SÒL: “Prima che sia notte” apriamo gli occhi!

SÒL: “Prima che sia notte” è il suo esordio, il primo tassello che segna l’inizio di un viaggio musicale profondo e autentico, destinato a lasciare il segno

SÒL: “Prima che sia notte” apriamo gli occhi!
SÒL

Giulia Battolla, in arte SÒL, nasce e cresce in Liguria, nella provincia di La Spezia e inizia a cantare quando è ancora molto piccola. Questa grande passione la accompagna alle prime esperienze sui piccoli palchi di provincia, fino a ottenere i primi riconoscimenti. A Genova coniuga lavoro e musica, insegnando e approfondendo la scrittura come percorso intimo, oltre a partecipare a diversi progetti. “Prima che sia notte” è il suo esordio e segna l’inizio di un viaggio musicale profondo e autentico; è una necessità, un dialogo personale che trova spazio e libertà nella musica. Il brano racconta il profondo senso di estraneità rispetto a un mondo in costante movimento, una realtà dove, nonostante la continua connessione con gli altri, ci si può sentire profondamente soli. Con questo singolo l’artista invita gli ascoltatori a rinunciare all’illusione del controllo assoluto e a riconoscere la bellezza e il valore della propria vulnerabilità, trasformando così l’incertezza in una potente forza creativa e liberatoria.

Bentrovati nel nostro consueto appuntamento settimanale. Oggi siamo in compagnia di Giulia Battolla, in arte Sòl, benvenuta tra noi! Come stai?

Buongiorno a tutti/e, grazie per avermi ospitata, è un piacere. Tutto bene!

Vorrei aprire la nostra intervista partendo dal tuo legame con la musica. Come si è sviluppato in questi anni?

È una passione che in me è sempre stata innata. Già a sei anni ho cominciato a prendere lezioni di canto, perché i miei genitori mi sentivano spesso canticchiare a casa. Ho vissuto la musica in maniera tranquilla e serena, assecondando quello che mi andava di fare. Crescendo, il rapporto si è un po’ inaridito perché oggi sono più consapevole e cosciente del fatto che vorrei davvero cospargere la mia vita di musica sempre e comunque, ci sto mettendo tutta me stessa. Voglio e posso farlo. Ora sono più adulta e matura, faccio quello che mi piace ma anche ciò che vada nella direzione che vorrei prendere.

Ancora oggi ti affidi a qualche vocal coach?

Sì, assolutamente. Credo che tecnicamente sia un continuo evolversi e migliorarsi, però al tempo stesso oggi insegno anche nella scuola dove ho preso lezioni gli ultimi tre anni qui a Genova, mi fa molto piacere.

Oltre alla voce ti piace suonare uno strumento in particolare?

Da sempre il mio strumento preferito è il pianoforte, da bambina l’ho studiato a livello classico. Oggi mi permette di dare vita e pensieri alle melodie, è tutto orecchio e istinto.

Sòl, il tuo nome d’arte, viene dalla nota musicale?

Sì, anche. Volevo un nome da indossare che mi rappresentasse. Questa parola racchiude tanti significati per me: riprende il soul, il genere che mi più rispecchia e che indossa al meglio la mia vocalità e il mio timbro; in modo implicito sono una persona solare, estroversa ed energica quindi questo nome denota anche il tratto distintivo della mia personalità. Ma il percorso musicale mi ha anche aiutata a comprendere e mostrare il mio lato fragile.

Quando ti sei cimentata nella musica, La Spezia e tutta la Liguria in generale come ti hanno accolto?

Qui a La Spezia c’è una realtà musicale, anche se non pienamente sviluppata ma comunque apprezzabile. Abito in un paesino di colline, una realtà più diversa dalla provincia, sono abituata a vivermi l’intimità della musica. I miei concittadini hanno sempre creduto in me, mi hanno sempre sostenuta. Sono presente alle varie iniziative di paese.

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Quanto ti senti legata alle tue radici?

Sono una persona molto duttile nel cambiare spazi e zone. L’essere cresciuta in un ambiente piccolo e intimo mi ha caratterizzato molto personalmente, una realtà scarna da questo punto di vista. Quando mi sveglio, invece del rumore delle auto, sento il canto degli uccellini, non smetterò mai di amare tutto questo. Lì c’è la mia essenza, minimalista ma ricca. Ad oggi che vivo a Genova mi manca ciò.

C’è un genere che prediligi?

