Watt: unità di misura della potenza del loro Rock

Crediamo nell’unità di gruppo e lavoriamo ai brani in maniera collettiva

Watt: unità di misura della potenza del loro Rock
Matteo è mio fratello, Luca “Vita” e Luca “Corbi” hanno fatto insieme la scuola materna

I Watt nascono nel 2013 grazie all’incontro di Luca Vitariello, chitarrista, Matteo Rampoldi, batterista e Luca Corbani, bassista.

Sono un gruppo di tredicenni con una grande passione per la musica. L’anno successivo si unisce a loro la giovanissima Greta Rampoldi, che non ha ancora dieci anni. Brano dopo brano, riconoscimento dopo riconoscimento, nel 2020 vincono il Festival di Castrocaro con il brano “Fiori da Hiroshima”. “Hey” è il nuovo singolo, un brano che nasce da un giro di pianoforte e da una cassa in 4/4. Il testo racconta la fine di una storia d’amore e di come, in poco tempo, le cose possano inaspettatamente cambiare. Quello che era amore improvvisamente si trasforma in distacco e, senza sapere perché, ci si ritrova diversi e incompatibili.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Greta e ci siamo fatti raccontare che sono i Watt.

Cominciamo da te, Greta. Sei la musicista più giovane che si è esibita sul palco dell’Alcatraz di Milano, hai suonato allo stadio di San Siro, sei finita su “D Repubblica delle donne”. Te lo aspettavi?

Sinceramente no. Ho iniziato per gioco. Il mio sogno è sempre stato fare la cantante e, passo dopo passo, vedevo questo sogno che si avverava. Mentre succedeva non mi rendevo conto di quanto stessi facendo e solo adesso ho la consapevolezza che sto realizzando ciò che volevo fare.

Siete tutti giovanissimi. Come vi siete incontrati?

Matteo è mio fratello, Luca “Vita” e Luca “Corbi” hanno fatto insieme la scuola materna. In realtà il progetto è nato da “Vita” e Matteo che si sono incontrati all’oratorio. Entrambi avevano la passione della musica e hanno deciso di creare una band e con l’ingresso di “Corbi” sono nati i Watt. Io, in effetti, sono entrata per ultima, dopo aver fatto pressioni su Matteo, mio fratello, per cantare con loro. Mi hanno fatto cantare una canzone ed eccoci qua.

Prima di arrivare a “Decido io per me”, il singolo che ha rotto il guscio che era intorno a voi, che musica suonavate?

Abbiamo iniziato con il rock, il genere con cui eravamo cresciuti. Nel tempo ci siamo spostati verso il pop anche se, soprattutto nei live, la nostra vena rock non è mai morta.

Quali sono stati gli artisti di riferimento che vi hanno accompagnati durante il vostro percorso?

In generale ci facciamo contaminare da qualsiasi genere musicale. Pensiamo che la musica sia tale e a tutto tondo. Nei nostri pezzi, al di là della nostra impronta pop-rock, puoi trovare la trap ma anche la musica orchestrale. A tutti noi piacciono molto i Muse ma, oltre a questo, abbiamo ascoltato molta musica.

“Hey” è il vostro ultimo singolo. Dove vi sta portando la musica?

L’obiettivo comune è quello di vivere di musica e tutte le nostre energie sono dirette verso questo. Dal punto di vista musicale, in questo periodo, stiamo scrivendo molti pezzi nuovi ed è spuntata una vena più punk.

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“Hey” è il nuovo singolo, un brano che nasce da un giro di pianoforte e da una cassa in 4/4

Come funziona per i Watt la costruzione di un brano?

Crediamo nell’unità di gruppo e lavoriamo ai brani in maniera collettiva. Si parte da un’idea che normalmente arriva da “Vita” sulla quale cominciamo a lavorare. Poi nasce l’embrione del testo che sviluppo assieme a “Vita”, costruendo così la linea melodica e poi, assieme, definiamo testo e musica. Siamo formalmente un gruppo e anche l’atto creativo è qualcosa che sviluppiamo assieme.

Progetti per i live?

Non abbiamo ancora nulla di definito. Sicuramente suoneremo dal vivo quest’estate ma a tutt’oggi non c’è un vero e proprio calendario. In cantiere ci sono alcuni progetti ma è ancora presto per parlarne e stiamo, inoltre, lavorando ai pezzi nuovi.

Con quale artista vi piacerebbe collaborare?

Ci piace molto Tancredi, che ha chiuso la sua esperienza ad Amici. È chiaro che se ci chiamasse Dua Lipa o Eminem diremmo semplicemente: “Ok, quando ci vediamo?”

Come siete riusciti a conciliare il vostro impegno con la musica e lo studio?

Abbiamo iniziato che eravamo giovanissimi e abbiamo, da subito, dovuto trovare un equilibrio che ci permettesse di andare a scuola ma, nel contempo, ci consentisse di dedicare alla musica il tempo che merita. La musica è al primo posto perché rappresenta il nostro obiettivo. In alcuni casi abbiamo privilegiato l’impegno per la musica ma, nell’insieme, abbiamo cercato di mantenere i piatti della bilancia equilibrati.

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L’obiettivo comune è quello di vivere di musica e tutte le nostre energie sono dirette verso questo

I vostri brani sono in lingua italiana. Avete mai pensato di utilizzare la lingua inglese per i vostri brani?

Il primo brano dei Watt era scritto in lingua inglese ma, forse proprio per questo, abbiamo deciso di cantare in italiano. È una lingua di cui abbiamo maggiore padronanza e ci permette di arrivare in maniera più diretta al pubblico.

Qual è stato il premio o il riconoscimento che avete ricevuto al quale siete più affezionati?

Dal punto di vista morale, senza dubbio, il suonare sul palco di San Siro per l’apertura dei concerti di Davide Van De Sfroos. Abitiamo, peraltro, a meno di dieci minuti da quello stadio in cui mio fratello segue le partite. Questa è stata, sicuramente, una grande emozione. Per quanto riguarda i premi invece, sicuramente la vittoria di Castrocaro con “Fiori da Hiroshima”.

Articolo a cura di Roberto Greco 

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