“Rock e arte”: quando l’estetica si contamina di musica

Firmato da Ezio Guaitamacchi, Leonardo Follieri e Giulio Crotti il primo libro ad approfondire in modo inedito e accattivante i rapporti tra il rock e le varie forme d’arte. O Meglio: tutto ciò che il rock ha trasformato in arte.

“Rock e arte”: quando l’estetica si contamina di musica

Il rock è una forma d’arte che, insieme alle altre sorelle, contamina e a sua volta si contamina. Questo è il principio base che ha guidato i tre autori nella stesura di Rock & Arte: quando il rock incontra l’arte, recente pubblicazione per Hoepli, casa editrice che ha dedicato un’intera collana alla musica. Un volume la cui prefazione non a caso è firmata dagli artisti Matteo Guarnaccia, Marco Lodola, Vincenzo Costantino “Cinaski”.

L’arte ha influenzato fin dagli esordi il rock, già quando Elvis Presley, accanto ad nuovo stile musicale di fatto elaborò un look che fosse capace di esprimerne la carica eversiva. Alla rivoluzione musicale del rock’n’roll si accompagnò anche quella estetica che si diffuse per imitazione di Elvis e colleghi, contagiando quanti tra quegli ascoltatori avevano capito che quella nuova musica portasse in sé qualcosa che includesse prepotentemente anche un più profondo e innovativo gusto.

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Il murale raffigurante “Aladdin Sane” realizzato a Brixton

Da Elvis in poi,
nel corso della storia del rock diverse furono le tappe di questo rapporto con arte ed estetica, tappe che raggiunsero una relazione quasi imprescindibile nel periodo del glam rock: Marc Bolan affermava che “le persone sono opere d’arte e se hai un bel viso tanto vale giocarci un po’” oppure David Bowie fece di rock e arte due principi inscindibili della sua carriera, ponendo il suo stesso trasformismo a capo della propria ispirazione musicale, marcando di conseguenza ogni momento della sua affermazione con una precisa estetica musicale. Questi i primi casi che vengono alla mente parlando di rock e arte ma sono solo alcuni di quelli citati nelle pagine di Rock & Arte che riportano numerosissime immagini legate a singolari storie, personaggi e aneddoti che hanno contribuito a consolidare la fama di divi e dive del rock dagli anni ‘50 ai giorni nostri.

Il primo contatto tra mondo musicale e artistico venne inevitabilmente dalle iconiche copertine
che hanno contenuto album leggendari, oggi “ridotte”, è il caso di dirlo, nell’era della musica liquida ma che un tempo venivano persino appese come quadri. Nel libro una sezione dal titolo “L’Ottava Arte” si occupa degli artisti e designer più influenti e creativi che hanno contribuito, con i loro artwork, a immortalare capitoli di storia del rock, specialmente per i cosiddetti concept album. Artwork che hanno costituito una porta verso nuovi mondi musicali come la copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles partorita da Peter Blake, la banana lisergica di Velvet Underground & Nico dalla mano di Andy Warhol o le numerose opere di Storm Thorgerson per i Pink Floyd, fino ai Muse.

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La copertina di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles (1967)

Nella sezione dedicata ai poster
si spiega e si capisce come l’elemento grafico abbia sempre più costituito una componente importante per la musica, al punto che persino oggi, ad ogni recente ripubblicazione di dischi in occasione degli anniversari, accanto agli inediti musicali, nei packaging trovano spazio altrettanti inediti artwork, copertine o foto da custodire gelosamente come preziosi reperti. Curiosamente in contrasto ad un’era in cui molte band vivono una fruizione social “usa e getta” delle proprie immagini.

E oltre a poster di concerti, copertine e immagini spazio anche a quell’arte legata agli oggetti da collezionismo del mondo rock, veri cimeli valutati al pari di opere d’arte dati i prezzi d’asta e le numerose mostre dove negli ultimi anni sono stati esposti. Qualcosa di impensabile fino a qualche decennio fa ma che, speculazioni a parte, fa ben pensare che il rock stia superando quel bilico tra intrattenimento e cultura, tra cultura e sottocultura, spostandosi sempre più verso quest’ultima considerazione, grazie anche a casi come il Nobel a Dylan.
D’altra parte come quelle band che non sono diventate famose grazie agli algoritmi ma per la capacità di proporre qualcosa di artisticamente rilevante da lasciare in eredità alle generazioni future, così si spera possa essere anche per le band più recenti, certo non solo per visualizzazioni su YouTube, ma per un intrinseco valore artistico.

Non manca una sezione dedicata anche alla settimana arte
che ha supportato l’epopea rock con mitici documentari come Woodstock, approfonditi docufilm come The Wall di Roger Waters o film e biopic di successo come testimonia, in ordine di tempo, il recente Bohemian Rhapsody sui Queen o il recente fenomeno delle proiezioni cinematografiche di concerti.

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La copertina di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles (1967)

Chiude il libro una sezione che esplora la parte creativa,
più o meno conosciuta, di quelle rockstar che non sono riuscite ad affermarsi come avrebbero voluto in altri campi artistici, come ad esempio Joni Mitchell, artista che si definisce “una pittrice prestata alla musica” specificando che un quadro non è come una canzone: una volta dipinto nessuno ti chiede più di rifarlo”. Contaminazioni artistiche che non devono stupire dato che, come ha detto una volta Marylin Manson “L’arte non è mai una cosa unica”.

Ne risulta un bellissimo volume di 386 pagine
denso di immagini a colori su carta spessa da sfogliare e consultare nelle sue otto sezioni – copertine, poster, artisti e designer, fotografia, oggettistica, cinema, modaognuna raccontata attraverso storie, aneddoti, box, “quote”, dichiarazioni e curiosità.
Da Andy Warhol ad Allen Ginsberg, dall’arte immaginifica dei Pink Floyd alla grafica psichedelica di San Francisco, dagli scatti di Jim Marshall e Linda McCartney al documentarismo di Martin Scorsese. E ancora dal taglio di capelli dei Beatles alla moda grunge, dalla copertina di Abraxas alle poesie di Jim Morrison,dalla Rolls Royce di John Lennon alla Porsche di Janis Joplin. E non mancano anche i riferimenti italiani alla musica prog-rock delle Orme o di Gianni Sassi che creò copertine per la Cramps.  Passione, competenza e originalità per raccontare tutto ciò che il rock ha trasformato in arte.

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Luca Cecchelli
Luca Cecchelli
Giornalista, laureato in linguistica italiana e da sempre curioso indagatore dei diversi aspetti del mondo dello spettacolo. Conduttore radiofonico e collaboratore per diverse testate e rubriche di teatro e musica, svolge parallelamente l’attività di ufficio stampa e comunicazione. Spettatore critico e melomane, è assiduo frequentatore di platee e sale da concerto oltreché batterista per passione e scrittore. Quello che ama di più però è scovare nei libri o in originali incontri e testimonianze retroscena culturali della storia della musica e incredibili aneddoti rock, di cui in particolare è appassionato conoscitore.
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