Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo

La fotografia è racconto, memoria, traccia ma qualche volta, è poesia

Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo Giuseppe Sanzo
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Agrigento, 21 luglio 1979 – Giuseppe in groppa al suo asinello

Gianfranco Jannuzzo, ho avuto la fortuna di ammirarlo più volte a teatro, dove ne ho apprezzato la sua innata eleganza. Un attore sorprendente che può far sorridere o riflettere, ma in entrambi i casi e a prescindere dal testo, riesce ad entrare in confidenza con il suo pubblico. Una conferma scoprire la sua passione per la fotografia, dove non mi ha meravigliato ritrovare la sua “essenza” in immagini che sono pura poesia, dove il bianco e nero ha la sua stessa signorilità.

Una sensibilità esercitata su tanti palcoscenici, che arriva di certo dalla sua amata Girgenti, dalla sua famiglia che ha tessuto una trama di affetti che ancora lo anima. Il nostro incontro, questo breve, intenso viaggio che mi ha permesso di fare con lui, è stato a dir poco sorprendente. Ancora una volta ho toccato con mano come la grandezza dell’arte, sia proprio quella di abbattere ogni umana demarcazione, ogni confine, ogni muro.

L’arte non si rinchiude né si limita e Gianfranco, o Iannuzzo come spesso viene chiamato, ne è la riprova. È uscito da poco il suo libro fotografico Gente mia, a cura di Angelo Pitrone edito da Medianova, dove racconta la sua Girgenti (Agrigento) con scatti realizzati a partire dagli anni ’70, fino agli ultimi del 2020, dove mostra, ancora una volta la sua sensibilità come uomo e come artista.

Invito al viaggio: Agrigento, 29 ago 1979- Via Santa Maria dei Greci
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Agrigento, 29 ago 1979- Via Santa Maria dei Greci

Ti ho visto tante volte a teatro, dove mi ha sempre affascinato il tuo eclettismo e non posso non esprimerti tutta la mia ammirazione…

Ti ringrazio e mi fai arrossire, ma accetto di buon grado un complimento che sento sincero. Ho studiato tutta la vita per potere ottenere questo eclettismo che mi riconosci, uno dei complimenti più belli che si possa fare ad un attore. Avendo studiato con il più grande di tutti, il paradigma assoluto dell’eclettismo in Italia, Gigi Proietti, l’ho imparato e questa patente, me la tengo ben stretta.

Spesso in teatro, ho avuto la sensazione di spiazzare il pubblico, perché ho studiato allo stesso modo testi di Shakespeare e Pirandello, o di Iannuzzo. Ma il teatro è magico e il rapporto con il pubblico, speciale. Ho avuto il privilegio di imparare da Gigi e da tutti i grandi con i quali ho lavorato e sono riconoscente a tutti loro.

 

Recitazione e fotografia, questo è il dilemma?

La passione per la fotografia e la recitazione, vanno di pari passo e sono nate insieme. Già qualche anno prima di decidere di fare l’attore, facevo ritratti ai miei amici, che non mi sopportavano più e si scansavano quando mi vedevano arrivare con la macchina fotografica. (Gianfranco se ne esce con una frase in dialetto agrigentino che vorrei farvi sentire!) La voglia di fotografare i volti, la gente è sempre stata forte e innata. Tutte e due le cose, recitare e fotografare, rispondono alla stessa esigenza di comunicare con gli altri.

Invito al viaggio: Leone (AG), 15 ago 1979- Venditore di fichi d'india
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Leone (AG), 15 ago 1979- Venditore di fichi d’india

Come nasce questo libro?

Il libro nasce per caso e dalla benevolenza di un mio amico carissimo Ryuichi Watanabe, proprietario della New Old Camera di Milano, che è diventato il punto di riferimento di tanti e dei più grandi fotografi professionisti e dove il 27 di ottobre, lo presenterò. A rendere possibile il progetto, l’amico Antonio Liotta che oltre ad essere medico, ha la passione per l’editoria e lo ha edito con Medianova.

La cosa più difficile è stato scegliere, tra le tante collezionate, perché per me erano tutte importanti e preziose. Mi ha aiutato un amico fotografo professionista di Agrigento, Angelo Pitrone che ne ha curato magistralmente anche la prefazione, costringendomi a farne una scelta crudele, insegnandomi a scriverne un racconto.

Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo

Gente mia è un racconto senza parole, dove le immagini si sostituiscono alla parola scritta …

Sì, è un racconto dove a corredo delle immagini ho voluto scrivere qualcosa di biografico, che va contro la mia naturale riservatezza, ma come in teatro, ho superato per esigenze di “incontro”. Io ricerco il rapporto con le persone in un viaggio attraverso sentimenti che sono di tutti. Il complimento più bello che mi viene riconosciuto in questo libro è che sono fotografie concesse, non rubate. Non si dovrebbe chiedere, Henri Cartier – Bresson, uno dei mostri sacri della fotografia, si rivolterebbe nella tomba.

Invito al viaggio: Carmelo e la moglie ricomprano la loro casa
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Agrigento, 7 Ago 2020 Carmelo e la moglie Emigrati in Belgio tornano dopo quarant’anni e ricomprano la casa che avevano dovuto vendere

Mi hanno fatto entrare nelle loro case, mostrandomi il meglio, quello che hanno di più prezioso. A quel punto, si è aperto un mondo. Una tra tutte, c’è una fotografia dove vedi due persone sul balcone, lui a torso nudo, che si sono tenuti la mano per tutto il tempo. Loro nel centro storico della mia Agrigento, che io chiamo Girgenti perché questo era il suo nome, nella parte alta quella araba, sono tornati dopo essere emigrati in Belgio per lavorare nelle miniere.

Così facendo hanno sistemato quattro figli che grazie al loro sacrificio, si sono laureati. Dopo aver assolto i loro doveri di genitori, sono voluti tornare a casa, ricomprando proprio quella che avevano venduto. Una storia bellissima di cui come agrigentino, ma anche come italiano sono fiero.

Un fenomeno che non riguarda solo noi meridionali o il mio orticello del centro storico agrigentino, per fortuna, ma tutta l’Italia. Sono grato al lettore del libro e allo spettatore che viene a teatro, per la certezza che mi danno di come questi sentimenti siano comuni a tutti noi. Siamo orgogliosi di essere italiani anche se ogni tanto, ce ne dimentichiamo. Queste fotografie raccontano storie, con davvero poche parole.

Un viaggio a ritroso per ritrovare i luoghi dove sei nato e dove affondano le tue radici. Una raccolta di immagini scattate a partire dagli anni ’70, fino al 2020…

Andavo a visitare posti dove mamma e papà erano nati, quando tornavo ogni estate, ad Agrigento.  Ci eravamo infatti trasferiti a Roma, quando io avevo solo dodici anni, primo di cinque fratelli; un trasferimento che decisero per avere una sede universitaria, quando fosse arrivato il momento. Appena fui in età di innamoramenti fotografici con le prime macchine, romanticamente, tornavo dove i miei genitori Giuseppe e Liliana, avevano vissuto.

Invito al viaggio: Roma , 24 Mar 1979 Autoritratto
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Roma , 24 Mar 1979 Autoritratto

Papà viveva in un quartiere arabo sulla collina detto Santa Maria dei Greci, che prende il nome da una cattedrale bizantina; mamma invece, abitava in un quartiere più elegante, uno di quelli che se la tirano un po’, con i viali dove si andava a fare lo struscio. Mamma e papà si sono amati moltissimo anche se provenivano da luoghi così diversi e apparentemente estranei.

Dopo quasi quarant’anni sono tornato a fotografare ad Agrigento, che non ha perso la sua anima, anche se sono spariti il maniscalco, l’impagliatore di sedie e al loro posto ci sono degli stranieri, che noi agrigentini abbiamo accolto con naturalezza e il rispetto dovuto, consapevoli come sia doloroso sempre e comunque lasciare la propria terra.

Pensa che abbiamo dato il cuore ad un Santo nero, San Calò, anche se il santo patrono sarebbe San Gerlando, alto e biondo. Potevo evitare di affermare che Agrigento è la città più bella del mondo…ma non ho resistito! Gente mia è un libro per raccontare l’amore per le persone, i luoghi, gli oggetti.

Che tipo di viaggio si fa con la tua fotografia?

Attraverso l’imprescindibilità del rapporto umano. Ho prodotto tante fotografie, ma quando mi è stato proposto da alcuni amici il censimento dei cortili di Agrigento, io ho risposto volentieri, ma di quei cortili voglio fotografare chi ci vive. Tutti quelli che vivono nei cortili, nei centri storici, sono un po’ degli eroi.

