Valentina Gullace, la bionda del musical

Intervista a Valentina Gullace, artista determinata e forte, estremamente seria e preparata che sa bene che per avere un certo tipo di risultati il lavoro e lo studio devono essere continui.

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Valentina Gullace.

Non bisogna farsi ingannare da una certa aria diafana e l’aspetto etereo da ballerina: Valentina Gullace è una artista determinata e forte, estremamente seria e preparata che sa bene che per avere un certo tipo di risultati il lavoro e lo studio devono essere continui.

E i risultati ci sono e si vedono: critici che ne apprezzano da anni il talento e tanti ruoli che l’hanno fatta diventare volto noto ed amato dei palcoscenici italiani, culminati nel Premio come Migliore Attrice Non Protagonista degli OIM – gli Oscar Italiani del Musical 2015 per il ruolo di Inga in Frankenstein Junior, prodotto dalla Compagnia della Rancia e diretto da Saverio Marconi (con la regia associata di Marco Iacomelli). Ed insieme alla carriera da performer e da musicista Valentina tra poco calcherà anche un altro tipo di palcoscenico: quello della sede torinese dell’Accademia Internazionale del Musical dove, dalla prossima stagione, sarà titolare della Cattedra di Insegnante di Canto.

Prima la danza, poi il canto, poi il musical e adesso, in parallelo a queste carriere, anche l’insegnamento. Conflitti d’interesse?
Non credo ci possano essere conflitti d’interesse. Come ben sai, per fare un mestiere come il mio, è necessario tenersi in allenamento e studiare incessantemente tutte e tre le discipline (e non solo). Il mio avventurarmi nel mondo del musical theatre è stato la naturale evoluzione di quello che mano a mano imparavo dalla singola disciplina, ogni cosa era la conseguenza delle altre… Vivo l’insegnamento del canto come l’occasione per crescere artisticamente insieme gli allievi, non solo per trasmettere loro ciò che ho imparato fino ad ora. Soprattutto mi attrae l’idea di poter aiutare dei giovani artisti a diventare consapevoli delle loro qualità. È uno scambio reciproco preziosissimo.

Che differenza c’è nelle interpretazioni delle canzoni “in personaggio” quando reciti in un musical rispetto a quelle da cantante?
Quando ho deciso di fare la performer, per molto tempo ho messo da parte le serate da cantante e la musica che scrivevo io, dedicandomi quasi del tutto al teatro. Da alcuni anni però ho ripreso a fare dei lavori in cui mi è richiesto di essere semplicemente Valentina la cantante. Sono onesta, le prime volte ho dovuto riassestarmi perché i personaggi dei musical in qualche maniera ti proteggono, ti permettono di essere mille cose diverse… quando sali sul palco e sei soltanto te stessa invece, non puoi “nasconderti”… sei più esposta e fragile. Figuriamoci quando canti una canzone tua. Eppure alla fine, se è vero che ogni canzone racconta una storia, in fondo non c’è tutta questa differenza di approccio rispetto a quando canto un brano di un musical. Quando canta Valentina mi sento libera di esprimere le mie emozioni e di usare la voce come sento davvero; quando invece la mia voce serve a far parlare un personaggio, le emozioni sono le sue… ma poi diventano anche mie!

Che differenza c’è per tra un suono “pop” (o comunque discografico) e uno adatto al repertorio musical?
Un suono “pop” è solo uno dei suoni e degli stili in cui è possibile cantare, per questo bisogna fare una premessa: come è noto, il repertorio musical comprende molteplici stili musicali e dunque vocali e di stile appunto dovremmo parlare, non solo di tecnica. Molti confondono la tecnica con lo stile ma è importante ricordare che la tecnica è la conoscenza e il controllo del proprio strumento vocale al fine di produrre tutte le qualità di suono necessarie alla performance, che cambieranno a seconda dello stile musicale richiesto. Ci sono musical in cui il suono “pop” è richiesto proprio dal genere di spettacolo, penso ad esempio a “Mamma mia!”. Detto ciò, la differenza fra chi fa il “cantante” (pop o di qualsiasi altro stile musicale ma non a fini teatrali) e chi fa il “cantante di musical”, risiede nel fatto che il primo tende ad utilizzare la propria voce sempre e solo in un modo, spesso enfatizzando un certo suono caratterizzante o un fraseggio tipico che rende l’artista “riconoscibile” e quindi discograficamente appetibile. Al contrario, un cantante “da musical”, per avere maggiori chances di lavorare, deve saper passare da uno stile all’altro, adattando la propria voce al personaggio che deve interpretare di volta in volta. Certo, non tutti possono fare tutto, è naturale che certi stili vengano meglio a certe vocalità piuttosto che ad altre, ma credo che se si desidera fare il musical performer, è necessario studiare per essere in grado di cantare di tutto. Parliamo quindi di due percorsi ben diversi perché mentre il cantante che punta alla discografia lavora sulla sua unicità, il cantante da musical deve mettere la propria voce al servizio del personaggio. Questo è uno dei motivi per cui quando sento dei cantanti “da classifica” che fanno musical rimango perplessa… perché alla fine il rischio è che la loro personalità “invada” quella del personaggio che sono chiamati ad interpretare… a mio avviso funziona maggiormente un attore che canta anche male, rispetto ad un cantante che fa i dischi perché il primo mette se stesso al servizio del personaggio, il secondo tende ad esprimere la propria personalità vocale sempre e comunque. Vorrei anche dire un’ultima cosa… peccato che spesso ci sia una sorta di pregiudizio da parte della discografia italiana verso i cantanti di musical. Proprio per questa loro versatilità, si pensa che non abbiano sufficiente personalità o che non sappiano fare altro. Ovviamente non sono d’accordo, ma è pur vero che esistono casi e casi.

