Jeremy Engel: “Roam like a wave” il suo esordio discografico vede finalmente la luce dopo un lungo viaggio introspettivo fatto di diverse tappe
Jeremy Engel è un cantautore e musicista nato in Lussemburgo, con uno stile musicale caratterizzato da una mescolanza evocativa di folk e rock. Un capitolo significativo della sua esperienza musicale è rappresentato da un lungo periodo trascorso in Irlanda, terra di grande ispirazione con paesaggi suggestivi che hanno influenzato il suo sound e le relative narrative.
Debutta nel panorama della musica internazionale con il primo album intitolato “Roam like a wave”, un disco introspettivo composto da 12 tracce che approfondiscono la complessità della condizione umana. Lotta e resilienza sono alcuni dei temi più toccati che si fondono con la sua profonda voce ammaliante e i suoi racconti personali. Engel è così capace di arrivare all’attenzione dell’ascoltatore, concretizzando il bisogno di un’intima comunicazione emozionale e sensibile.
Buongiorno a tutti/e, oggi siamo in compagnia di Jeremy Engel, benvenuto tra noi! Come stai?
Buongiorno! Sto bene, grazie per avermi invitato!
Quali sono i tuoi sentimenti dopo l’uscita dell’album “Roam Like A Wave”?
Direi che i sentimenti sono un po’ contrastanti. Da una parte sono felice che l’album sia finalmente uscito, ma dall’altra mi proietto già verso il futuro e la scrittura di nuove canzoni.
Quanto tempo ci è voluto per scrivere l’album? È basato su esperienze personali?
È un album che mi ha richiesto moltissimo tempo per essere scritto. Ho impiegato 15 anni per finire il testo di “Get To Know You” e solo 5 minuti per scrivere quello di “She Takes All The Trains”. Non volevo affrettare le cose per paura di tradire la mia visione. Penso che ci si ispiri sempre un po’ alle proprie esperienze personali quando si scrive un album, ma non è un racconto autobiografico. La mia esperienza personale è solo il punto di partenza, ma poi lascio che le parole mi guidino per dare senso alla canzone. Non conosco mai il tema di una canzone in anticipo, è durante la scrittura che le parole mi indicano il percorso e il tema emerge.
C’è un brano che ti piace particolarmente? E perché?
È molto difficile rispondere. Mi piace molto la canzone “She Takes All The Trains” perché è una canzone d’amore tra sé stessi e un sogno, dove non si sa più cosa sia reale e cosa appartenga all’immaginazione. Tutto l’album si colloca su questa sottile linea tra sogno e realtà. Mi piace anche “Get To Know You” perché ho iniziato a scriverla a 25 anni, mentre ero sul traghetto per l’Irlanda. “Leave The Shore” è un altro dei miei brani preferiti perché si ispira a un romanzo persiano del XII secolo, La conferenza degli uccelli, e qui la musica raggiunge davvero un’ispirazione lirica.
C’è un verso di queste canzoni che preferisci?
“So call me, before we get older Before we learn better, to hide ourselves away.”
È un riferimento al tempo che passa e alla necessità di vivere il presente senza aspettare.
Quali temi affronti nell’album?
È un album profondamente introspettivo. Esploro la complessità dei sentimenti, senza giudizio. Indago i nostri paradossi, tutto ciò che compone la nostra molteplicità e il fatto che non riusciremo mai a conoscerci veramente. È un invito ad apprezzare l’imperfezione della nostra esistenza. L’imperfezione è l’elemento che ci accomuna tutti ed è ciò attorno a cui possiamo trovare un terreno comune.
Quali aspettative hai per questo progetto? Ho visto che hai già vinto un premio…
Non ho aspettative precise. I riconoscimenti e gli apprezzamenti sono benvenuti se arrivano, ma non è questo il mio obiettivo. Creo perché non ho scelta, non creo per cercare approvazione negli altri. Se la mia musica riesce a toccare profondamente anche una sola persona, allora l’obiettivo è raggiunto. In fondo, la musica è solo un pretesto per aprirsi agli altri.
C’è stato un momento preciso in cui hai capito che dovevi dedicarti alla musica? Qual è la tua preparazione musicale?
Non sono un musicista accademico e non so leggere la musica, ma penso di riuscire a percepirla. Ho capito che dovevo dedicarmici perché è ciò che mi sembra più naturale. È il modo che mi permette di comunicare e di contribuire al bene comune.
Perché ti piacciono così tanto il folk e il rock?
Apprezzo questo genere musicale perché il messaggio non viene alterato da troppi strati di suoni. Quando sei solo con la tua chitarra non puoi nasconderti dietro effetti: sei solo tu, senza possibilità di fingere. Mi piace anche la forza cruda e violenta del rock, le emozioni nella loro forma più pura, prima che vengano analizzate o controllate.
Come trasformi le idee in canzoni?
Non ho un processo preciso, ogni canzone è diversa. In genere prendo la chitarra, mi lascio trasportare, poi improvviso melodie e, ogni tanto, emerge qualcosa che merita di essere conservato.
Che vibrazioni ti ha dato l’Irlanda a livello musicale?
L’Irlanda si riflette nelle mie canzoni soprattutto grazie alla presenza degli archi. Il violino ha un ruolo fondamentale. Gli accordi che uso sulla chitarra sono spesso tipici della musica tradizionale irlandese, ma li rielaboro per un’atmosfera più folk.
Che ambizioni hai per il futuro?
Vorrei che la mia musica trovasse la strada per raggiungere coloro con cui può risuonare profondamente. È proprio il ruolo di riviste come la vostra: mettere in contatto chi crea con chi ascolta. Non mi preoccupano i numeri, non voglio che la mia musica risuoni ampiamente, ma che risuoni profondamente.