Perché sono case faticose, che necessitano di restauri accurati, ma vuoi mettere la bellezza di quei balconcini con grate barocche, dei vecchi portali fatti da maestri scalpellini greci, bizantini? Le facce, lo sguardo di chi mi apriva casa, invitandomi ad entrare. L’ospitalità è il dono più prezioso, impareggiabile.

Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo
Gianfranco Jannuzzo – Galleria 2 16 Giu 2017

Il dialogo, la cura e il rispetto sono il fil rouge che lega il teatro e il tuo rapporto con il pubblico, così come i protagonisti dei tuoi ritratti?

Era il sogno che aveva Gigi Proietti di formare rampolli: “Siete qua- diceva- non perché ve lo ha ordinato il medico, ma perché avete del talento. Datevi da fare, nessuno vi regalerà niente. Potete emulare, copiare quelli che sono più bravi, ma se trovate la vostra strada è meglio.” Cura e rispetto dello spettatore sono importanti come instaurare un rapporto, un’intesa con il soggetto che voglio ritrarre.

Non ti è mai capitato di vedere un ritratto dove la persona, che sia un personaggio famoso, un estraneo o uno di famiglia, non lo riconosci, ma vedi solo uno sguardo vuoto? Ma se invece c’è quella luce negli occhi, se vedi riflessa la sua anima allora è “Tana!”. La fotografia è racconto, memoria, traccia, ma qualche volta è poesia.

Mi piacciono molto le scene dove le persone si muovono, casualmente. Quando creo il rapporto e guardo in camera, se non si instaura quel rapporto di fiducia, l’anima di quello sguardo non la becchi mai, neanche se sei il più grande in assoluto, come Ferdinando Scianna o Berengo Gardin.

Colore o bianco nero?

Bianco e nero, alcuni ci hanno insegnato a fotografare anche le fiamme. Il colore distrae, distoglie dai particolari, vince il più prepotente, impedendoci di vederne i particolari, ci perdiamo qualcosa. Invece il bianco e nero ci costringe ad andare oltre, ad immaginare, facendo uno sforzo meraviglioso e poetico. Non importa immaginare i colori, perché li hai in testa.

Armonia pura tra i grigi, le ombre, sfumature impercettibili, ma meravigliose. Da ragazzo ho fotografato anche i templi, i monumenti, in luce e controluce, ma se c’è una persona che passa di lì è sempre più bello. Ci sono le proporzioni e il movimento.

Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo - Milano, 27 luglio 2017
Invito al viaggio: Gianfranco Jannuzzo – Milano, 27 luglio 2017

Mi piace che ci sia un elemento umano o animale come nella mia fotografia del Colosseo Quadrato (Palazzo della Civiltà italiana) all’Eur di Roma, dove con un gioco di prospettiva sembra un cavallo che tiri la sua carrozza.

Che cosa chiedi alla fotografia?

Di fermare quel momento, di preservare il tempo. È il rapporto con il tempo che ci fa fare una fotografia. La donna che ami, il luogo che vuoi ricordare, è un’illusione pensare di trattenere quel sorriso, quell’espressione.

Ne sono consapevole ed è in qualche modo la relazione che c’è tra il teatro e la vita, dove lo spettatore sa bene che è una finzione, ma il mio compito è di far dimenticare la realtà facendolo entrare nella storia. La fotografia, in fondo, quando è riuscita, ha lo stesso potere magico e imperituro.

Questo viaggio continuerà tra le pagine di Gente mia, per conoscere le storie che Gianfranco Jannuzzo ha voluto raccontare, senza l’ausilio delle parole, permettendoci di percorrere con lui non solo le stradine della meravigliosa Girgenti, ma di varcare la soglia delle loro abitazioni, arrivando alla parte più intima, dove sono il cuore e l’anima delle persone. Voglio ringraziare Gianfranco per avermi fatta entrare nel suo “camerino” potendolo vedere da vicino, che è molto di più che guardare. Un grazie speciale anche a Massimiliano Beneggi che lo ha reso possibile.

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Paola Ferro
Paola Ferro
Particolarmente Anomala O Liberamente Assemblata Ferro (& fuoco) Artigiana di parole. Innamorata delle persone, costantemente a caccia di anime e le loro storie. “… che di mare ne sa, quanto le onde” (grazie a chi lo ha detto di me)
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