Mauro Mengali: una carriera d’O.R.O.

Intervista a Mauro Mengali, da componente degli O.R.O. al teatro e altri progetti

Mauro Mengali: una carriera d’O.R.O.
Mauro Mengali

Dagli O.R.O. al teatro, passando per le produzioni artistiche ed il lavoro autorale, Mauro Mengali, dagli anni ’70 ad oggi, ha potuto conoscere la musica a 360°. In questa piacevole intervista ci ha parlato del grande successo di Vivo per e di come è nata, degli inizi della sua carriera, del suo amore per i gruppi musicali e di altro ancora.

Il tuo interesse per i gruppi nasce molto presto. Innanzitutto da dove deriva? Raccontaci le tue prime esperienze, i tuoi inizi.
Il mio interesse per i gruppi musicali nasce nel periodo dell’adolescenza negli anni ’70 con i Protæo. Prodotti da uno dei primi impresari dei Pooh e poi di Riccardo Fogli, ci ritrovammo in tour grazie a radio Monte Carlo, insieme a Franco Fanigliulo e Goran Kuzminak. Contemporaneamente venivo prodotto da Vito Tommaso per la RCA italiana con brani di sua composizione che poi sono diventati, con altro testo, “mare sapore di mare” e sigle di cartoni animati. Ma l’attività con il gruppo è sempre stata quella che alla fine mi ha motivato di più. In seguito, dopo qualche anno di architettura e il servizio militare, la mia collaborazione live con Piero Frassi, portò alla formazione di un nuovo gruppo, la Overall band nome ambivalente che significa sia “tuta da lavoro” che “complessivamente”. La formazione di estrazione funky rock, riuscì a concludere un contratto discografico con qualche apparizione televisiva importante. Negli anni ’80 cominciarono le mie prime produzioni artistiche come quella di Gerardo Alfonso esponente della Nueva trova cubana, in tour in Italia insieme ai Moncada grazie a Gianni Minà.

Hai sempre avuto, quindi, una forte propensione per i gruppi; secondo te cosa possono dare in più ed in meno alle singole persone?
In meno, che ci sono diverse teste da mettere d’accordo, anche se poi il produttore ha un rapporto privilegiato con il gruppo: quando sei artista il produttore artistico cerca di privilegiare certe doti che ti diversificano dagli altri, spesso gli artisti hanno difetti che i produttori riescono a tramutare in pregi. Il gruppo invece ha un proprio sound, nasce, cresce, si evolve e muore, come è successo anche a noi. E poi lavorare in gruppo può essere anche divertente.

Lavorare in un gruppo quindi può dare una maggiore libertà artistica?
Sì. Per noi è stato così: quando si provava ognuno dava il suo contributo artistico e diceva la sua.

Negli anni ’90 inizia la collaborazione con gli O.R.O. Come iniziò?
Io in quel periodo lavoravo con Marco Falagiani, un mio caro amico, ad un progetto. Durante un viaggio a Roma con Giancarlo Bigazzi, Marco propose i nostri provini e mi chiesero di lavorare con loro. Dopo un po’ di tempo, in seguito ad alcune incomprensioni, quando Mario Manzani mi propose di formare gli O.R.O. accettai subito, senza pensarci due volte. Anche perché Manzani aveva un suo gruppo che gravitava nello studio nel quale lavoravamo anche noi a Firenze. Noi eravamo musicisti già con esperienza, infatti puntavamo molto sui live; non erano in molti a poter contare sul suono, come noi: un sound rock californiano unito alla melodia italiana, che all’epoca funzionò. Con il primo disco vendemmo quasi 80000 copie.

Non dimentichiamo che è con loro che sei stato ben tre volte a Sanremo, di cui la prima nel 1995 nella categoria “giovani” (con Vivo per) e poi nel 1996 e nel 1997 nella categoria “big”. Come ricordi l’esperienza sanremese? E cosa ti ha lasciato?
All’inizio è stata pesante, avevamo una grande responsabilità diretta: noi non ci appoggiavamo ad una grande major, ma a Caterina Caselli, con la quale avevamo instaurato un forte rapporto di amicizia. Se qualcosa fosse andato storto ci saremmo sentiti doppiamente in colpa. L’ultima volta, nel 1997, in cui portammo un brano il cui testo fu scritto da Ruggeri, Padre nostro, che era un brano un po’ “strano” per il nostro percorso, l’abbiamo vissuta benissimo, con il giusto distacco, perché avevamo già provato l’esperienza, e ci siamo anche divertiti. Avevamo anche un coro gospel che faceva l’ultima parte della canzone, per presentarla come una sorta di “spiritual”.

