Vedere la musica: Marco Piraccini fotografo e sognatore

      “Il clic della Reflex è la mia nota musicale”

Vedere la musica: Marco Piraccini fotografo e sognatore
Amanda Lear (Foto © Marco Piraccini)

Marco Piraccini è un sognatore e con la fotografia dà forma ai sogni. Nasce a Cesena il 28 aprile 1981, alto (al punto che il cielo sembra sfiorarlo), capelli lunghi, passo elegante e bello che potrebbe essere scambiato per un modello: potrebbe imbarazzare chiunque, invece a incantare, è il suo sguardo, dolce e rassicurante.

Ho avuto il privilegio di vederlo lavorare e a colpirmi è stata la sua capacità di entrare in confidenza con chi è nel suo obiettivo, lasciandogli lo spazio e il tempo per lasciare cadere le resistenze e l’imbarazzo.

Un occhio, il suo, attento a cogliere i riflessi dell’anima, che ricerca pazientemente un clic dopo l’altro. Concerti, backstage e tutto quello che contribuisce a rendere grande una stella della musica, sono gli elementi salienti della sua fotografia.

Il viaggio con Marco è di concerto in concerto all’inseguimento della musica che è immancabile compagna e complice, del suo amore per la fotografia e colonna sonora della sua vita.

Fotografia e Musica, come sono entrate nella tua vita?

La musica è la mia linfa e i concerti, i luoghi, dove si concretizzano i miei sogni. Il primo che ricordo da bambino è un concerto di Anna Oxa, alla festa dell’Unità di Cesena ultima tappa del Pensami per Te Tour. Questo è stato l’inizio di tutto dove, benché fossi bambino, ho capito che dovevo trovare il modo di entrare in quella magia.

La fotografia è stata, all’inizio, il mio “cavallo di Troia” per avvicinarmi a quei palchi e vedere da vicino i protagonisti. Quello che mi affascina da sempre, non è solo l’esibizione, ma le luci che bagnano l’artista, il gioco di colori, i silenzi tra un brano all’altro… frazioni di secondi che mi fanno sognare di poter cristallizzare quella magia, in una foto e condividerne la bellezza.

Da quell’intuizione, quella scintilla scattata al concerto di Anna Oxa, com’è diventato il tuo mestiere?

Ho studiato psicologia, con il vecchio ordinamento e mi sono laureato alla psicologia clinica e di comunità, prendendo anche l’abilitazione. Il mio desiderio all’epoca era di lavorare, come ho fatto per tre anni, con gli adolescenti a scuola forse per tentare di riparare ai terribili momenti che ho vissuto personalmente, a quell’età.

L’esserci riuscito, anche solo per poco, mi ha dato una grande gioia e di certo è stata una delle fasi più soddisfacenti della mia vita: ero diventato la persona che da bambino avrei voluto incontrare, quando non mi sentivo compreso.

Marco Piraccini fotografo e sognatore 1
Patty Pravo (Foto © Marco Piraccini)

Poi in un momento di crisi, con i tagli e quant’altro, mi sono reso conto che i miei sogni in realtà stavano spingendo forte dentro di me e mi chiedevano di andare oltre. Ho fatto le valigie e sono venuto a Milano, con la consapevolezza che era quella la mia meta.

Mi diedi la scadenza di tre mesi, per capire se potessi farcela a “sopravvivere”, trovai una casa in condivisione e mi misi alla ricerca di un lavoro qualunque per mantenermi.

A Milano si è aperto per te un mondo, molto diverso e lontano dalla tua amata riviera romagnola e dal mare che ami così tanto. Com’è stata la tua gavetta?

Ho cominciato a cercare lavoro nei negozi ma poiché la mia ambizione era un altra, ho bussato anche a tutte le agenzie fotografiche, lasciando il mio curriculum, senza avere esperienza specifica. La mia caparbietà mi fece trovare un posto in una di queste in ufficio. I primi tre, quattro anni sono stati difficilissimi, ma mi permisero di ottenere un contratto per l’iscrizione all’albo giornalistico.

Il mio obiettivo era di riuscire a imparare il più possibile, quindi passai a fare il venditore, fino poi ad assistere i fotografi e finalmente a diventare giornalista pubblicista.

Quando però, pensavo di aver consolidato la mia posizione, mi sono trovato in mezzo a una strada, con stipendi arretrati che non avrei mai più visto e la paura di non farcela… mi è sembrato di morire e con me tutti i miei sogni: invece sono rinato e cresciuto in fretta e forse è stata la mia fortuna.

Quell’esperienza mi aveva fatto capire chi e come non avrei voluto essere e da quel momento, ho deciso di assecondare solo me stesso. I tanti direttori, uno tra tutti Sandro Mayer (che ricordo con affetto), con i quali ero entrato in contatto, si ricordavano di me e del mio modo di essere e lavorare, permettendomi di ritrovare fiducia e la consapevolezza di aver seminato bene. Finalmente, potevo raccogliere i frutti e dare forma ai miei sogni, liberamente.

Una laurea e l’abilitazione, non ti hanno fermato: quanto è stato difficile per la tua famiglia, accettare la tua decisione?