Oggi mi reputo una cantante indie-soul, vorrei provare a mischiare questi due mondi; il primo è molto minimal nel modo di comunicare, il secondo ha dei suoni più cupi e strascicati che rispecchiano il mio timbro.

Hai un momento della giornata in cui preferisci scrivere?

Ti direi la sera, per come ho organizzato la mia vita. La mia cucina ha un’acustica particolarmente buona, creo prima qualche armonia e in seguito viene da solo un flusso di parole.

“Prima che sia notte”: il tuo primo singolo. Raccontaci la sua storia…

Sono profondamente legata a questo brano, uscito fuori subito nel primo giorno in cui ci siamo visti in studio con Zibba, il mio produttore. Me la sono risentita in loop durante il viaggio di ritorno in treno. Volevo tanto esprimermi a parole mie ma non avevo mai trovato qualcuno che mi spingesse oltre la mia barriera. Suona come una liberazione, è una canzone significativa, l’ho voluta proprio far uscire per prima.

Come ti sei sentita subito dopo l’uscita?

Mi sono imposta di non avere aspettative su me stessa quindi lasciare che le cose andassero da sole. Come debutto sono molto contenta, ho lasciato da parte tutte le paranoie e mi sono arrivati molto feedback positivi che mi hanno gratificata. Non vedo l’ora di cantarla in giro. Mi ha dato la giusta energia.

SÒL, qual è il messaggio che vuoi far arrivare?

Per come sono fatta non dico le cose in modo così esplicito e chiaro, ma il messaggio è di non preoccuparsi di sentirsi diversi. Pensare troppo non porta nulla di produttivo, perdi solo tempo ed energie. Come dico nel testo, ancor prima che faccia notte le cose si spengono. Ho la sensazione di un mondo che corre tanto e ci troviamo a rincorrere noi stessi. Quindi, prima che sia troppo tardi, apriamo gli occhi.

Il brano ha un senso di estraneità rispetto a un mondo in costante movimento. Con questa canzone sei riuscita in parte a fermare il tempo?

Secondo me sì. Non ho nessun super potere, però il brano ha un mood di rallentamento, sedersi e godersi il presente senza pensare al dopo.

Ci racconti l’esperienza del concorso di “Voci d’oro” che hai vinto a Montecatini?

Ero abbastanza piccola, vivevo un periodo di sconfitte. Nessuno mi obbligava a fare concorsi ma non mi andava di partecipare perché osservavo una realtà che non mi piaceva. Era l’ultimo a cui mi ero iscritta, arrivai a Montecatini, c’era un luogo magico. Oltre ad aver vinto, mi sono sentita davvero gratificata, il talento era stato riconosciuto. Ho provato un senso di rivincita e di riscatto nei confronti delle esperienze precedenti.

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Quando un artista fa musica è come se stesse dipingendo la sua tela. Anche per te è così?

Assolutamente sì, l’arte mi accende davvero, nella mia quotidianità è una lucina che mi tiene sempre frizzante. Non mi fa spegnere, non mi fa abituare e non mi annoia. Non esaurisce mai la mia creatività, è uno stimolo continuo. All’arte do la mia fetta, la mia sensibilità, ognuno porta un suo granello.

3 parole o aggettivi che descrivono al meglio la tua musica?

Essenziale, introspettiva e leggera.

Programmi per il futuro?

Sto lavorando già da un po’ ad un EP quindi più avanti usciranno altri singoli. Non escludo un contest per farmi conoscere di più, mi va di farlo e mi voglio mettere in gioco.

Quando uscirà l’EP?

Sicuramente dopo l’estate.

Progetti in cantiere?

Collaborare con qualche collega, fare dei featuring, aprire dei concerti. Mi piace il concetto del “artista chiama artista”, è un’idea che mi ispira molto.

Sogno nel cassetto?

Vivere di musica, insegandola, scrivendola, componendola, in qualsiasi forma.

Te la senti di lasciare un pensiero a chi ci segue?

Sì, ti direi di non smettere di cercarsi dentro e fuori, non accontentarsi e trovare nuovi stimoli per non accomodarsi nella noia.

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Simone Ferri
Ho 24 anni, vivo a Roma e nutro una forte passione per il giornalismo, in particolar modo per il settore della musica e dello spettacolo. Mi piace rimanere aggiornato con le ultime uscite musicali, scovare nuovi talenti e cantanti emergenti, intervistarli, ma soprattutto andare sempre alla ricerca della novità. Come risultato finale, si mette tutto nero su bianco, perchè le parole restano!
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