L’Edera: “Il mio romanzo di formazione in tre minuti di musica”

Intervista al giovane cantautore L’Edera, fuori con il singolo “Asfalto” che anticipa l’uscita dell’Ep previsto per la prossima primavera

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L’Edera si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita di “Asfalto” © foto di Ettore Moncullo

Si intitola “Asfalto” il nuovo brano di Alberto Manco, alias L’Edera, cantautore pugliese classe ’95, originario di Santa Maria di Leuca. Il singolo, disponibile per Romolo Dischi/Pirames International a partire dallo scorso 28 gennaio, anticipa l’uscita dell’Ep previsto per la prossima primavera.

Cosa hai voluto raffigurare in questo affresco musicale?

“Asfalto” è una storia di crescita che accade nella periferia di qualcosa, un romanzo di formazione in tre minuti di musica, un lui, una lei e la strada che li separa.

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la composizione di questa canzone?

Un senso di frustrazione di fondo per alcuni brani che non riuscivo a chiudere e cose che non riuscivo ad ammettere. Le sigarette con mio fratello. Essere contento perché ero lontano da casa. Essere triste perché ero lontano da casa. “Rabbia” di Palahniuk. “Battle Born” dei Killers. La televisione per riuscire a dormire e svegliarsi più stanchi. Inevitabilmente queste cose si son rimescolate dentro di me e son venute fuori in “Asfalto”.

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La copertina di “Asfalto”

Che tipo di sonorità hai voluto abbracciare per rafforzare questo messaggio?

Volevo che il pezzo suonasse solenne, ma allo stesso tempo crudo. Come dicevo, racconta di periferia e di crescita e mi sono ispirato per certi versi a Springsteen per altri ai The Killers, per la capacità di rendere epico il racconto della periferia americana. Per tutta la traccia c’è una tensione di fondo, data dalla chitarra elettrica e dal beat, con delle carezze di tastiere e un momento di respiro prima di un ritornello che arriva diretto e potente come un pugno nello stomaco. 

Quando e come hai scoperto la tua passione per il canto?

Durante l’adolescenza ho militato in diverse band e mi son ritrovato spesso a cantare, non perché lo sapessi fare, ma perché ero quello che scriveva i testi e provava meno imbarazzo a cantarli in pubblico. Come per la chitarra, l’ho fatto da autodidatta, forse per questo faccio ancora fatica a vedermi come un cantante.

A cosa si deve la scelta del tuo nome d’arte?

È un omaggio a Le luci della centrale elettrica, progetto che apprezzo particolarmente.

Coltivi altre passioni oltre la musica? 

Sì, ho studiato beni culturali. Quindi per lo più cose che hanno a che fare con l’arte, il cinema e i maglioni brutti.

“Asfalto” anticipa l’uscita di un EP, cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?

Canzoni belle d’addio.

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Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
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