Raspa: “Backstage”, un inno alla determinazione individuale, con la dedizione e il coraggio per restare fedeli a sé stessi

Raffaele Azzolini Arizi, meglio conosciuto come Raspa, nasce a Belluno, dove inizia il suo percorso musicale dietro la batteria di diverse band, ma è l’incontro con il rap a segnare la svolta decisiva nel suo percorso artistico. Scrivere diventa per lui un’esigenza, uno strumento per canalizzare e raccontare le emozioni di rabbia e tristezza vissute durante l’adolescenza. I suoi testi sono prevalentemente autobiografici, ma non mancano incursioni in atmosfere più leggere e divertenti, creando performance coinvolgenti e sincere. Il suo ultimo singolo, “Backstage”, ne è la conferma: attraverso un testo diretto e senza mezzi termini esplora diversi concetti, tra cui la forza di volontà necessaria per affrontare ostacoli e la ricerca di un’autenticità che non scende a compromessi. Raspa non ha mai smesso di credere nel potere della musica come strumento di verità e originalità.
Bentrovati nel consueto appuntamento settimanale. Oggi ci troviamo in compagnia di Raffaele, in arte Raspa, giovane rapper del nord d’Italia. Benvenuto tra noi, come stai?
Buongiorno a tutti voi, grazie per questa opportunità, è un piacere essere nel vostro spazio!
Partiamo dal motivo principale per il quale ci troviamo qui: la musica. Che rapporto hai con lei?
La musica è come se fosse un tutt’uno con me, fa parte della mia vita fin da bambino, alle medie ho iniziato come batterista in gruppi punk, metal, rock, e quant’altro. In seguito, ho abbandonato un po’ la band perché era complicato far collimare insieme cinque teste, ognuno ha preso la propria strada; la mia è sfociata nel rap, è una scelta venuta da sé. È successo in un momento della mia vita privata in cui sentivo di dover esternare, in generale non sono una persona loquace e l’unico modo era scrivere testi. La musica è il mio ossigeno, è indispensabile.
Quando hai capito che fosse necessario fare questo cambio?
Quando non riuscivo a esternare ciò che volevo semplicemente parlandone con qualcuno. Mi sono buttato sui testi perché era l’unico modo per comunicare e per sfogarmi. È un processo terapeutico, anche se non riesco ad andare avanti, mi fa andare avanti.
Perché hai scelto il rap come genere?
Mi piace sperimentare e scoprire le novità, questo genere è sempre molto versatile. Poi perché è diretto, crudo e senza censure.
“Raspa” da dove viene?
Deriva da un mio amico che in seconda superiore mi chiamava così, era l’unico ad avermi dato questo soprannome. Non c’è un vero e proprio nesso o significato. Quando ho cominciato con il rap dovevo cercare un nome d’arte e mi è venuto in mente lui. Prima mi ci chiamava solo lui così, ora tutti.

