Elya: “Attraverso la musica ho parecchio da raccontare”

Intervista al giovane cantautore veneto, presente sulle piattaforme digitali e nei negozi tradizionali con il suo primo omonimo album

Elya
Spazio Emergenti: Elya si racconta ai lettori di Musica361, approfondiamo la sua conoscenza

E’ disponibile negli store a partire dal 7 dicembre il disco d’esordio di Elya Zambolin, giovane artista che abbiamo avuto modo di apprezzare nel corso della quarta edizione italiana di The Voice, tra le fila del team di Max Pezzali. L’album è composto da tredici tracce, tra cui un brano strumentale e un preludio, tutte firmate dal talentuoso venticinquenne veneto, perfettamente a suo agio in ogni singola canzone.

Lo hai definito un disco artigianale, perché?
Perché credo sia un disco fatto con lo spirito di una volta, ci sono voluti due anni di lavoro e tanta pazienza, in più con l’utilizzo di strumenti veri e suonati, aspetto che non rappresenta un dettaglio di questi tempi. Ho voluto preservare l’atmosfera analogica, a tratti anche imperfetta, ma sicuramente più autentica rispetto alle cose che vengono artefatte digitalmente.

Tredici brani composti e prodotti interamente da te, avevi molto da raccontare?
Si, avevo e ho ancora molto da raccontare. Il disco è stato prodotto da me insieme a Roberto Visentin, abile chitarrista nonché uno dei musicisti che mi accompagneranno in tournée. Questo progetto nasce dall’esigenza di raccontare situazioni e storie che mi sono vicine.

Cosa hai voluto lasciare fuori e cosa portare all’interno di questo tuo primo disco?
Prima di entrare in studio avevo raccolto molti brani, ne è stata fatta una selezione in base alle canzoni che più mi rappresentavano in quel preciso momento. I temi sono differenti, ogni brano ha la sua storia, non c’é un fil rouge che collega le tracce, ho cercato di portare tutto me stesso, lasciando fuori le cose meno importanti e che non fanno parte della mia quotidianità.

Come e quando ti sei avvicinato alla musica?
Mia madre è un’insegnante di pianoforte, ricordo all’età di sei anni il mio primo approccio con i tasti bianchi e neri, da lì è iniziato tutto. Ricordo anche una lettera che da bambino scrissi a Babbo Natale, chiedendogli di riuscire un giorno ad incontrare Max Pezzali.

Desiderio avverato, com’è stato realizzare il sogno di lavorare con un tuo mito?
Lavorare con Max è stato veramente bello, non vorrei utilizzare termini banali, ma per me è stato un grande maestro, sia dal punto di vista canoro che da quello comunicativo. La sua semplicità mi ha sempre colpito, incontrandolo ne ho avuto conferma. Il mio sogno è quello di riuscire a farmi influenzare da personalità di questo calibro.

Personalmente, ti collochi in un genere particolare?
No, non riuscirei a farlo. Fare musica è una grande responsabilità, che tu ti proponga ad un pubblico di due persone o di duemila non cambia, per questo motivo cerco di essere sempre molto puntiglioso e meno classificabile possibile. Il mio obiettivo è quello di rendere semplice una costruzione complessa e complicata come la stesura di una canzone.

Cosa ti ha insegnato la musica?
La musica è la mia valvola di sfogo, con razionalità mi aiuta a trovare un ordine nelle cose, mi insegna tanto a livello interiore, mi aiuta a buttare giù i miei pensieri, psicanalizzandomi costantemente.

Condividi su:
Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Top