante va alla guerra. Fine dicitrice, è compagna dell’autore regista Danilo Caravá.

Hai studiato musica, canto? Pensi sia una buona cosa per un attore/attrice?

Partiamo con un tasto relativamente dolente… purtroppo, sono stata condizionata da una didattica troppo formale e poco motivante nell’educazione musicale alla scuola dell’obbligo. Mi piacevano il lato storico – biografico, e una maggiore conoscenza circa brani che ascoltavo, gioiosamente e senza alcuna forzatura, sin dall’infanzia; purtroppo, sotto l’aspetto tecnico, mi scontrai con un atteggiamento alla Beckmesser (il più tradizionalista e superficiale tra i “Maestri cantori” wagneriani), come se non ci fosse nulla da metabolizzare a fondo, ma solo qualcosa che andava eseguito, insieme alle compagne.

Ne traevo un’impressione grottesca, ti dirò, e non riuscivo a nasconderla. Non parliamo, poi, del “flauto dolce”: ero lo zimbello della classe, in quei momenti! Eppure, collocavo le dita come tutte… Con ogni probabilità non sarei stata brava, comunque, ma un impatto del genere non mi invogliava certo a perseverare.

Preferivo leggere e guardare film, non necessariamente adolescenziali. Per fortuna, nulla mi ha tolto il piacere dell’ascolto, e dell’universo emotivo e immaginifico a esso collegato. Non saprei farne a meno! Ho potuto, però, non dico recuperare, ma appagarmi ampiamente, in ambito universitario: ho ricordi meravigliosi dei corsi e seminari di Storia della Musica, e dei docenti responsabili.

Seguii annualità anche dopo aver dato gli esami, perché era diventato puro piacere; inoltre, laddove fosse pertinente, il rapporto tra musica e teatro veniva esplorato con minuzia e passione. Non da ultimo, ricordo comprensione e pazienza da vendere verso i pochi mancanti, come me, di una solida preparazione tecnica di base.

Per quanto riguarda il canto, ho seguito alcune lezioni e, appena possibile, intendo concedermene altre. Rimpiango di non aver sviluppato una concezione più consapevole e definita del ritmo, applicabile poi ad aspetti recitativi, e del rapporto organico tra le note.

Scusa lo sfogo, ma è la prima volta che ho occasione di parlarne apertamente. Si tratta, a mio avviso, miniere di suggestioni fisiche, culturali ed emotive imperdibili per il lavoro attorale, ma a patto di avere, come dovrebbe sempre accadere, insegnanti adatti.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

So che sei molto ferrata nelle musiche da film. Quale autore ti appassiona in maniera particolare?

Ti ringrazio moltissimo per questa domanda. Non mi ritengo “ferrata”, per i motivi di cui sopra, ma grande appassionata, in modo istintivo. Ricorderò sempre il mio decimo compleanno (1983): ebbi, come agognato regalo, i vinili delle colonne sonore di “E. T.” (John Williams) e “Marco Polo” (un gioiello ricordato più all’estero, firmato Morricone).

Li consumai: ascoltandoli, immaginavo di tutto, a piacimento, anche a prescindere dalle vicende cinematografiche e televisive cui erano associati. E ricordo anche quando, a fine anni’80, in Gran Bretagna, potei finalmente comprare i cd della prima trilogia di “Guerre Stellari”, fuori catalogo da noi.

Erano tutte edizioni parziali (non esistevano le meravigliose “complete” ed “expanded” di oggi), ma non mi sembrava vero… Negli anni, poi, ho ampliato gusti e conoscenze, complici gli studi di storia cinematografica e, ancora una volta, musicale.

Prediligo sonorità avvolgenti e misteriose, venate di sperimentazione compositiva e nella contaminazione dei generi: Herrmann e Goldsmith, Jarre padre, Howard Shore per Cronenberg, i primi lavori di Horner.

Suggerisco l’ascolto di opere meno conosciute, ma sorprendenti, di Williams, all’inizio e alla fine degli anni ’70.  A proposito di anni ’70, per cambiare ambito, amo anche la grinta di Lalo Schifrin, Michael Small, Jerry Fielding.

