Giulio Nenna: Dividere la musica in categorie è sbagliato. Vi spiego perché

Giulio Nenna: Dividere la musica in categorie è sbagliato. Vi spiego perché
Giulio Nenna: “Con Irama un incontro molto fortunato grazie alla nostra curiosità di esplorare diversi mondi musicali”


Giulio Nenna: Si possono suonare diversi generi. L’unico limite è quello che si può dare l’artista stesso

Giulio Nenna è stato, nel 2015, a soli 26 anni, uno dei più giovani Direttori d’Orchestra nella storia ad approdare sul palcoscenico del Teatro Ariston per il Festival di Sanremo. Quell’anno seguiva Irama, con il quale avrebbe poi dato vita ad altri successi importantissimi. Nel 2017 diresse anche Francesco Guasti.

Produttore che ama inserire nei suoi lavori un po’ della sua cultura musicale di ogni epoca, da quella rinascimentale a quella barocca fino a quella popolare, Giulio Nenna iniziò a studiare pianoforte all’età di cinque anni. La musica è chiaramente la sua vita, ma questo non gli ha impedito di concludere i suoi studi universitari in economia. E, chissà, forse è anche per questo che sa sempre azzeccare ogni pezzo di successo per il mercato musicale, contaminando tra loro diversi generi in maniera decisamente geniale.

Giulio Nenna è il nuovo ospite di Musica Maestro.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
Giulio Nenna è il diciannovesimo ospite della rubrica Musica Maestro

Giulio, come ti affacciasti al mondo della musica?

Per circa vent’anni ho frequentato lezioni private di pianoforte presso varie scuole, specie alla Music Time di Milano. Successivamente ho conosciuto Angelo Valori, ai tempi responsabile del corso di pop music al Conservatorio di Pescara, con insegnati davvero eccellenti. Da lì si aprirono le strade per i contatti con le etichette più importanti. Mi specializzai quindi in composizione e produzione, studiando anche alla Pop Academy di Mannheim, in Germania, dove ero in classe con Alice Merton (celebre per la sua No roots, ndr). Ho iniziato a lavorare da subito fortunatamente e, al termine del percorso di studio a Pescara, ho conosciuto Irama.

Un incontro che ha cambiato le sorti di entrambi.

Abbiamo iniziato subito in effetti a lavorare insieme a livello professionale: il debutto fu a Sanremo Giovani nel 2015. Era la prima volta che dirigevo un’orchestra così importante. Un incontro molto fortunato: arrivavamo da esperienze diverse ed entrambi siamo estremamente curiosi di esplorare diversi mondi musicali. Inizialmente lui era immerso in un mondo urban, hip pop; io, invece, ero focalizzato nella musica del Mediterraneo. Proposi quindi a Filippo di scrivere con il suo stile, ma anziché su un ritmo trainante di batteria avrebbe dovuto provare a farlo su un giro di pianoforte. E così ne nacque Cosa resterà.

Nessuna difficoltà a convincerlo?

No, per lui era una cosa bellissima e diversa dal solito.

Seguire senza paura l’unicità di quello che si sente è fondamentale, perché solo così ci si distingue sul mercato.

Fu più difficile convincere gli altri, prima su tutti l’etichetta per cui lavoravamo, ma già dalle prime prove ufficiali arrivarono complimenti autorevoli. Uno su tutti, quello di Giovanni Allevi per la coniugazione della musica con l’esigenza di Irama di raccontare qualcosa.

Avete cambiato radicalmente vari generi senza porvi limiti. Una bella sfida…

Oggi si tende a dividere la musica in categorie, anche per facilitare le cosiddette playlist di consumo: c’è quella per rilassarsi, quella per andare a correre, ecc…In realtà la musica appartiene sempre allo stesso mondo: io e Filippo abbiamo sempre seguito un eclettismo che ci consente di passare da La genesi del tuo colore a Nera, che può sembrare una canzonetta leggera e invece ha in sé una cultura un po’ spagnola. Si può passare da un genere a un altro senza problemi. L’unico confine possibile è quello che sente l’artista stesso. Freddy Mercury è un esempio di quanto sto dicendo: ha spaziato tra diversi generi, eppure è sempre Freddy Mercury!

In tanti ci hanno raccontato che le prove sono il momento più importante per un Direttore d’Orchestra. Tu che quest’anno non hai potuto salire sul palcoscenico (uno dello staff era risultato positivo al Covid-19), però, forse ci puoi raccontare cosa ti è mancato nella diretta.

Le prove sono molto importanti e delicati: è in quel momento che il Direttore verifica che il pezzo suoni come ha in mente il produttore. Tutto deve suonare alla perfezione. In questo caso mi era più facile perché il pezzo l’avevo co-prodotto io stesso con Dardust. Anche le prove sono emozionanti quando si ha a che fare con un’Orchestra come quella della Rai: esibirsi in diretta è però ovviamente diverso. La soglia di emozione cambia completamente. Sul palcoscenico lo scambio che c’è tra Direttore e Orchestra è anzitutto emotivo.

Mi è dispiaciuto quindi che, nella prova andata in onda, mancasse quel surplus di emotività che avremmo sicuramente tirato fuori insieme.

Come si dirige un’Orchestra che in quei giorni è coinvolta in tantissime produzioni e lavora con altrettanti direttori?

È un’esperienza impegnativa da sostenere, perché si hanno davanti i Maestri più importanti che ci possano essere in Italia. È fondamentale quindi rapportarsi con loro con il massimo rispetto, rendendoli partecipi nel pezzo e tenendo il timone dritto rispetto alla direzione che si vuole dare al pezzo.

I musicisti sono artisti prima di tutto: ciascuno di loro ha un gusto diverso e il Direttore deve convogliare tutto questo per dare un’unica impronta al brano.

Per farlo bisogna confrontarsi su ogni dettaglio.

Progetti per il 2022?

Sto seguendo il primo disco del progetto Rockin’1000, nato da ragazzi di Cesena che volevano portare nella loro città i Fighters: per farlo hanno realizzato una cover di un loro brano eseguito da mille musicisti. Da questo è nato il progetto di una rock band composta da mille musicisti che sta riempiendo gli stadi di tutto il mondo. Inizieremo i lavori in autunno, quindi credo sarà pronto per la prossima primavera.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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