Elia Fongaro: dal Grande Fratello agli sfarzi di Roma antica

Frank Sinatra? Ascoltarlo mi rilassa e riequilibra

 

Incontro Elia Fongaro in un pub del centro di Milano, ha appena finito di fare uno shooting fotografico per una rivista. Musica jazz, una sana spremuta di agrumi e iniziamo la nostra intervista. Un giovane uomo con ben chiaro cosa vuole realizzare nella sua vita. Elegante, cortese … d’altri tempi.

Quale musica ascolti?

Ascolto musica vintage, il jazz mi piace molto, in particolar modo Frank Sinatra, questo genere di musica mi rilassa e mi crea uno stato mentale di equilibrio,  tra gli Italiani sicuramente Antonello Venditti,  è quello che preferisco in assoluto, pur non essendo romano.

 

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Elia Fongaro

Una canzone per ogni occasione? A cena per esempio cosa ascolteresti?

Sicuramente Frank Sinatra. Mi piace anche la musica classica che ha il potere di rasserenarmi, posso ascoltare anche del Rock ma deve esserci la situazione giusta, mai la mattina appena sveglio!

Che tipo di bambino sei stato?

Sono stato un bambino un po’ particolare, non comune; molto competitivo ed esigente, ho sempre chiesto a me stesso di dare il meglio in qualunque situazione nella vita, nella scuola e nello sport. Ho avuto un’infanzia serena, ho sempre avuto una mia spiccata identità una mia linea di pensiero.  Un episodio simpatico che ricordo: a sette anni sono stato una notte intera sveglio nascosto accanto al camino, per capire se babbo natale esistesse davvero. Il bisogno di capire e la molta curiosità mi spingeva e mi spinge, ancora adesso, a cercare di dissipare ogni dubbio.

I tuoi sogni di bambino?

Vengo da un contesto molto umile da famiglia normale che mi ha insegnato i valori importanti della vita. Come tanti bambini italiani ho sognato di fare il calciatore, poi la vita mi ha permesso di fare questo viaggio stupendo, secondo un disegno che forse era già predestinato per me.

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Quindi non hai mai sognato di fare il mestiere che fai?

Non è mai stata la fama il mio obiettivo, non mi interessa la visibilità se non come mezzo per raggiungere la mia emancipazione, un’affermazione, una realizzazione personale.

Ho sempre desiderato andare a scuola e fare del mio meglio, non tanto per diventare un medico o un ingegnere ma per riuscire nella vita riscattando e ripagando la mia famiglia di tutti i sacrifici fatti.

La tua favola preferita?

I tre porcellini che tutte le sere mi facevo leggere dalla mia mamma, anche conoscendola a memoria. Probabilmente mi affascinava l’idea della costruzione di questa casa dalla precarietà della paglia alla solidità del mattone, e come vedi ancora oggi mi rappresenta: sono ancora alla paglia ma sto lavorando!

A spasso nel tempo: in quale epoca ti piacerebbe catapultarti?

La storia è la mia materia preferita, e c’è più di un’epoca storica nella quale vorrei viaggiare: dall’epoca classica di Atene all’antica e fastosa Roma, dal Medioevo al Rinascimento. Attualizzando dovendo sceglierne una, visto che è da poco passato il 4 novembre ricorrenza del centenario della fine della prima guerra mondiale, mi sembra importante ricordare lo spirito di sacrificio, quell’identità  e i valori di quel momento storico e scegliere di rivivere quei momenti sarebbe molto emozionante .

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Pensi di essere vissuto in qualcuna di queste epoche?

Credo che dal punto di vista spirituale io non abbia ancora compiuto il mio percorso nella comprensione profonda. Ho fede, sono in cammino e sulla reincarnazione non ho ancora un’idea precisa, sono combattuto tra la ragione che ne dà una spiegazione puramente scientifica e la parte di me più creativa e spirituale.

Quali sono i sintomi dell’innamoramento?

Uno scambio chimico, un’energia che non si sceglie ma arriva.

Amore è…

Amore è vita, è anteporre i bisogni dell’altro ai tuoi, amore è sapere che magari non è giusto ma non ne puoi fare a meno.

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Juditta D’Arienzo
Juditta D’Arienzo
Nata in Venezuela, conserva con orgoglio lo spirito sudamericano del “piacere del vivere”, si è perfezionata al fianco del Maestro Mike Bongiorno. Oggi, forte della sua sensibilità si dedica alla scrittura e nello specifico si avvicina “con tatto” agli artisti per far emergere il loro aspetto più umano, fuori dalle scene, a riflettori spenti.
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