Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

La musica per me è grande fonte di ispirazione. Trovo sempre musiche che mi diano l’umore di fondo

Musica a Teatro: Fabio Banfo
Musica a Teatro: Fabio Banfo La meccanica del cuore. Per quanto riguarda la colonna sonora dello spettacolo sto molto attento a non scadere nel banale, nello scontato, nel prevedibile (Foto © Nicolò Degl’incerti Tocci)

Drammaturgo, regista, attore, pedagogo, è nato a Vercelli e si è diplomato alla Paolo Grassi di Milano. Membro permanente del Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, ha lavorato, oltre che in Italia, in Cile e in Argentina. Parallelamente allo studio del teatro contemporaneo ha approfondito la Commedia dell’Arte.

È stato ed è docente presso Teatri Possibili, al Binario 7 di Monza e presso il Centro MaMiMo di Reggio Emilia. Uno dei suoi spettacoli cult: Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo. Ultimamente ha scritto due monologhi per Irama.

Che tipo di musica ascolti?

Ascolto di tutto, ho avuto un periodo, quand’ero più giovane, in cui ascoltavo molto Metal, ma anche musica classica. Mi spiace molto di non averla studiata, la musica…ci ho tentato, con la chitarra, ma non ero nel periodo giusto della vita, non riuscivo ad essere metodico. La Classica la “guardo” come si guarda un bel panorama.

Come sei finito a dirigere un Rigoletto?

Uno dei grandi casi della professione. All’epoca insegnavo regia all’Accademia di Brera. Uscì un bando del Regio di Torino che metteva sul piatto un bel budget di produzione, e bisognava fare un progetto il più possibile economico, per un’opera lirica: Rigoletto. Cosa che riuscimmo a fare.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

Fu un’insegnante di scenografia che mi contattò pensando a me come regista. Io non avevo mai pensato di dirigere un’opera lirica ma mi sono buttato. E infatti è stata una grande esperienza.  Anche per imparare a come fare un progetto grosso. Nel frattempo ero partito per il Cile dove dovevo fare dei corsi, e mentre ero là mi è arrivata la buona notizia.

Non ho potuto sfruttare le conoscenze musicali che non avevo e non ho, per cui ho fatto una regia teatrale. Ho cercato di lavorare sulla storia, sull’evoluzione drammaturgica dei personaggi, in special modo sul personaggio di Gilda. Ho fatto un lavoro molto realistico.

Hai avuto delle difficoltà a lavorare non con attori ma con cantanti lirici?

Beh ci sono quelli che hanno in mente “Rigoletto non si fa così”… e quindi con loro diventa un po’ difficile. Ma ci sono anche quelli che si mettono a disposizione e ti seguono. Problemi ne ho avuto soprattutto in una scena in cui chiedevo al personaggio di essere un po’ vampiresco, volgarotto anche, diciamo, e il cantante era restio a eseguire certe azioni. Non voleva dare un’immagine “sbagliata” di sé. Non aveva introiettato il problema principe dell’attore, insomma: cioè il fatto che Non sei il personaggio.

Fabio Banfo Sommelweis
Musica a Teatro: Fabio Banfo – Sommelweis, breve storia dell’igiene. la musica la utilizzo come suggestione, anche se sempre non cerco l’effetto facile (Foto © Francesco Falciola)

Come la utilizzi la musica?

La musica per me è grande fonte di ispirazione. Trovo sempre musiche che mi diano l’umore di fondo. Quindi quando scrivo utilizzo quelle per recuperare il clima. La uso poi nel lavoro con gli attori, sia durante le prove che durante i laboratori.

