Giancarlo Di Maria: Così orchestro senza salire sul palco

Giancarlo Di Maria: Così orchestro senza salire sul palco
Il Maestro Giancarlo Di Maria, qui fotografato da Riccardo Sarti

Giancarlo Di Maria ci racconta cosa voglia dire lavorare sulle orchestrazioni senza essere necessariamente il Direttore d’Orchestra.


Giancarlo Di Maria: compositore, cantautore, arrangiatore, ma anche Direttore d’Orchestra.

Un vero osservatore tecnico in grado di apportare modifiche decisive e vincenti per brani che, con il suo intervento, hanno trovato il loro vestito musicale più appropriato.

Al Festival di Sanremo è a tutti gli effetti un veterano, anche se in molti non lo sanno perché

Giancarlo Di Maria lavora spesso sulle orchestrazioni, ma dietro le quinte.

Intorno alla produzione di un brano e alla sua orchestrazione c’è molto più lavoro di quello che non immaginiamo: oggi ce ne renderemo conto particolarmente.

Musicista sin da quando era ragazzino, Giancarlo Di Maria vanta tre partecipazioni da autore allo Zecchino d’Oro, oltre a preziose collaborazioni con i più grandi della nostra canzone, da Andrea Bocelli a Laura Pausini, passando per Mina e Adriano Celentano.

Eccolo ospite della nostra nuova puntata di Musica Maestro.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
Giancarlo Di Maria è il sedicesimo ospite della rubrica Musica Maestro

 

Giancarlo, sei uno dei più storici Direttori d’orchestra del Festival di Sanremo. A quando risale la prima esperienza?

 

Era il 1992, realizzai l’orchestrazione del brano Portami a ballare, di Luca Barbarossa. Di Festival in effetti ne ho fatti tantissimi, stando dietro le quinte. Non mi sento però di definirmi principalmente un Direttore d’orchestra ma piuttosto un arrangiatore e orchestratore.

 

Spesso l’arrangiatore coincide con il direttore d’orchestra a Sanremo, ma non è in effetti una regola. Hai mai arrangiato brani orchestrati poi da altri?

 

È difficile, è capitato più facilmente di avere orchestrato brani arrangiati da altri. Ho avuto la fortuna di lavorare tantissimo con il Maestro Celso Valli orchestrando brani di cui lui ne aveva curato l’arrangiamento

 

Ecco entriamo nel dettaglio quindi, cosa significa orchestrare una canzone?

 

Vuol dire partire dall’arrangiamento esistente, solitamente già realizzato con l’ausilio di strumenti virtuali, trascrivendo e disponendo  su una partitura, adattando le parti alle varie sezioni d’orchestra. 


Per fare un esempio, se nell’arrangiamento ci sono archi il cui suono è prodotto  da una tastiera, si scrive quella parte in modo tale che gli archi veri possano eseguirla in modo corretto.

A Sanremo, per fortuna, esiste ancora questa peculiarità: si suona live.

 

Come iniziò la tua carriera artistica?

Sono sempre stato musicalmente predisposto. Ho avuto un’infanzia molto faticosa a causa di vari problemi fisici, per cui ho avuto la possibilità di studiare  musica solo dopo i 13 anni. Il mio primo lavoro  fu con Roberto Costa nel 1992,  all’epoca ero un giovane studente del Conservatorio di Bologna.

Venni contattato tramite la Fonoprint di Bologna per fare l’adattamento orchestrale di Portami a ballare e di Con un amico vicinodi Andrea Mingardi e Alessandro Bono. Entrambe le canzoni erano prodotte da Roberto Costa, nonché direttore d’orchestra per il Festival di Sanremo. Portami a ballare poi vinse il Festival.

Un altro successo al Festival di Sanremo fu Colpo di fulmine, cantata da Lola Ponce e Gio Di Tonno. Lì dirigevi tu stesso l’orchestra, che era fondamentale anche per regalare al brano uno spessore ancora più elevato: si avverte subito la differenza che può fare l’orchestra nella storia di una canzone?

 

Era un brano tipicamente sanremese. Ecco, in quel caso scrissi gli archi con Celso Valli: gli arrangiamenti erano di Massimo Varini, assemblai tutto adattando ogni strumento per l’orchestra di Sanremo e diressi l’orchestra al Festival‍. Ovviamente l’obiettivo è sempre fare suonare l’orchestra al meglio per ottenere il massimo risultato: sin dalle prove e dalla prima esibizione ebbi conferma che l’adattamento orchestrale funzionava in maniera ottimale, ben amalgamato alle voci rendendo il brano di grande impatto.

Talvolta lavori per grandi successi i cui meriti vanno comunque solo agli interpreti: come vivi questa situazione?

Serenamente: è un lavoro, ognuno ha il proprio ruolo. Certo che per il pubblico è “luogo comune” attribuire tutti i meriti a chi è esposto visivamente: il cantante, il direttore d’orchestra, il singolo musicista sul palco ecc. Tutto questo è plausibile, anche perché al momento delle esibizioni

non è possibile elencare nel dettaglio chi e con che ruolo ha reso possibile l’esecuzione.

Progetti futuri?

Ho lavorato per un progetto discografico con un artista venezuelano Cabruja, l’album uscirà a dicembre a seguito del primo singolo previsto per fine settembre. Ci tengo molto perché è un album pieno di sfumature, lui canta in venezuelano, inglese, spagnolo, italiano. Mi ha colpito molto e per questo ho accettato di lavorare con lui. Lo abbiamo realizzato facendo largo uso di archi, ci sono tante cover, pezzi tradizionali venezuelani e solo due inediti.

Altri progetti futuri in cantiere alcuni per quanta riguardano le nuove produzioni, con la mente a Festival e concerti, ma purtroppo permane l’incertezza causata dalla attuale emergenza sanitaria che ancora oggi ci fa vivere uno stato di “quasi fermo. La maggior parte dei progetti live è in standby.  

Si è parlato molto, con il lockdown, della musica che unisce sui balconi e della sua capacità di andare oltre gli ostacoli. Eppure talvolta sembra complicatissimo parlare di vera musica oggi. Cos’è per te la musica nel 2021?

Credo che la musica che unisce sui balconi possa essere eseguita in qualche modo da chiunque abbia preso confidenza con uno strumento o sia intonato nel canto. Personalmente penso alla musica come un’arte e vorrei che il vero artista potesse fare musica professionalmente e per questo venisseretribuito adeguatamente e  tutelato come un qualsiasi professionista.

Sono speranzoso che la riapertura faccia sì che le persone apprezzino nuovamente i live eseguiti dai professionisti del settore e che vi sia un ritorno alla qualità artistica e non solo all’immagine.

Purtroppo però attualmente l’asticella della qualità si è un abbassata.

La musica nel 2021 è molto più concentrata verso il suono che verso la composizione. La costruzione dei pezzi è più semplice, così anche le soluzioni armoniche, la tecnologia e gli strumenti virtuali sono sempre più prevalenti nelle produzioni.

Ogni epoca ha un suo modo di esprimersi anche musicalmente, vedremo nel futuro quale sarà l’evoluzione. Gli esempi passati mi hanno insegnato a non dare niente per perso e niente per scontato.

 

 

 

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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