Etichette discografiche indipendenti: il grande passo

Per ottenere una risposta positiva dalle label, il brano vi deve rispecchiare intimamente perché solo così potrete dimostrare la vostra unicità

Etichette discografiche indipendenti: il grande passo
Etichette discografiche indipendenti: il grande passo Le label indipendenti, preferiscono seguire il progetto con il meccanismo del “work in progress”

Il tentativo è forte. Spesso, nonostante la buona volontà delle label indipendenti, molti artisti rimangono appesi al filo dell’attesa.

In una prima fase inizia lo sconforto misto alla sensazione che dall’altra parte della mail cui si è inviato il proprio demo ci sia il classico muro di gomma.

Molto spesso, l’artista debuttante, uso questo termine perché non amo particolarmente la parola emergente, inizia a pensare che il brano presentato non sia piaciuto.

A questo punto scatta l’ulteriore step, quello in cui l’egocentrismo dell’artista vince su tutto e che, spesso, lo porta a pensare che i suoi interlocutori non capiscano nulla di musica perché non sono in grado di apprezzare il brano proposto.

A dar man forte a questa convinzione sono il gradimento già ottenuto dalla ristretta cerchia di amici e collaboratori che hanno portato alla realizzazione del brano.

In realtà il meccanismo di selezione da parte delle label, seppur indipendenti, si basa su logiche ferree che devono tener conto, innanzitutto, del rientro economico dell’investimento che si apprestano a fare ma non solo.

Molto spesso il brano non rientra in quello che potremmo definire lo stile della label piuttosto che il genere. Uno stile che è caratterizzato dalle scelte editoriali ma, ancor prima, dal sound che rende la label stessa riconoscibile.

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Lo stesso meccanismo di selezione, inoltre, tiene conto della richiesta dell’artista. Mi spiego: inviare un brano già definitivo piuttosto che in versione demo, ma questo lo analizzeremo dopo, accompagnato dalla richiesta della produzione di un album di 10-12 brani o anche solo di un EP di 6 brani, perché questo è il progetto dell’artista, non è assolutamente conveniente.

Le label indipendenti, proprio perché tali, preferiscono accompagnare il processo di crescita dell’artista che decidono di far entrare nel loro roster.

Preferiscono seguire il progetto con il meccanismo del “work in progress” anche perché oggi il mercato discografico è mutato rispetto al passato.

Già, il solito passato che torna fuori, quello in cui l’artista realizzava un album che era messo in vendita grazie al supporto fisico e dal quale, nei primi mesi di vita del prodotto, erano estratti i singoli da promozionare direttamente anche attraverso i passaggi radiofonici.

Oggi, invece, i player digitali che si occupano della “prima distribuzione” lavorano sui singoli e non sempre, discograficamente parlando, i vari singoli del medesimo artista che vengono proposti all’interno delle varie playlist sfociano in un album.

Di fatto, aver realizzato nella propria carriera un solo brano, purtroppo e al di là della qualità del brano, non vuol dire automaticamente che l’artista sia in grado di sviluppare una narrazione più organica, un’omogeneità di stile tale da far intravedere la potenzialità di un progetto più complesso.

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Rimane, inoltre, la grande incognita rappresentata dallo “state of art” del brano. Oggi, soprattutto grazie agli home studio, che spesso sono realizzati con un semplice pc e un’interfaccia audio, mettono a disposizioni librerie che contengono decina di migliaia di suoni, spesso di media qualità.

È sicuramente eccitante per l’artista riempire le molteplici tracce che si trova a disposizione di tutti gli strumenti della libreria realizzando, troppo spesso, un muro compatto di suoni mediocri che crea una pesante sovrastruttura al brano.

Parlavamo di stile, qualche riga fa, e tutto ciò può cozzare con quello della label cui stiamo proponendo il brano precludendo parte del suo lavoro.

Peraltro nessuno mette in dubbio le vostre capacità autorali, sia per quanto riguarda il testo sia per quanto riguarda lo sviluppo melodico del brano ma ciò non significa che in voi ci sia anche l’arte di arrangiare e, comunque, che siate voi il miglior arrangiatore per vostre creazioni.

Il tentativo è forte, soprattutto quando ci s’ispira ad un movimento musicale ben preciso, ma il rischio è quello che la qualità intrinseca del vostro brano cali drasticamente e risulti, per così dire, déjà entendu, ossia già ascoltato.

Etichette discografiche indipendenti: il grande passo

Un brano che sembra troppo uguale ad altri, magari brani mainstream che hanno centinaia di migliaia di ascolti, deve combattere due volte con il mercato: la prima è per convincere qualcuno a produrlo e la seconda perché è costretto ad entrare in un’arena piena di contendenti che

hanno già occupato la fascia di mercato che, nonostante si sviluppi su piattaforme virtuali, non è infinita e assai poco remunerativa sia per l’artista sia per la label che ha investito in lui.

Meglio, quindi, un classico demo voce e pianoforte, piuttosto che chitarra o beat, o un brano già arrangiato e finito? La risposta non esiste ma per ottenere, invece, una risposta positiva delle label, il brano vi deve rispecchiare intimamente perché solo così potrete dimostrare la vostra unicità.

E l’unicità, è evidente, vi rende unico quindi interessante. E spesso sono proprio le cose semplici, in un universo musicale costruito su 64 tracce, sono quelle che risultano essere interessanti.

Articolo a cura di Roberto Greco 

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