Viaggio tra arte e musica: Alberto Timossi

L’Arte che fa riflettere

Alberto Timossi: “Realizzo le mie opere in luoghi che fanno riflettere e pensare, non solo vedere l’opera in sè”.

L’uomo si è sempre ispirato attraverso gli ambienti e panorami naturali, come se fosse una tela pre-dipinta, per esprimere emozioni in continua trasformazione.

Un’arte che mette al centro l’ambiente piuttosto che l’uomo prendendone in prestito gli elementi naturali e dando vita a opere che, spesso, sono destinate a dissolversi con esso, poiché esposte alle intemperie e all’azione del tempo.

L’incontro con la natura e il ruolo secondario dell’uomo rispetto all’ambiente che lo circonda è un insegnamento che oggi più che mai acquista sempre più valore e importanza.

Viaggio tra arte e musica: Alberto Timossi
Alberto Timossi – Segnacoli, Mozia 2019

L’artista Alberto Timossi mi ha condotto verso un affascinante viaggio tra arte e natura. La sua formazione è nata tra Genova e Carrara, dove ha frequentato l’Accademia delle Belli Arti. Da anni si interessa di arte ambientale realizzata con materiali derivanti dall’edilizia.

Le tue sculture difronte ad occhi poco riflessivi potrebbero sembrare solo dei tubi ma dietro si cela un mondo ricco di significato e senso. Ma raccontami dei tuoi progetti con la musica?

Ho avuto molte collaborazioni con musicisti, in particolare con compositori di elettronica e elettroacustica. Insieme al musicista Simone Pappalardo, abbiamo creato delle performance che uniscono scultura e musica. Tra queste mi ricordo con affetto un progetto in particolare, avevo lavorato dei tubi molto grandi dove all’interno danzavano molto lentamente tre ballerini dove il suono dei loro movimenti veniva registrato simultaneamente, così da creare un effetto magnifico.

Anche la tua opera “Crisalide” aveva una struttura analoga?

Si, esatto. Anche in “Crisalide” vi era all’interno della mia scultura una danzatrice che ne usciva fuori con movimenti leggeri e lenti. Il mio intento era proprio rappresentare la vita di una crisalide, una vita che è imprigionata dalla contemporaneità e dalle industrie che caratterizzano il nostro secolo.

Ma nel corso dei miei lavori ho dato vita a opere più mature sul tema delle performance.

E quali sono?

Il primo è una scultura sui suoni dell’acqua. Avevo posizionato dei tubi dentro le rive di un fiume. Ma forse l’opera più strutturata è stata “Variazioni sull’Albero”, realizzata nel 2012, sempre insieme a Simone Pappalardo. Abbiamo partecipato anche a diversi festival sonori, come Emufest dell’accademia di Santa Cecilia di Roma e poi a seguire al festival al Conservatorio di Frosinone.

L’opera aveva la forma di un albero costruita con un tubo che era il tronco e due che fungevano da rami tubolari.

All’interno vi era un meccanismo che se azionato tramite un pulsante attivava una reazione elettro acustica così da far suonare l’albero stesso.

Da cosa nasce l’esigenza di creare un dialogo con il suono?

Nasce da una necessità di dare voce ad una materia, che nel mio caso sono rappresentati attraverso dei tubi.

Bisogno che in seguito si è manifestato anche con il rapporto con lo spazio, quindi ho smesso di lavorare con il suono e mi sono concentrato sulla relazione spaziale. Ho approfondito il rapporto con la natura e con la città.

Queste istallazioni nascono per essere inserite in vari contesti e vari spazi, così da costruire un dialogo con l’ambiente. Questo scambio, vuole affrontare dei grandi temi del cambiamento, come quello ambientale e climatico.  La mia opera “Illusione” vuole richiamare proprio l’attenzione in u luogo che ha bisogno di osservazione. Simula un’intrusione dentro i gradoni delle Cave di Michelangelo di Carrara.

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Alberto Timossi – Illusione, Carrara 2015

La musica è interessante anche nel momento in cui non c’è, come le pause, spesso fondamentali.

Ho sentito l’esigenza di intervenire proprio in quell’ambiente per raccontare lo stato di quelle montagne, che si stanno sempre più assottigliando. Illusione, vuole essere il simbolo di un ago che cerca di ricucire la ferita della montagna.

Il simbolo dell’acqua è spesso ricorrente nelle tue opere, cosa rappresenta per te?

Fonte di vita, di rinnovamento e continuo movimento. L’acqua è l’elemento ideale per valorizzare la forma dei miei tubi. Un altro aspetto, forse più concettuale, in natura l’acqua oltre ad essere il bene primario è anche colei che crea ogni genere di esistenza.

Quale potrebbe essere un elemento di congiunzione tra arte e musica?

In questo momento il legame più forte tra la mia arte ambientale e la musica, è il tempo. Ti spiego, la musica ha un ascolto che dura nel tempo, ha una sua architettura interna fatta di regole, per cui per capire quella musica è necessario del tempo. Credo che la stessa cosa succede quando tu guardi un’opera, come ad esempio la mia Fata Morgana, composta da 33 elementi galleggianti sul lago, dove cambiavano a seconda del, tempo, della luce, del vento e del percorso che si faceva attorno alla riva, per cui avevi bisogno di tempo per entrare nell’opera. Il fatto di capire che anche nell’osservare e vivere un’opera devi avere il tempo per analizzare e indagare come in una composizione musicale.

Articolo a cura di Melissa Brucculeri 

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