Luca Bacconi: «Canto quello che ho visto e che, talvolta, ho sognato»

Il bolognese Luca Bacconi pubblica il suo primo album “Cantautori e gente da bar” che arriva dopo una lunga carriera tra musica e teatro: «Bisogna restituire il ruolo di platea al pubblico, con rispetto».

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Luca Bacconi (© Foto Nic Soric).

Ci sono artisti che iniziano la loro carriera con un album e altri per i quali esso è semplicemente una tappa di un percorso già avviato, di cui esprime la maestria e la maturità. È il caso di “Cantautori e gente da bar” (Fuzz Records) il primo album di Luca Bacconi, intenso cantautore bolognese nato nel 1966 che sarebbe riduttivo definire solo musicista.

I nove brani del disco sono stati scelti tra quelli più significativi della ventennale carriera di Bacconi iniziata negli anni ’80 e che lo ha visto nelle diverse vesti di strumentista, cantante e attore di teatro comico. Di sette brani è autore di musica e parole mentre gli altri due sono tributi a Lucio Dalla (Notte) e Paolo Conte (Alle prese con una verde milonga).

Cantautori e gente da bar” è un’opera prima autoprodotta che Luca definisce “malandrina e schietta” e che sarà presentata ufficialmente il 19 maggio 2016 presso la Cantina Bentivoglio di Bologna nel contesto della rassegna “Live is Better“.

Il titolo riporta alle atmosfere tipiche e suggestive dei bar e delle osterie della vecchia Bologna (e forse anche della nuova); luoghi di ritrovo, di racconto della propria vita, delle proprie esperienze e che hanno influenzato l’arte di cantautori celebri che proprio in questa città sono nati e vissuti; due esempi fra tutti, Lucio Dalla e Francesco Guccini. Pur facendo tesoro della migliore tradizione cantautoriale italiana (Gaber, Paolo Conte, Vinicio Capossela, Enzo Jannacci, Lucio Dalla..), Bacconi mantiene una personalità ben distinta e un carisma che convince sia nel canto che in monologhi tipici del teatro-canzone. Racconta momenti di vita, personaggi, storie, incontri e sensazioni. L’esperienza teatrale, pur qualificandosi “comica”, possiede qualcosa di malinconico e tipico delle sonorità jazz, folk e blues.

Colpisce anche l’ottimo arrangiamento di “Cantautori e gente da bar” e ogni strumento trasmette distintamente il proprio fascino. L’album si ascolta molto volentieri sia in una serata tranquilla, mentre si sorseggia un buon bicchiere di vino con gli amici, sia nella propria solitudine o durante un viaggio in cui il silenzio viene cullato dalle note che escono da chitarre, fisarmoniche, contrabbassi e sax nonchè dal timbro vocale caldo e rassicurante.

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Luca Bacconi (© Foto Nic Soric).

Ciao Luca, grazie di aver accettato di raccontati a Musica361. Cosa vuol dire fare un disco a 50 anni per un artista con tanta esperienza?
Ti rispondo col titolo del terzo brano del CD: “Capolinea”. Il capolinea è – di fatto – un punto di arrivo ma è anche un punto di partenza, dipende da che prospettiva si guarda. In realtà, in questi ultimi anni dove mi sono concentrato prevalentemente sull’attività cantautoriale, si sono verificate le condizioni ottimali per produrre il CD ovvero l’incontro con le persone giuste, musicisti e fonici. Inoltre ci ho creduto veramente, senza compromessi.

Il tuo album è autoprodotto. Hai fatto questa scelta per una maggiore indipendenza artistica?
L’autoproduzione è oramai una delle poche strade percorribili per i cantautori come me “giovani da più tempo” e, parimenti, vedo che anche tanti giovani talenti faticano a farsi identificare da qualche generoso produttore.

Cosa intendevi quando hai definito il tuo album “un’opera malandrina e schietta”?
Nei miei brani cerco di varcare il muro del rituale nostalgico del cantautore ma senza perdere mai i riferimenti di quello che è il cantautore/cantore italiano. Un po’ come il malandrino che fugge e scavalca la rete e poi si gira per vedere se è stato visto. La mia è una musica inevitabilmente contaminata, tuttavia è pura nei testi poiché essi rappresentano veramente quello che, talvolta, ho visto e talvolta ho sognato.

Nelle tue canzoni, si nota una mescolanza di generi diversi. Come definiresti il tuo stile?
Ascolto diversi generi musicali e adoro attingere da ognuno di essi e comporre come fa un pittore nel gioco dei colori. Solo osservando più volte ci si accorge che il verde non è verde, che il rosso non è rosso ma sono solo un’attenta e meticolosa ricerca di essi.

