Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale

Ho conosciuto la macchina fotografica e mi sono perdutamente innamorato, la fotografia è educazione e rispetto

Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale 1
Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale – Stefano Magnanensi compositore direttore dell’orchestra di Domenica In

Andrea Roberto Cimini è nato in Liguria ma abita a Roma, da quando aveva solo dieci mesi. Roma era nel suo destino come la fotografia, che nella sua famiglia è stata una costante. Roberto da trent’anni è il fotografo di riferimento per settimanali e con puntualità e precisione racconta il mondo dello spettacolo.

La sua caratteristica, dice, è l’educazione e il rispetto che sono necessari ed irrinunciabili, quando ci si avvicina per ritrarre una persona che sia famosa o no.

La sua passione è nata osservando il padre stampatore e poi capo reparto di un laboratorio, dove si intrufolava per osservarne i gesti. Un mondo meraviglioso dove le immagini prendevano vita, attraverso un lungo processo di bagni, asciugature, che da bambino attiravano la sua attenzione.

L’idea di Roberto di seguire le orme del padre, viene parzialmente disattesa, quando lui s’innamora perdutamente della fotografia, che diventa il suo mestiere e – come dice lui – non conosce vacanza, perché la più bella è sempre una trasferta di lavoro con la sua immancabile macchina fotografica.

Roberto com’è nata questa passione?

La pellicola è sempre stata una di famiglia: mio papà era stampatore e poi capo reparto, idem lo zio Giorgio mentre lo zio Mario era operatore del cinema e nel dopoguerra ha lavorato in film come Morte a Venezia, per citarne solo uno! Come se non bastasse ha anche insegnato fotografia al centro sperimentale di Cinecittà.

Ho studiato fotografia alle scuole professionali pensando di fare lo stampatore, perché mi emozionava vedere nascere l’immagine che prendeva vita su un foglio di carta. Ad un certo punto, però, ho conosciuto la macchina fotografica e mi sono perdutamente innamorato. Alla fine degli anni ’60 quando era stagione e Roma era piena di turisti, da aprile a ottobre, mio papà per andare al lavoro prendeva il primo autobus alle cinque e tornava a mezzanotte.

La sera con mamma gli portavamo la cena ed io vagavo nelle camere oscure, lo seguivo per vederlo lavorare. Per me era un parco giochi fantastico dove rimanevo incantato dal lungo processo delle pellicole e delle fotografie che entravano nei bagni. Ho impresso nella memoria le pellicole volteggiare durante l’asciugatura, in una danza. Avevo sette otto anni e per me è stato un vero colpo di fulmine.

Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale Mara Venier
Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale – Mara Venier

Quell’attrazione fatale come è diventata il tuo mestiere?

Avevo tanti progetti che un brutto incidente in moto, proprio in Liguria, ha spazzato via. Sono rimasto bloccato per tre anni, dovendo recuperare i trami subiti, che hanno stravolto la mia esistenza.

Quando mi sono ripreso, ho fatto il commesso in un negozio di dischi, ma l’incontro casuale, o destinico, con il PR di Rocco Barocco, Biagio Arixi, mi ha riacceso la scintilla.

Grazie a lui ho conosciuto grandi fotografi con i quali ho collaborato per poi mettermi da solo. La fotografia, come ogni grande amore, può perdere la strada, allungarla, ma torna sempre. Questo è il mio mestiere e, per vie traverse, sono tornato a casa.

Cosa ti ha dato la fotografia?

Lavoro per un’agenzia la Pixonline e i miei scatti, ritraggono personaggi del mondo dello spettacolo. Chiunque io fotografi, mi regala qualcosa, arricchendomi. Credo che il rispetto e la fiducia siano fondamentali ed irrinunciabili.

Il mio lavoro è stimolante e mi aiuta a comprendere le persone anche quando le cose non vanno così bene ed il lavoro è complicato. Ogni incontro è stato importante e credo di essere diventato migliore, anche grazie a questo.

Che tipo fotografo sei?

Fotografo cercando di fare una cosa elegante e pulita rispettando quello che il committente richiede. Spesso lavoro in case private e quindi, ancora di più, è necessario muoversi in punta di piedi, senza irrompere. La pulizia della fotografia è fondamentale per me e forse è proprio questa la mia caratteristica.

Anche quando, per ragioni d’immagine, devo fare un ritratto sensuale, non rinuncio all’eleganza. Non amo il Photoshop e credo che le fotografie non andrebbero manipolate più di tanto, per cui cerco di scattare al meglio, con le luci giuste, un buon trucco e la giusta composizione.

Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale - Luigi Miliucci e Tommaso Martinelli
Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale – Luigi Miliucci e Tommaso Martinelli autori

Come funziona il tuo lavoro?

Per un certo periodo ho fatto degli eventi, perché c’era un po’ di crisi, sfruttando le occasioni per incontrare personaggi. Questo è un lavoro che si nutre di contatti, di relazioni, di passa parola.

Il posato è la mia specialità, non necessariamente in studio; molto spesso faccio servizi a casa loro, per poterli raccontare al meglio tra le loro cose e in un ambiente che li rappresenta.

Spesso sono in trasmissioni, come Domenica In, o sui set dei film, ma ammetto che non mi fa impazzire essere fotografo di scena, perché sono obbligato a stare vicino all’operatore e chi comanda è il regista, non si ha molta libertà d’azione e la creatività è mortificata.

Oggigiorno, l’artista gira con il macchinone e il cachemire, (una volta morivano di fame) e grazie al lavoro prezioso di truccatori e parrucchieri, il lavoro, per noi, è diventato più semplice. L’unico che ancora fatica è il paparazzo che deve trovare lo scatto giusto, al volo.

Sei molto discreto e non parli volentieri dei tanti personaggi famosi che ritrai. Puoi fare un’eccezione per noi?

Quello che mi piace è incontrare le persone e sto volentieri in mezzo alla gente soprattutto per lavoro. Per il resto del tempo, che è ben poco, amo la vita ritirata. Dicono di me che so stare al mio posto e credo che in quest’ambiente, sia un complimento.

Tra i tanti posso dirti che Vera Gemma, figlia di Giuliano, mi piace moltissimo come persona, così come la Pandolfi, graziosa, gentile e sempre molto disponibile. Leo Gullotta, che è un mostro di bravura, la prima volta che lo fotografai, a fare compere al mercato, gli chiesi se potesse muoversi, cercando di cambiare posa e atteggiamento tra uno scatto e l’altro.

Lui con un sorriso, fece un gesto con la mano, a rassicurarmi che non dimentico. Il servizio fu strepitoso. Poi c’è anche chi, per un capriccio, perché non si vede come vorrebbe, ti cancella un intero servizio. Insomma, da raccontare ce ne sarebbe davvero tanto!

Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale Emanuela Aureli
Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale – Emanuela Aureli

Quando non stai lavorando, a cosa ti dedichi?

Per me la passione è quello che faccio, non altro. Sono scapolo per cui il mio lavoro è tutto, sono spesso in viaggio per lavoro e i viaggi migliori, li ho fatti lavorando in compagnia della mia macchina fotografica, dalla quale non mi separo mai. 

Qual è il tuo viaggio con la fotografia?

Un viaggio ricco di soddisfazione perché così tanta gente ha creduto in me. Ho perso mio padre diciassette anni fa, ma mi manca ancora. Lui era il mio punto di riferimento, il mio faro. Credo che oggi sarebbe soddisfatto, anche se all’inizio avrebbe voluto per me un posto fisso, conoscendo bene l’ambiente e le difficoltà.

Solo non aveva fatto i conti con questa passione che inconsapevolmente mi aveva trasmessa. Ho un ricordo vivido del giorno della mia Prima Comunione, quando entrando in Chiesa, pensai che volevo fare il fotografo. In quel momento, è cominciato il mio viaggio in cui mi sono affidato e fidato. Un viaggio spesso anche molto complicato, in cui viene messa a dura prova la passione, che però, vince sempre.

Invito al viaggio attrazione fatale Linda Taddei la Pupa e il secchione
Invito al viaggio: Roberto Cimini, attrazione fatale – Linda Taddei La Pupa e il Secchione

Che cosa chiedi ancora alla fotografia?

Ho voluto con tutte le mie forze di poter fare questo mestiere e sono grato alla vita per aver esaudito il mio desiderio. Chiedo di poter continuare a farlo al meglio, con tutto me stesso.

Roberto si è raccontato con la stessa “pulizia” e ordine che predilige nelle sue fotografie. Mi ha colpito il racconto di quando bambino, osservando i gesti del padre stampatore, inconsapevolmente, s’innamora di quello che oggi è il suo mestiere. Attraverso le sue parole l’ho visto aggirarsi in laboratorio la sera, fantasticando su quello che le pellicole, da lì a poco, avrebbero rivelato, in quello che potrebbe essere la trama di un film…Grazie.

Condividi su:
Paola Ferro
Paola Ferro
Particolarmente Anomala O Liberamente Assemblata Ferro (& fuoco) Artigiana di parole. Innamorata delle persone, costantemente a caccia di anime e le loro storie. “… che di mare ne sa, quanto le onde” (grazie a chi lo ha detto di me)
Top