Confessioni di un clubber. Viaggio nella musica elettronica italiana

Un viaggio nella musica elettronica italiana tra emozioni , confessioni e interviste, attraverso gli occhi di un clubber atipico.

Viaggio-nella-musica-elettronica-italianaSono le 6:30 del mattino di una fredda e grigia mattinata fiorentina di 11 anni fa. Sono appena uscito dal Tenax e l’aria gelida e pungente mi porta a riprendermi. Nella testa echeggia ancora la cassa in 4/4 e la puntina ha appena smesso di sfiorare il vinile. Richie , Sven e Ricardo sono nel vicino hotel a 5 stelle in compagnia dei soliti vizi; qui è ancora notte fonda, anche se le lancette dell’enorme orologio nella hall dell’hotel dicono tutt’altro.

In me l’emozione lasciata dal set è ancora forte e palpabile, emozione che mi accompagna tuttora, alimentata da set e live set in cui mi sono immerso in questi 11 anni di clubbing. Emozioni nuove e tuffi nel passato, parlando di artisti ed eventi che hanno plasmato la scena elettronica italiana e continuano a plasmarla, come un’opera infinita e ancora incompiuta.

Parleremo con artisti, organizzatori e addetti ai lavori per nuotare insieme nel vasto mare della musica elettronica italiana. Buon viaggio.

Confessioni di un clubber #1

Italians do it better

È una tipica serata milanese, molto cupa e la nebbia è palpabile, quasi sembra di spostarla camminando. Percorriamo via Fantoli e a fatica intravediamo l’imponente ingresso dell’altrettanto imponente Fabrique. È un locale immenso, che può contenere fino a 3000 persone.

Qui tutto è fuori scala, dalle dimensioni all’impianto, ma soprattutto le massicce line up che, ogni settimana, tra concerti live e dj set, attirano migliaia di giovani meneghini e non. Line up che nessun altro riuscirebbe a mettere insieme, sia per la varietà della musica proposta, sia per il calibro degli artisti.

Questa notte siamo venuti a sentire i set degli italianissimi Tale Of Us e Mind Against, del tedesco Recondite con apertura di Pisetzky. Il meglio della techno europea riunita in un unico club. Artisti che, con i loro set in giro per il mondo e con produzioni pionieristiche sulle migliori label internazionali, hanno ottenuto un posto fisso tra i big.

Serata che scorre tra bass line profonde e a dir poco imponenti e melodie che sembrano provenire direttamente da ambientazioni surreali degne di una pellicola di Tim Burton. Il pubblico è a dir poco rapito; dal tipo sottocassa con la testa infilata nel woofer al barista che, dall’altra parte del locale, sta preparando l’ennesimo cocktail a tempo di musica: nessuno riesce a stare fermo.

La serata sta finendo e, come un rito ancestrale tipico di noi italiani (rito che ripetiamo anche in giro per il mondo, tanto per farci riconoscere), appena l’ultimo beat viene emesso dalle casse, appena il silenzio cala sulla bolgia, un coro unanime si alza: ultimo! Ultimo! Ultimo! E allora, ecco che la puntina solca di nuovo il vinile per un ultimo ballo e le mani si alzano di nuovo al cielo, per un’ultima volta, almeno fino al prossimo set.

Articolo di Mattia Volpe.

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