… stavolta si è presa la Luna!
Dopo la vicenda della canzone di Rino Gaetano, utilizzata come “sigla” in una manifestazione politica senza alcun consenso degli aventi diritto, pensavamo davvero che i politici non si sarebbero spinti oltre. Ci sbagliavamo.
![Ancora la politica a violare le canzoni 1 Ancora la politica a violare le canzoni 1](https://www.musica361.it/wp-content/uploads/2019/05/ancora-la-politica-a-violare-le-canzoni-3-1024x682.jpg)
Un noto personaggio politico (un senatore, professore universitario, già ministro della Repubblica Italiana) ha avuto l’ardire di utilizzare la celeberrima canzone “Luna” di Gianni Togni e Guido Morra per uno spot politico per le elezioni amministrative nella città di Bari; con la sfrontatezza di cambiare il testo della canzone (in modo molto discutibile) e di sincronizzarne il risultato della dilettantesca registrazione nel video promozionale.
Il filmato ha iniziato a circolare in rete dal 6 maggio scorso, mentre Gianni Togni – accortosi pochi giorni dopo della deprecabile iniziativa – ha espresso pubblicamente di dissociarsi dalla vicenda, con ogni più ampia riserva di tutela.
Il politico si sarebbe chiarito e scusato con l’artista; ma, ciò nonostante, il video è ancora in rete.
Il fatto riveste una particolare gravità (maggiore rispetto agli episodi già trattati in queste pagine): stavolta l’utilizzo strumentale del brano musicale,
violare le canzoni senza autorizzazione a scopo di propaganda politica
senza autorizzazione e a scopi di propaganda politica, è stato anche inciso e sincronizzato in un video; ed ha subìto la grave “deformazione e modificazione” che, a norma di Legge, configura la violazione del diritto morale d’autore.
Come abbiamo già visto, infatti, ogni atto a danno dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore, è vietato dall’art. 20 della Legge sulla protezione del diritto d’Autore.
Oltre al danno di natura morale ricevuto, gli autori potrebbero contestare e rivendicare un pregiudizio di natura economica, commisurabile – come minimo – con il c.d. “prezzo del consenso”, salvo ulteriore ristoro per aver la possibile perdita d’immagine nell’opinione pubblica.
Dopo questo ennesimo “scivolone” a danno della musica, la speranza è che almeno i politici si informino meglio sulle leggi che tutelano gli autori e gli interpreti; proprio loro che le leggi le scrivono e dovrebbero conoscerle.