Come ti sei trovato a fare musica a Belluno?
Qui in ambito musicale c’è qualcosa ma per il mio genere un po’ meno, quasi nulla. Quando facevo il batterista c’erano dei locali che davano la possibilità di suonare. Oggi sono costretto a spostarmi.
Quanta importanza dai al registro linguistico?
Peso molto le parole da utilizzare, quando scrivo cerco sempre di scegliere la parola giusta che possa amalgamarsi al meglio con le altre, come significato e come concetto. I miei testi sono prettamente autobiografici, racconto ciò che vivo e per questo sono molto spontaneo ed istintivo.
Entriamo nel “Backstage”, il tuo nuovo pezzo. Ci racconti la sua storia?
Nasce da uno sfogo personale, avevo voglia di dare determinazione a chi mi avrebbe ascoltato. Questa traccia l’ho scritta sette anni fa, solo che poi è rimasta nel cassetto. Ho deciso di riprenderla in mano perché pensavo che, anche a distanza di anni, avesse del potenziale. Ci abbiamo lavorato da capo, abbiamo rifatto la produzione e reso il sound più contemporaneo. Già all’inizio l’avevo concepito come un pezzo di denuncia, diretto, e purtroppo a distanzi di anni è rimasto tale come concetti.
Cosa hai stravolto nella produzione per rendere questo brano più attuale?
Volevo renderlo più fresco con suoni più incalzanti e più ritmati. Prima era molto più spoglio.
Nel testo fai una critica ai rapper di oggi. Quali sono gli aspetti che ti deludono di più?
Sembra che oggi tutti scrivano per moda. Si è superficiali, lo si fa non con il cuore ma perché te lo impone il mercato. C’è poca originalità, qualcuno copia sempre qualcun altro e quindi viene meno l’autenticità e la personalità.
Perché hai preso spunto dalla serie “SmackDown” per il titolo?
La guardavo spesso da piccolo, era divertente. Il riferimento al mio brano è ad un lottatore, Eddie Guerrero, mi era rimasta impressa questa scena in cui lui si portava dietro i suoi problemi anche dietro le quinte. Mi sono rivisto in lui perché anch’io spesso mi porto la vita privata sul palco e nella musica.
C’è stato un momento nella tua vita in cui ti sei sentito un po’ “dietro le quinte”?
Mi ci sento spesso, non vengo capito su determinate questioni musicali.
Quando l’hai pubblicata avevi in testa l’obiettivo di trasmettere qualche messaggio a chi ascolta?
Volevo solamente che questa canzone trasmettesse la carica e l’energia alle persone in modo tale da fargli intraprendere o riprendere qualche percorso nella vita con determinazione.

Hai partecipato a qualche festival? Vuoi raccontarci qualche esperienza?
Ho partecipato ad un festival a Piacenza, mi sono portato anche un gruppo di ballo a performare con me sul palco, abbiamo fatto una cosa innovativa per la città. Ho partecipato anche ad un concorso in cui come giudice c’era Morgan, gli ho portato una canzone che è stata molto criticata dal punto di vista dell’esibizione; ma nonostante non avessi superato le selezioni, ho ricevuto da lui il premio come miglior testo.
Hai fatto anche delle aperture?
Sì, ho aperte a Il Tre, Mondo Marcio e Alfa, quest’ultimo ad agosto 2024. Mi sono trovato benissimo, è stato divertente! Abbiamo fatto il nostro piccolo live show di mezz’ora, il pubblico era abbastanza preso da ciò che stavamo facendo. Sottopalco quando siamo scesi ci hanno seguito per chiederci delle foto e alcuni continuavano a cantare dei ritornelli.
Con la musica ti vedi sotto un’altra luce?
Quando ho cominciato con il rap ero molto crudo, cattivo, dovevo sempre sfogare la mia rabbia. Con il tempo mi sono un po’ ammorbidito, ho ampliato il mio essere artista buttandomi anche sul pop.
Fare musica è un’arte non per tutti. Come vivi questa dimensione?
Nel quotidiano mi piace più ascoltare che parlare, quindi sono contento e grato di donare alla musica una parte di me. Al tempo stesso, mi dà sicurezza, è il mio porto sicuro.
Una tua peculiarità quale potrebbe essere?
La schiettezza. Lo sono anche nella vita di tutti i giorni. Da un lato è un pro e dall’altro è un contro, a volte devo essere meno diretto e più pacato, con qualche filtro in più, perché dico troppa verità.
Prossimi programmi in agenda?
Voglio provare a far parte di qualche talent perché mi piace mettermi in gioco. Sto anche organizzando dei live sia nella mia città che altrove. Ho tante tracce pronte da pubblicare durante quest’anno.
Sogno nel cassetto?
Vivere di musica, avere un pubblico davanti con il quale divertirsi cantando le mie canzoni.
Hai un messaggio che vuoi lasciarci?
Continuare a fare ciò per cui si crede, andare avanti con le proprie forze senza farsi influenzare o scendere a compromessi, esseri veri.