A quale dei cantautori italiani ti senti più legato?
Mi sento come un albero che ha radici lunghe che a volte si incrociano tra loro. Non c’è in realtà un vero e proprio “personaggio del cuore”. Da Faber ho subito il fascino delle parole-poesie, da Lucio Dalla oltre alle parole, la scelta musicale, da Paolo Conte lo stile, la profondità dell’osservazione, da Vinicio Capossela la follia e lo sfondo onirico (sfondo che mi accompagna nell’esistenza da sempre) e poi altri ancora…

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Luca Bacconi (© Foto Nic Soric).

C’è qualcosa di malinconico nelle tue canzoni che a me hanno ricordato i cantautori brasiliani, tipo Gilberto Gil o Caetano Veloso. È solo una mia sensazione?
Si confermo. È l’altra faccia del comico, quella vera, quella dietro l’anima, quella che non si mostra mai. Ti ringrazio per questa similitudine con i musicisti brasiliani; la loro musica è pulsante, visionaria, colorata, si accende e altrettanto repentinamente si spegne, si rattrista quando finisce il Carnevale o quando piove per giorni nei mesi invernali.

Teatro-canzone: qual è il segreto per intrattenere piacevolmente alternando musica e parole?
Non credo vi sia un segreto specifico, credo piuttosto nell’alchimia che l’affabulatore mette in atto nel raccontare storie vere trasformandole in fantastiche o storie fantastiche trasformandole in vere. Penso, ad esempio alle storie del bar sotto casa, alla descrizione degli avventori (materia già trattata dall’amico Stefano Benni), ai vari discorsi filosofici o d’amore, alle teorie di fisica del biliardo dove alcuni addirittura paventavano che la tecnica del filotto avvenisse meglio nel nostro emisfero per via della gravità terrestre, ai quesiti dell’ubriaco sulla pioggia a zone per via del fatto che fumava sotto le terrazze grondanti dopo l’annaffiatura dei gerani. Ritengo che si debba consentire allo spettatore di riappropriarsi della propria capacità di analisi, di ascolto. Oramai, da più di dieci anni, nessuno ha più rispetto per il pubblico che è stato abituato ad un “gavage” (ingozzamento delle oche) di risate a raffica tali da svilire l’attività degli artisti e rincretinire le platee. Bisogna restituire il ruolo di platea al pubblico, con rispetto. La magia credo risieda proprio qui. Al pubblico piace e gratifica questo riconoscimento “intellettuale”, consentirgli di rilassarsi dopo l’ascolto di una canzone differenziando le storie, i racconti e le emozioni.

Cosa ti incuriosisce nelle persone al punto da decidere di scriverne una canzone?
Quando vedo certi personaggi, nei loro gesti, vestiti e smorfie percepisco immediatamente una storia, una serie di immagini che corrono veloci e ne colgo la sensibilità, l’odore, la tristezza, la pazzia. A quel punto mi scatta irrefrenabile la necessità di scrivere. Quello che vedo di fatto è già la fine, mentre quello che scrivo è la storia che precede il personaggio.

La tua musica è carica di sensualità, anche quando tratti argomenti sociali. Quanto influisce il fascino femminile nella tua scrittura?
Senza nulla togliere al Dolce Stilnovo e al nostro Dante, devo ammettere che è tutta colpa di Neruda – poeta e personalità che mi ha sempre affascinato. Nella versione teatrale dello spettacolo leggo, infatti, “Corpo di donna” un poema di sublime passione.

Come pensi che cambierà la tua carriera, dopo questo album?
Sono come un passeggero che sale al capolinea, vediamo dove mi porterà il tram.

Grazie Luca, ti saluto riconoscendo che chiudo l’intervista con la testa piena di spunti di riflessione e con quell’emozione che scaturisce sempre dall’incontro con persone piacevoli, profonde e accoglienti.  Sono sempre colpito dalle persone che hanno la dote di osservare la vita con intelligenza e – soprattutto – usando gli occhi del cuore. Ai lettori, consiglio di comprare e ascoltare “Cantautori e gente da bar”. Capirete cosa ho voluto dire!

Tracklist di “Cantautori e gente da bar”:

1. Paolino il bello
2. Caffè amaro
3. Capolinea
4. Bambino orchestrale
5. Alle prese con una verde milonga (Paolo Conte)
6. Bassa’s men
7. La sirenza del Frizòn
8. Io sorpasso
9. Notte (Lucio Dalla).


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Enzo Radunanza
Enzo Radunanza
Campano trapiantato a Bologna, è un copywriter che scrive sul web di cinema, teatro, tv, enogastronomia e musica.
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