“Gimondi e il cannibale”: la metafora eroica di Ruggeri

L’eroe riconosce i punti di forza dell’avversario e li sa sfruttare per crescere

Gimondi contro Merckx: la nuova puntata di Musica ed Eroi è per loro. Il grandissimo ciclista bergamasco contro il “cannibale”. Questo dualismo ha acceso l’interesse degli appassionati sportivi tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. L’italiano, vincitore di tre Giri d’Italia, una Vuelta, un Tour de France, un campionato mondiale e numerose classiche, si è sempre contraddistinto per eleganza e discrezione. Il belga è stato il suo avversario quasi imbattibile, senza pietà e sempre assetato di vittoria, ma rispettoso e signore allo stesso modo. Tutti abbiamo nella vita un rivale senza il quale la strada sarebbe apparentemente più facile.

Felice Gimondi, senza Eddy Merckx, avrebbe vinto ancora di più. Forse, però, in quel modo non sarebbe l’eroe che è stato.

Proprio nel suo confrontarsi con un leale fuoriclasse, Gimondi ha sempre dimostrato nella sua serietà un amore per le sfide, ben consapevole di avere davanti uno dei più vincenti sportivi della storia. Lui, però, la sua ruota da quella di Merckx non l’ha mai allontanata.

Per questo Enrico Ruggeri, vent’anni, fa gli dedicò il brano “Gimondi e il cannibale”. Una canzone scritta come se a raccontarsi fosse proprio il ciclista italiano, scomparso nel 2019. La penna di Ruggeri e Luigi Schiavone va così a delineare la storia di uno sportivo che non si arrende mai, ombra del suo stesso rivale a cui metteva sempre il fiato sul collo. E che, a dispetto della leggenda che lo voleva unicamente “eterno secondo”, in più di una circostanza superava.

Il brano, che sembra avere l’incedere di una pedalata lenta e vincente in un’ipotetica tappa, si apre nell’inciso che molti ricorderanno anche per essere stato sigla del Giro 2000. Fu il singolo di lancio dell’album L’uomo che vola. Le parole del testo, vanno persino oltre il fatto sportivo.

“Gimondi e il cannibale” narra la metafora della vita che il ciclismo descrive tappa dopo tappa.

La fatica del corridore in salita è attenuata proprio dalla presenza del rivale onnipresente raccontata da Ruggeri. “Quando la strada sale non ti voltare, io ci sarò”. Quasi una rassicurazione dietro a questa sfida lanciata da Gimondi, talmente legato nei valori dello sport da rinunciare a indossare la maglia rosa quando il Giro ripartì senza Merckx, fino a quel momento leader, fermato per doping.

Il brano passa su un piano persino filosofico ricordando il senso del tempo per chi, come i due protagonisti, dà il cuore per raggiungere l’obiettivo. L’orologio prende il tempo, ma non ci sono più vincitori né vinti oltre un certo livello.

Se il tempo non conta più, cronometrarlo non ha più senso.

Ormai al traguardo, in questa gara, i vincitori sono solo loro due: il gruppo è troppo distante.

Troppe volte corriamo e ci dimentichiamo che stiamo perdendo il valore di ciò che facciamo. Talvolta scordiamo che chi ci è di fianco potrebbe non essere un rivale, ma il miglior collaboratore per raggiungere la vetta dei traguardi più importanti. L’eroe sa riconoscere anche questo: senza approfittare solo dei punti deboli dell’altro, ma sfruttando anche la forte spinta dell’altro.

E’ solo un insieme di regole a metterci gli uni contro gli altri davanti al pubblico: se si combatte con lealtà, però, si può solo crescere.

Come ama spesso ripetere Ruggeri raccontando questo brano, ognuno è il giudice di se stesso: la classifica ufficiale non ha più senso di fronte alla nostra graduatoria fatta di valori e convinzioni. Se si dà il massimo, la battaglia è sempre vinta. A volte Ettore può essere più eroicamente vincente di Achille.

Gimondi e il cannibale, con il suo trasporto emotivo che unisce rock e melodia creando le suggestioni che solo Ruggeri ha sempre saputo realizzare, si inserisce così di diritto nella musica eroica.

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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