Boris Riccardo D’Agostino: professione Sound Design

Boris Riccardo D’Agostino, l’arte del disegnare un suono

La professione di sound design è un lavoro molto affascinante che richiede una variegata e approfondita conoscenza di numerose discipline sia musicale che tecnologiche.

Inoltre, chi intraprende questa arte, è colui che modella qualcosa fino a riuscire ad ottenere un risultato imprevedibile, ed ha la capacità di costruire e disegnare delle dimensioni sonore che nella sorgente di partenza non esistevano. E cosi con la matita in mano proprio come fa un musicista quando scrive della musica il sound designer con la tecnologia e le sue tecniche scrive il tessuto sonoro dentro un racconto di un film.

Boris Riccardo D’Agostino: professione Sound Design
Boris Riccardo D’Agostino

Cosi, chi si occupa di questo mestiere non solo è progettista ma anche creatore di un suono, ha la capacità di manipolare rumori adatti a ogni evento, effetti sonori per ogni ambientazione e personaggio.

Io ho avuto il grandissimo piacere, di conoscere un giovane professionista pieno di talento e sentimento per la professione del sound design, Boris Riccardo D’Agostino.

Nato e cresciuto a Fiumefreddo di Sicilia, venuto a Roma con tanta passione per il suo lavoro e il grande amore per la musica. Con grande entusiasmo vanta al suo attivo più di 200 prodotti al suo curriculum, tra cortometraggi, spot pubblicitari, film e documentari.

Ciao Boris, raccontami del tuo percorso. Come sei arrivato ad intraprendere la professione di sound design?

In realtà nasco come grafico pubblicitario. Ma ho sempre avuto una grande passione per la musica, infatti, in parallelo al mio lavoro ho coltivato questo grande amore.

Ho conseguito gli studi da grafico giù in Sicilia, nella mia terra d’origine. Poi mi sono reso conto che dovevo prendere più sul serio questa mia inclinazione per il suono e la musica, ho provato a mandare la domanda di ammissione per entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma.

Così mi sono imbarcato su un treno con la mia valigia con tantissima voglia ed emozione, ma con poche speranze di entrare. Arrivato a Roma per il colloquio di ammissione rimasi subito colpito da quel contesto di cui ne ero estremamente ammaliato, ma continuavo a non riporre molta speranza.

Mi sbagliavo! Mentre ero sul treno di ritorno per la mia amata Sicilia mi arrivò la chiamata di uno dei colleghi conosciuti durante gli esami per dirmi che ero stato ammesso al corso. Ero alle stelle e incredibilmente sorpreso.

Raccontami di più di questo rapporto con la musica…

Questa passione l’ho sempre avuta sin da piccolo. All’età di 13 anni ho iniziato ad avvicinarmi alla musica rap, facendo anche piccole esperienze in programmi radiofonici.

Poi con tanta pratica e dedizione mi sono addentrato anche nel mondo della composizione musicale. Infatti prima di diventare un professionista nel sound design nel cinema nasco come compositore.

Sono partito che non avevo nessuna formazione tecnica, la mia maestra è stata sempre la pratica e soprattutto la tanta voglia di esprimermi. Questo mio percorso mi è sempre tornato molto utile.

Inoltre, ho avuto la grandissima soddisfazione di ricevere una nomination al Montreal International Wreath Awards Film Festival (MIWAFF) in Canada, con Alice In the Land that wonders” della regista Giulia Grandinetti. Ho fatto parte del gruppo dei compositori ed inoltre mi sono occupato del lavoro del mixaggio, confezionando il film. È un progetto a cui tengo molto, dove ho messo tantissimo sentimento.

Che significato ha per te il suono in un film?

All’inizio non conoscevo bene il linguaggio cinematografico, per me molte cose erano nuove. Non avevo mai visto con i miei occhi il mondo del cinema da cosi da vicino, infatti, inizialmente per me quel linguaggio era difficile perché sconosciuto.

Quando pensi al suono nel cinema si fa sempre riferimento alla musica o alla colonna sonora, ma invece ci sono dei suoni che sono fondamentali per descrivere un racconto. Il mio punto di forza forse, è proprio che non sento un limite o confine tra musica e suono.