In Italia, oltre a Morricone e a Rota, non mi stanco di nominare Pino Donaggio, capace di regalare eleganza, poesia, qualche volta ironia alle fortissime tinte thriller-horror di De Palma, Argento e altri registi-cult. E sono felice, infine, per il recente successo di Hildùr Guðnadóttir, giovane compositrice di grande temperamento.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo dialetto
Musica a Teatro: Domitilla Colombo – Sono stata educata fin da piccola a rispettare il dialetto come patrimonio affettivo e culturale (Foto© Peter Bescapė)

Hai fatto diversi spettacoli con musica anche dal vivo. Parlamene e dimmi se ne hai amato qualcuno in particolare e perché.

Oltre a un cospicuo numero di spettacoli-collage, in cui, a seconda dei casi, ho interpretato (lo trovo un termine più onesto che “cantare”, almeno per ora) canzoni in italiano e dialetto milanese  dalla fine dell’800 ai nostri anni ’60, con meravigliosi e istruttivi abbinamenti di pianoforte o fisarmonica,  ho goduto di musica dal vivo in scena in “Cosima Wagner, i  cromatismi di un’esistenza” (2007, ma  potrebbe essere ripreso tra qualche mese), e in un adattamento de “Le affinità elettive” (2012).

In entrambi i casi, due giovani e bravissimi pianisti – uomo nel primo, donna nel secondo- arricchirono gli spettacoli con potenti ed emozionanti assolo di repertorio ottocentesco. Una maggior interazione, invece, si è verificata in altri due lavori: “Perla – la Santa, la Regina, la Strega”, e “La sposa di Ade”.

Il primo, composto da 3 monologhi, è stato rappresentato in varie stagioni, dal 2003 al 2015; l’allestimento più completo, tuttavia, fu concepito appositamente per lo straordinario Teatro di Documenti, costruito a Roma da Luciano Damiani. Anche le musiche vennero composte ad hoc.

Le scene relative ai tre personaggi erano collocate in tre diverse sale, con relativo movimento mio e del pubblico, accompagnato da mimi. Stanziale era solo un’arpa, nella penombra della cosiddetta “sala avorio inferiore”, che, oltre ad aprire e chiudere lo spettacolo, nonché raccordare le scene con intermezzi, interagiva con la recitazione in due momenti: una cupa e suggestiva processione regale all’inizio del secondo monologo, e una sorta di “rintocchi a morto” verso la fine del terzo.

In quest’ultimo caso, il fatto che il risuonare delle corde provenisse da uno spazio inferiore, rispetto alla scena, conferiva un’atmosfera ancor più sospesa e misteriosa.

Il secondo, invece, ispirato a una vicenda realmente accaduta negli anni’40, è andato in scena a Milano nel 2019. E, qui, abbiamo diviso letteralmente la scena con una violoncellista non solo ricca di talento e professionalità, ma anche cordialissima e disponibile a “recitare” tramite sguardi e fascinosi fonosimbolismi.

Mi commuovo subito, pensando a un momento accompagnato dal “Clair de lune” di Debussy, trascritto per violoncello.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

Sei una delle poche attrici che conosco che recita in dialetto milanese. Secondo te perché non ha la stessa popolarità questo dialetto paragonandolo ad esempio al napoletano, romano o siciliano, in Italia?

Sono stata educata, fin da piccola, a rispettare il dialetto, come patrimonio affettivo e culturale, a considerarne lessico e grammatica, a non svilirlo con scimmiottature e stereotipi. Ti dirò di più: al ginnasio, un insegnante sostenne che ascoltare il dialetto in casa compromettesse un buon uso dell’italiano.

Turbata, ne parlai a casa, e fu lì che papà estrasse un volume su Carlo Porta da una collana di letteratura italiana UTET, segno evidente che il rapporto tra lingua nazionale e dialetto, se consapevole ed equilibrato, è di tutto rispetto, eccome.

Mi disse: “Come studi il latino, il greco e l’inglese, puoi studiare anche il milanese.” È una mentalità che ho applicato, dapprima, al mio dialetto originario, ma che cerco di estendere a qualsiasi forma dialettale mi capiti di leggere o ascoltare. Detto questo, se si trattasse solo di luoghi comuni della collettività, magari fomentati da tormentoni mediatici vari, ci si renderebbe, obiettivamente, la pariglia un po’ dappertutto.

E non penso sia nemmeno un problema di comprensione, perché, quando in film o fiction si parla dialetto in modo il più possibile realistico, in genere sono previsti sottotitoli, cosa che, a mio parere, denota serietà, almeno negli intenti.