Voi avete scritto e composto il grande successo “Vivo per”. Come nacque la canzone?
Nacque all’ultimo minuto. La frase “Vivo per lei”, che a mio parere è vincente, è nata dal nostro produttore. Noi davamo molta importanza alla parte musicale; durante la stampa, quindi, abbiamo fermato il disco, perché volevamo inserire questo brano nel nostro primo lavoro. Dopo averlo fatto, nel corso di un anno sabbatico, l’abbiamo promossa e ci ha fatto vincere il disco dell’estate: abbiamo trascorso l’estate del ’95 tra televisione, concerti, serate, abbiamo partecipato ad un tour con Marco Masini. Addirittura all’inizio lo facemmo ascoltare alla Caselli in una versione solo musica più il verso “Vivo per lei” e già le piacque. Poi Gatto Panceri cambiò il testo e la diede a Bocelli e Giorgia: la nostra versione parlava di una donna, la loro, essendo cantata da un duo uomo-donna, fu dedicata alla musica.

Mauro Mengali: una carriera d’O.R.O. 1Qual è la canzone del gruppo a cui sei più legato e perché?
Apparentemente, contenuta nel nostro ultimo disco del 2003 autoprodotto, Liberi. Dice “non c’è niente che non ho, sto bene, però solo apparentemente”. È una canzone che ho vissuto in prima persona, la sento mia. Nel primo disco Salty dog, una cover dei Procol Harum, divenuto Un angelo in più; e Due come tanti, che ho scritto in una notte ed ha subito trovato il consenso di tutti: parla di due che sono stati insieme e si rincontrano, è struggente. Quando si comunica con la musica, soprattutto pop, si deve usare un linguaggio semplice, che possa emozionare e arrivare a tutti: deve essere qualcosa in cui ci deve identificare.

Hai anche lavorato in teatro nei primi anni del 2000. Com’è lavorare in teatro, sia dal punto di vista pratico che emozionale?
È stata una piacevole novità. Ero abituato a lavorare nelle piazze e nei palasport dove c’è attenzione ma anche caos; in teatro la gente sente anche il tuo respiro. L’attenzione è per il dettaglio. Ogni movimento è sotto esame del pubblico. Ho lavorato con Bollani, che è un maestro, io l’ho sempre stimato e con Petra Magoni. È nato questo spettacolo divertentissimo, con Riondino. In quel periodo non vedevo l’ora di andare a lavorare, ci divertivamo tantissimo. Nascevano degli inconvenienti che scatenavano risate, era un rapporto diretto, come se fossi a casa di qualcuno, io la vedo così.

Da questo nuovo interesse nasce anche un importante progetto “Cantando il principe Totò”.
Io lo definisco “l’altra faccia di Totò”: sono sue poesie che ho musicato. Erano già scritte in metrica, quindi siamo riusciti a trovare i canoni classici strofa-ritornello-strofa; lo abbiamo realizzato con strumenti acustici, anche per rispetto della canzone napoletana. Sono contento di averlo fatto e mi ha permesso di vincere anche un premio SIAE nel 2010, a cui ha sicuramente contribuito anche la mia attività con gli O.R.O. Grazie a questo ho ricevuto anche altre richieste: Andrea Lo Vecchio mi ha proposto lo stesso tipo di lavoro, musicando brani già scritti; ci ho impiegato almeno un anno, un anno e mezzo, perché quando lavori su cose già scritte si sente spesso che sono incollate. Invece devo dire che dopo vari test e prove avverto che le canzoni sono nate come tali e non come poesie o testi scritti ai quali è stato aggiunto qualcosa.

Nella tua vita hai fatto davvero tante cose, anche diverse tra loro. Qual è l’esperienza nella tua vita che ricordi con più piacere in assoluto e che rifaresti anche subito?
Il teatro, non ho dubbi.

Attualmente so che stai lavorando ad un nuovo album.
Ho in mente un progetto che vorrei chiamare “Passaggio a sud ovest”, almeno questo è il nome provvisorio. Non è rispondente a certi canoni, ma lo devo a me stesso. Voglio fare qualcosa in cui sono io; anche lavorando in gruppo, con altri musicisti, ma che mi riguardi in prima persona. Anche perché attualmente la mia attività è scoprire nuovi talenti, con la mia etichetta “OndeRadio Records”. Penso che sia anche un processo naturale: dopo aver fatto un certo percorso ti viene voglia di aiutare chi sta nascendo adesso; è una cosa che mi piace dare un supporto ai giovani con la mia esperienza. Attualmente produco musica, o scrivo per altri.

Per quanto riguarda i tuoi progetti futuri, oltre all’album, parteciperai al concerto di Natale di Antonella Bucci, con la quale hai già collaborato.
Sì, già nel 2003, prima che venisse ingaggiata nella tournèe con Eros Ramazzotti, “Eros 9”, era special guest con il nostro gruppo, quando facevamo tournèe nelle piazze. Con Antonella c’è un rapporto di stima reciproca per cui, in virtù dei nostri trascorsi, spesso mi invita nei suoi live.

Articolo di Anna Gaia Cavallo

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