E nel repertorio musical, tu che hai interpretato ruoli molto diversi (in generi di spettacolo molto diversi) spaziando da Lloyd Webber di Jesus Christ Superstar a Cabaret, da un progetto delizioso come Fantasmi a Roma a Frankenstein Junior (…dove passavi dallo yodel a Irving Berlin), come ti prepari quando devi cambiare completamente stile?
Come dicevo prima, la tecnica che uso non cambia: cambia lo stile e quindi parto proprio dalla musica per individuare il modo più adatto per cantarci sopra. Mi documento sul periodo storico in cui è ambientato lo spettacolo e dunque ascolto brani della stessa epoca per capire gli elementi caratterizzanti di quel determinato stile. La maggior parte delle volte però parto dal personaggio e dal suo carattere, come nel caso di Inga in Frankenstein Junior. Lo yodel era forse la cosa più complicata tecnicamente, poi il resto del lavoro l’ho fatto considerando il modo di essere di Inga, mi sono servita della sua allegra follia per usare un colore di voce che fosse coerente col personaggio. Con Frau Kost in Cabaret per esempio ho dovuto usare la mia voce in un modo totalmente diverso da come mi verrebbe naturale. Ho dovuto usare un suono molto più profondo e “sgraziato” e anche qui sono partita dal recitato per portare poi quella qualità di suono anche nel cantato. In Jesus Christ Superstar invece ho usato il famoso stile “pop” di cui sopra perché nella versione in italiano di questo spettacolo l’ambientazione era attuale.

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© Cortesia Compagnia della Rancia, ph. Alessandro Pinna.

L’insegnamento, come e quando è nata questa “vocazione”?
Mia madre è insegnante alle scuole elementari, quindi sono cresciuta con l’esempio in casa di una docente appassionata di didattica e di metodi di apprendimento. Lei sperava seguissi le sue orme, infatti mi mancano pochi esami alla laurea in lettere moderne. Purtroppo le lunghe tournée e il costante studio delle discipline per il mio lavoro mi hanno impedito ad oggi di completare la mia carriera universitaria. Ho scelto di diventare un’insegnante di canto perché è il linguaggio che mi appassiona maggiormente fra le tre discipline del musical theatre. Durante il mio percorso di formazione ho conosciuto insegnanti di grande valore, come Susanna Stivali, Raffaella Misiti e Jana Mrazova, a cui devo moltissimo. Ho deciso di studiare per diventare una docente di tecnica vocale in seguito all’incontro con Loretta Martinez, didatta di altissimo livello creatrice del Metodo VMS, Vocal Music System. Così ho deciso di trasmettere quello che ho imparato, e per formarmi come docente di questo metodo, ho frequentato il Corso Professionale di Licenza Didattica VMS a Milano.

Valentina-GullaceParafrasando il Nick di  Jersey Boys “forse è ora di farti uno spettacolo tutto tuo”. Che in effetti ti sei davvero fatta. Racconta un po’…
In occasione del premio vinto agli Oscar Italiani del Musical, sono stata invitata dal Sindaco della mia città, Polistena (in provincia di Reggio Calabria) a tenere un concerto per i miei concittadini. E’ nata così “Una serata a Broadway”, una sorta di recital in cui cantavo e recitavo brani da celebri musical e anche da spettacoli che io stessa ho fatto in questi anni. Ho voluto accanto a me un altro artista calabrese che è ormai parigino, il pianista Nicola Sergio. Quella prima serata fu un esperimento… ma mi ha lasciato addosso il desiderio di metterci mano e replicare. Mi piaceva l’idea di unire i nostri due mondi musicali che seppur apparentemente distanti hanno un comune denominatore,  il jazz. Innanzi tutto perché io sono cresciuta ascoltando le grandi cantanti jazz, da Ella Fitzgerald a Billie Holiday passando per Sarah Vaughan, Dionne Warwick e Rachelle Ferrell; poi perché molti brani divenuti negli anni grandi classici del repertorio jazz furono originariamente scritti per i musical di Broadway. Così per il nostro secondo concerto a Torino, io e Nicola abbiamo scelto un repertorio che appunto partisse da brani da musical che travalicando i confini teatrali sono diventati poi standard jazz. “Una serata a Broadway” è ancora uno spettacolo “work in progress”, è la prima volta che faccio qualcosa di mio e dunque ci sto ancora lavorando per farlo crescere…

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Lucio Leone
Lucio Leone
Giornalista e architetto, ha maturato numerosi anni di esperienza in campo editoriale e della comunicazione. Collabora con diverse testate scrivendo di spettacolo, arte, musica e teatro, e conduce da due stagioni il programma radiofonico MusicalOnTheRadio. È membro delle Giuria di Qualità di due tra i più importanti riconoscimenti rivolti al teatro musicale: PrIMO - Premio Italiano del Musical Originale e OIM - Oscar Italiani del Musical. Per i tipi di Reportage ha scritto il libro Canto di Natale ed altri Racconti.
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