Raccontami dei tuoi lavori, ho visto che hai vinto Widescreen di Miami?

Devo dire che le esperienze lavorative sono state tante e tutte molto piacevoli, lasciandomi sempre bei ricordi. Si, con grande soddisfazione e sorpresa con il film “Pipinara” di Ludovico Di Martino abbiamo ottenuto il premio Best Sound Design, nel 2018.

È  stato veramente inaspettato, ci abbiamo lavorato tanto e tutti noi abbiamo messo veramente del sentimento. Ho lavorato notte e giorno, a tal punto che al momento di consegnare trovai il modo di nascondermi dentro la sala mix del centro sperimentale e trattenermi un po’ dopo l’orario di chiusura…

Per perfezionare ancora quel disegno sonoro, per raffinare al massimo quella consegna e renderla più vicino alla perfezione possibile.

Ma di bei ricordi ne ho veramente tanti, ho avuto anche la fortuna di registrate con il Coro di San Lorenzo in Lucina un’opera inedita del Maestro Ennio Morricone, con il quale il Maestro Lucci lo ha omaggiato.

Con grande emozione nel mio piccolo ne ho fatto parte.

Uno dei tuoi ultimi lavori?

Cattivo Sangue di Simone Hebara. Un film ideato da un gruppo di giovani ragazzi di Ostia, sai io venendo dal mare mi sono subito sentito legato in qualche modo a loro.

È un progetto dove hanno lavorato per tanti anni. Quando sono stato chiamato, era ancora tutto in stato embrionale, ma già con tanto sentimento dietro.

Un film particolare, che strizza l’occhio verso una cinematografia coreana. Sai, per me una cosa fondamentale è l’empatia che si crea nel gruppo di lavoro, perché se c’è una buona connessione riesco a disegnare attraverso i suoni tutti i sentimenti di ciò che si vuole raccontare.

Inoltre, in questi giorni a Venezia, nella settimana della critica, è stato presentato “Le Mosche” di Edgardo Pistone, un cortometraggio dove mi sono occupato del missaggio.

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Boris Riccardo D’Agostino

Da come racconti il tuo lavoro emerge tantissima passione e amore. Ma come quando si è adolescenti il primo amore non si scorda mai, il tuo primo amore a livello professionale qual è?

Come ho già detto prima, ne ho tanti. Ma uno che mi porto nel cuore è “Rock My Trumpet” con la regia di Ado Hasanovic.

Io e Ado abbiamo frequentato insieme il Centro Sperimentale, lui come regista io come sound designer. Si è subito creato un ottimo feeling tra di noi. Sarà che eravamo entrambi “stranieri” io venivo dalla Sicilia e lui da Sarajevo.

Ma ovviamente non è solo per questo, la cosa che mi entusiasmò e che mi fece impazzire alla follia forse fu proprio la musica.

Questo film racconta di un jazzista che cambia casa e da quel momento gli accadono tantissime cose. Mi ha talmente appassionato che pensavo alla storia giorno e notte.

Mi misi a comporre la musica pensando alla storia e cosi quando la presentai agli insegnanti del centro decisero di utilizzare la mia musica. Aveva toccato tutte le mie più grandi passioni la musica e il cinema.

Secondo te esiste un parallelismo tra la musica e l’arte del sound design?

Secondo me, si! La musica è composta da note e ritmica dichiarate, mentre, il suono è formato da toni e anche essa ha una ritmica ben precisa, ma la differenza che la musica al contrario del suono è ciclica.

Esistono vari tipi di suono, ci sta quello bello e quello più sporco e imperfetto. Ma se quello sporco drammaturgicamente ha più valore e ha una funzione più emozionante io farò di tutto per riportare quel sentimento che si cela dietro al suono.

Spesso le cose non calcolate o casuali sono le più belle. Il suono crea il film, ma il suono è anche l’unica cosa sempre autentica all’interno di un racconto.

 

Articolo  a cura di Melissa Brucculeri 

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