Per quanto riguarda la colonna sonora dello spettacolo sto molto attento a non scadere nel banale, nello scontato, nel prevedibile, ma poi ovviamente dipende dal lavoro. Ad esempio quando ho diretto Tradimenti di Pinter ho cercato le musiche dell’anno preciso in cui si svolgeva la scena, mentre altre volte la utilizzo come suggestione, anche se sempre non cerco l’effetto facile.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

Una cosa che a teatro sconsiglio perché vedo che viene fatta spesso, è parlare sulla musica, a meno che sia un’operazione fatta proprio bene. In Semmelweis, breve storia dell’igiene, un monologo da me scritto qualche anno fa, questo succede, ma la musica era fatta su misura da Guido Tongiorgi, che avevo conosciuto tramite l’attrice ballerina che era in scena con me.

Alfredino che cos’è?

Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo, è’ uno spettacolo di narrazione. Dedicato al povero Alfredino Rampi, che tutti ricordano, è uno spunto per riflettere sul terrore mediatico, sulla spettacolarizzazione del dolore. È stato premiato come miglior spettacolo e miglior drammaturgia al Doit Festival di Roma.

Hai mai pensato di fare spettacoli alla Gaber, in cui anche canti?

Nel Confine, questo nuovo spettacolo, sono in scena con un musicista che mi accompagna, e a un certo punto un po’ quasi canto, in stile cabaret. Sono un po’ inibito a cantare veramente, un complesso che mi porto dietro da quando ero piccolo, anche se la ritengo una cosa bellissima.

Veniamo a Irama. Cos’è successo con lui?

Sempre i casi della vita. Al Binario 7 di Monza dove insegnavo recitazione avevo tra gli allievi la sorella di Irama. Lui l’ho conosciuto da ragazzino perché era venuto ad assistere al saggio finale del corso e ricordo che raccontava dei suoi primi passi nell’ambiente musicale, e lo vedevo molto determinato. Con lui avevo perso i contatti finché l’anno scorso durante la pandemia mi arriva un messaggio da sua sorella che mi avverte che lui mi avrebbe contattato. Aveva bisogno di una mano per scrivere un testo.

Stava partecipando ad Amici Vip, in gara, che poi ha vinto, e voleva portare un pezzo anche recitato, sulla vicenda di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un agente di polizia a Minneapolis. Aveva buttato giù degli appunti ma voleva che il tutto diventasse un monologo teatrale. Mi sono fatto mandare i suoi appunti, ci siamo visti in skype, e ho lavorato sulla scia della sua ispirazione, non sul mio gusto e sul mio tipo di scrittura, cosa che faccio anche quando insegno scrittura teatrale.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

È  stato molto interessante per me che lui cercasse degli effetti che è abituato a cercare nella musica, e li cercava anche nel testo. Per esempio sul finale mi ha proprio spinto verso la soluzione che abbiamo trovato, mentre all’inizio io cercavo delle soluzioni troppo intellettuali. Dopo quella volta mi ha ricontattato quest’anno.

Era invitato a partecipare alla trasmissione di Massimo Ranieri sulla Rai e avrebbe cantato la canzone Rolex. La sua idea era un incontro con una prostituta. In due ore ho buttato giù l’idea del dialogo e la bozza di scena. Ho immaginato padre e figlio. Ho giocato sugli imbarazzi, sui non detti e sull’ambiguità. Sui pregiudizi. Poi abbiamo lavorato anche sulla recitazione, sempre a distanza.

Musica a Teatro: Fabio Banfo Alfredino
Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo. adoro lo spettacolo di narrazione e mi piacerebbe anche cantare, nel prossimo lavoro un po’ canto in stile cabaret (foto © Alessandro Villa)

Cosa hai in cantiere a breve?

Sto per riprendere il Confine, che tratta dei diversi tipi di confini nella vita delle persone (religiosi, generazionali, etnici, bene e male eccetera) tutto accompagnato dalla musica suonata da Giacomo Santini, produzione MaMiMo. In un altro progetto in via di definizione è previsto che il pubblico ascolti con cuffie, completamente immersivo, quindi. Poi riprendo Alfredino e sto scrivendo altri due testi.

Buon proseguimento, a presto quindi

A presto

Articolo a cura di Sergio Scorzillo

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