E il Giro d’Italia rese eroica la ‘Turandot’

Ecco cosa accomuna Puccini e…Pantani

E il Giro d’Italia rese eroica la ‘Turandot’
Giro d’Italia 2020: da domani, sabato 3 ottobre, ripartirà la corsa rosa dopo tanta attesa.

Lo sport simbolo della fatica e del gioco di gruppo più di ogni altro, domani affronterà la prima delle ventuno tappe. Leader e favoriti, ma soprattutto gregari pronti a lavorare con sacrificio per i proprio capitani: un impatto emotivo più volte raccontato anche dalla musica.

Esattamente come Morricone con i western, Badelt con i pirati, in tanti si sono prodigati per scrivere le imprese che hanno fatto sognare gli italiani.

La seconda parte di Musica ed Eroi la dedichiamo quindi alle canzoni dedicate ai protagonisti del ciclismo.

Giro d’Italia è infatti sinonimo di grandi battaglie sportive.

Sotto pioggia, neve, vento e sole battente in più di venti giorni, la divisa da corridore diventa a tutti gli effetti quella di un eroe.

E il Giro d’Italia rese eroica la ‘Turandot’ 1

Non possiamo cominciare questo viaggio senza ricordare due celebri sigle del Giro d’Italia.

La più storica, trionfale e amata rimane senza alcun dubbio quella che, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, accompagnò le imprese di Hampsten, Bugno, Chioccioli e Indurain.

Il ‘Nessun dorma’ di Puccini cantato dal tenore Giuseppe Di Stefano riportava al leggendario scambio della borraccia tra Coppi e Bartali.

Il grido ‘Vinceró’ assume un tono naturalmente del tutto diverso da quello originario della Turandot pucciniana. Lì infatti il protagonista Calef si mostrava sicuro di sè nel fatto che la principessa, non scoprendo il suo nome, sarebbe stata costretta a sposarlo appena finita la notte. In caso contrario, lei avrebbe potuto ucciderlo.

Eppure, quanti non hanno mai conosciuto la vera storia della Turandot e hanno creduto che quel ‘Vincerò’ fosse legato a qualche guerra. Ci ha pensato dunque il ciclismo a dargli il significato popolare.

Ci voleva il Giro d’Italia per rendere eroica una romanza che oggi, in un testo decisamente maschilista, solleverebbe polemiche a non finire.

Arpe, sordina, celesta e legni creano l’incanto della sinfonia che cresce di intensità fino a quel grido finale che la Rai trasmetteva con il ciclista involato verso il traguardo.

Il Giro d’Italia commentato da Adriano De Zan conobbe così la musica operistica

per presentare ogni giorno la rincorsa alla maglia rosa.

E il Giro d’Italia rese eroica la ‘Turandot’ 2

Dopo qualche anno, nel 1996, la sigla con il testo di Elisabetta Mondini non si lascia sfuggire l’ironia ‘La bici l’ho voluta io e tiro la volata ormai’. La canzone è un rap che forse 24 anni dopo, sui social, raccoglierebbe anche molti più consensi. Diventa una canzone eroica poiché cantata dal mito ciclistico per eccellenza degli ultimi 40 anni: Marco Pantani, in quella edizione fuori gara per infortunio.

In quella che fu l’ultima edizione targata Mediaset, il Giro d’Italia esordì apriva dunque con quel rap autobiografico decisamente poco esaltante, eppure indimenticabile per l’interprete. Che, diciamolo, dal punto di vista musicale era proprio la parte meno interessante della canzone.

In altre edizioni furono utilizzati brani di cantautori che analizzeremo nelle prossime settimane.

La musica quindi ha sempre raccontato in qualche modo il ciclismo e la sua instancabile fatica che lo fa avvicinare alla filosofia stoica.

Il corpo si potenzia nello sforzo,

diventando così la nostra arma micidiale per affrontare tutte le salite.

Vedendo nell’attesa l’ostacolo di chi dipende dal domani e spreca l’oggi. Senza paura del dolore, certi che andrà a finire dopo qualche tornante che accompagna verso la vetta.


Ecco come il ciclismo diventa metafora della vita.

Così la montagna viene vissuta e raccontata quale simbolo di leggendarie azioni.

Ecco perché, le canzoni dedicate al Giro d’Italia e a questo meraviglioso sport, si inseriscono nella categoria della musica eroica.  

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Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
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