Ho ascoltato me stesso, invece di assecondare le aspettative, lecite, della mia famiglia. Una decisione non facile, ma che mi ha permesso di diventare migliore e costruire un rapporto con loro bellissimo. Ero consapevole del loro amore e di come, in fondo, fossero preoccupati di vedermi andare “all’avventura”.

Una preoccupazione che capivo, ma che non poteva fermarmi. Quando a Ottobre 2020, ho inaugurato a Mondadori Duomo la mia mostra, mi ha commosso leggere negli occhi dei miei tanto amore e così tanto orgoglio, lo stesso di quando per la prima volta mi videro sul palco con Patty Pravo come fotografo di scena: immagini che sono fissate nel mio cuore e raccontano tutto l’amore che ci lega.

Vedere la musica fotografo e sognatore
Britney Spears (Foto © Marco Piraccini)

“La fotografia mi ha insegnato a non avere paura: un traguardo , grazie al quale ho imparato a saper aspettare, resistere e insistere. Il coraggio mi è sempre mancato, oggi so che ho trovato la mia identità e la mia libertà”.

Non si tratta solo di tecnica o di filtri, ma di un’immaginazione che passa attraverso l’anima. Che cosa scatta in te, in quel momento? Qual è la tua “firma”?

Nel mio essere fotografo la psicologia ha un ruolo importante e fondamentale, è il modo di guardare le persone. Ognuna di loro devo sentirla e capire che in quell’immagine si trova a proprio agio. Il mio punto di riferimento è una connessione empatica, irrinunciabile.

La fotografia per me è un atto di gratitudine nei confronti della vita che mi ha concesso l’opportunità di fare un mestiere che mi ha reso felice e mi piace restituire attraverso i miei ritratti tutto quest’amore. Nel recente Festival di Sanremo, dove eravamo davvero pochi autorizzati, in galleria eravamo meno di venti, credo di avere visto solo attraverso il cursore della macchina fotografica. Non mi accontento mai e scatto fino alla fine alla ricerca dello stupore, di un lampo negli occhi del cantante, di un’ombra di malinconia, di un sorriso…

Ti piace essere fotografato?

Mi piace l’idea, ma m’inibisce molto. Divento un manichino, ci devo lavorare, parecchio…

È un bell’esercizio per capire quanto sia difficile, immedesimandomi nell’altrui imbarazzo. La macchina fotografica, ci spoglia, rivelando il nostro essere e nel mio caso, rivela la mia timidezza.

Che cosa provi, nello “sfogliare” quelle immagini con cui hai raccontato la storia, la musica, lo spettacolo e la “tua” Milano?

Sono felicissimo e consapevole di aver fatto la scelta giusta. Quando vado ai concerti pago sempre i mei biglietti per rispetto e perché  voglio poter essere in mezzo alla gente, sudare e immergermi del tutto nella meraviglia che sta accadendo sotto i miei occhi, senza i vincoli che avrei accreditandomi.

Nel 2019, che è stato d’oro, ho visto in una sola settimana quattro concerti di Cristina Aguilera in quattro paesi differenti. In cinque giorni due concerti di Madonna a teatro uno a Lisbona, l’altro a Londra.

Marco Piraccini fotografo
Maneskin Sanremo 2021 (Foto © Marco Piraccini)

Ho fotografato anche Milano e la sua ferita in tempo di pandemia, la solitudine, l’isolamento e lo strazio di chi ha perso il lavoro, i ragazzi per strada e la loro silenziosa sofferenza. Ho voluto raccontare la solitudine di quel rumoroso silenzio vissuto così da vicino.

Una volta riscoperta la libertà ho sentito l’urgenza di tradurre in immagini il mio dolore e la mia speranza, nel linguaggio che mi permette da sempre, di esprimere le emozioni, in memoria degli avvenimenti che hanno continuato tristemente ad accadere, nonostante il mondo apparisse immobile.

“Ogni volta quando devo fare un servizio fotografico che sia un vip o la mia vicina di casa, la mia missione non cambia, voglio che si senta bella”.

Hai avuto il privilegio di fotografare le celebrità, ovunque nel mondo: chi ti ha sorpreso di più?

Difficile scegliere, ma ci sono due persone che sono anche carissime amiche, che continuano a stupirmi: Amanda Lear per il suo saper stare con i piedi per terra da gran lavoratrice con la sua disarmante semplicità. Allo stesso modo e per la stessa ragione, Cher che spesso e volentieri, utilizza le mie fotografie su Instagram senza neanche chiedere che le sistemi, dimostrando la sua forza.

Con entrambe ho un bel rapporto di amicizia davvero prezioso, che mi rende felice. Entrambe mi hanno ispirato molto dal punto di vista estetico e professionale, mostrandomi come ci si debba esprimere liberamente, sempre e comunque.

Piraccini fotografo e sognatore
Cher (Foto © Marco Piraccini)

Ho percorso tanta strada per entrare in questo mondo che dalla mia Romagna sembrava così lontano. Oggi con soddisfazione, sono rappresentato da Mondadori Portfolio, consapevole che niente sarà mai dato per scontato. Continuerò con tutto me stesso, a lavorare per raccontare attraverso la fotografia, questo viaggio meraviglioso che è la vita, col cuore e con la musica ad accompagnare ogni clic”.

http://www.marcopiraccini.com/

Articolo a cura di Paola Ferro 

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