Credo che il vero danno, a occhi e orecchie dell’opinione pubblica, sia stato prodotto da certa becera strumentalizzazione politica, da 30 anni a questa parte; un massacro di forme e contenuti, ne parlavo pochi giorni fa con uno studioso di grande esperienza.

Purtroppo, in questo caso, il confine tra sana identità culturale e disgustoso fanatismo è tremendamente labile.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo foto di Roberto Ritondo
Musica a Teatro: Domitilla Colombo – colonne sonore a parte amo la classica e l’opera, oltre ad avere una passione trentennale per Bowie e Battiato(Foto © Roberto Ritondo)

Sei compagna di un autore/regista. Ti piace essere diretta da lui o…?

Mi piace, mi piace! Siamo insieme da più di 17 anni, e ci siamo conosciuti in ambito teatrale. Penso sia stato un fattore fondamentale, quest’ultimo, perché io per prima provenivo da una relazione degenerata anche per incomprensione e gelosia nei confronti del teatro, percepito come un astratto rivale.

Ci siamo sempre scambiati gusti, opinioni, emozioni, nella serietà e nel divertimento. Anche la fiducia lavorativa è reciproca; idee in più, da parte mia o sua, vengono considerate in modo lucido e sereno, anche quando do un’opinione su un lavoro che non mi coinvolga direttamente.

Penso ci connoti un approccio emotivo non paritario, bensì osmotico. A volte, casomai, trovo sia troppo indulgente con me; non vorrei mai fargli fare brutta figura!

Hai delle attrici di riferimento?

A parte le “mitologiche” Mariangela Melato, Adriana Asti, Bette Davis, porto sempre nel cuore un formidabile quintetto milanese: Annig Raimondi (mia docente all’Arsenale), Genni D’Aquino, e soprattutto Chicca Minini, Anna Priori e Mirton Vaiani, tre autentiche “fate madrine” in scena, in prova e dietro le quinte.

Nella generazione recente, sono fan di Federica Fracassi, Marta Ossoli, Federica D’Angelo, Cristina Maccà, Rossella Rapisarda. Un grande ex aequo di ammirazione per tante compagne di scena, ciascuna modello nella sua particolarità.

Ma mi è anche capitato di restare incantata dall’interprete di un singolo spettacolo, di cui ricordo non il nome, ma la bravura, come quando una persona sconosciuta ti incanta in tram o metro.

Cosa ascolti nel privato?

Dipende dai momenti. Colonne sonore a parte, amo la classica e l’opera (soprattutto Wagner, Verdi, Puccini, Berg, Bartòk) tra ‘800 e ‘900, ma anche Gershwin e alcuni musical, da “West Side Story” a Lloyd Webber, passando per le opere rock.

Ho una passione trentennale per David Bowie, e Battiato mi è stato inconsapevolmente vicino in tanti momenti. Poi Al Stewart, Kate Bush, Roxy Music…e, per faccende o ginnastica, pop anni ’80!

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

Progetti nell’immediato futuro?

Un lavoro molto toccante, “Come farfalle”, in scena a Como in novembre: parlerà di Alzheimer, ma in uno stile che, personalmente, mi ricorda Tennessee Williams.

A Milano, sempre in novembre, “Neve a primavera”: un testo a episodi, piccantino, ma surreale e citazionista.  Per quanto riguarda il dialetto, oltre ad alcune repliche di vario argomento, riprenderò in ottobre, nell’ambito del bicentenario portiano, “La Ninetta del Verzee”, un capolavoro: poemetto in versi, ma con un’innata connotazione teatrale, in cui una “donna che ama troppo”, per citare volutamente il libro, racconta la sua vicenda di ricatto, stupro, sfruttamento, stalking nella Milano popolare del primo Ottocento.

E, più a lungo termine, un lavoro sugli stupri nella I Guerra Mondiale, a cura del gruppo Donne di Parola, cui sono molto fiera di appartenere.

Vuoi aggiungere qualcosa?

La mia “filosofia”, se posso chiamarla così. Preferisco far sbollire i sentimenti negativi elaborandoli anche a beneficio del bagaglio emotivo attorale, anziché rasserenarmi forzatamente. Una colonna sonora adeguata, in genere, è di grande aiuto.  Grazie di cuore!

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Sergio Scorzillo
Sergio Scorzillo
Autore, attore, regista, formatore. Teatro e Musica sono state da sempre le sue grandi passioni e non solo. Il palcoscenico è il luogo in cui riesco a vincere le mie fragilità, a comunicare e a sentirmi utile e vivo
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