IN6N: “Gianni”, questa guerra non è punk!

IN6N: “Gianni”, un viaggio emotivo che affonda nelle pieghe della fragilità umana, un grido liberatorio dalla periferia all’anima

IN6N: “Gianni”, questa guerra non è punk!
IN6N

IN6N è il nome d’arte di Gianmarco Ciullo, artista romano cresciuto nella scena emo-hardcore della Capitale, lavorando all’inizio come fotografo per band. Nella sua musica mescola tanti generi come il punk, il rap, il pop, urlando le proprie emozioni in modo autentico. Scrive per immagini, spesso le sue tracce suonano come dei reportage delle persone che ha vicino e altre volte sono autoritratti in cui gli altri si possono rispecchiare. Questo è il caso di “Gianni”, il suo nuovo singolo; un brano intenso e viscerale che diventa il manifesto contro la rassegnazione, un invito a cercare una forma di pace interiore. Il dolore non sa tacere, quindi l’artista con la sua voce graffiante, trasforma la sofferenza personale in una narrazione musicale potente e condivisa, attraverso sonorità malinconiche e alternative rock.

Bentrovati in questa nuova pagina di Musica361. Oggi è con noi Gianmarco Ciullo, meglio conosciuto come IN6N. Benvenuto! Come stai?

Buongiorno a tutti, grazie per avermi ospitato. Questa è una domanda incredibile, diciamo che sto!

Conosciamoci meglio. La musica che valore ha per te e che legame hai con lei?

Amore e odio, ma verso me stesso. La musica è l’espressione di tutto ciò che ho dentro, mi mette in equilibrio la vita. Mi fa conoscere più lati di me, mi fa scoprire delle novità.

IN6N - Gianni - Copertina
IN6N – Gianni – Copertina

Ti ricordi più o meno come nasce questa passione?

Il primo approccio che ho avuto con la musica è con l’hip hop, inizi con i graffiti, poi break dance e infine ho scoperto la scrittura, tramite il rap. Ho scritto i primi testi ma erano molto infantili. Di pari passo con la musica è arrivata l’arte, quindi la fotografia, lì mi si è aperto un mondo. Grazie ad essa ho riscoperto la musica, perché prima facevo il fotografo ai concerti di alcune band per la scena emo-metalcore romana, frequentavo i locali più noti della Capitale. Da quel momento, quella passione mi ha portato a creare questo progetto, i miei producer attuali sono gli amici di quel periodo lì, sono rimasti gli stessi.

Fin dal tuo primo giorno di musica sei uscito con il nome “IN6N”?

Sì, volevo un nome strano. Sarebbe “Insane”, in inglese pazzo, folle. L’ho scritto così in modo tale che risulti più breve e leggibile, d’impatto e facile da ricordare.

Che rapporto hai con Roma? Trai ispirazione da essa?

Sì, ma secondo me, Roma è più bella di notte. La vita la assapori più la sera, nei locali, incontri tanta gente. È completamente opposta rispetto al giorno, è come se fosse sottosopra. Reputo la notte quella fase in cui va via la razionalità e subentra l’inconscio, entri più nel profondo con le luci, i profumi, i silenzi, i rumori. Scopri un altro aspetto della città ma anche di te stesso. Si crea un rapporto di condivisione continua con tutto ciò che c’è intorno.

Scommetto che è anche il tuo momento preferito della giornata in cui scrivi…

Sì, assolutamente. Però la maggior parte delle ispirazioni mi vengono tutte in macchina, da solo, in viaggio. Magari mi fermo al semaforo e mi appunto due righe sulle note e comincio a pensare anche alla melodia da costruirci sopra. Subito dopo la passo a Becko, il mio produttore, e capiamo se è valida o no. Ho una sensibilità musicale molto a orecchio.

IN6N: “Gianni”, questa guerra non è punk! 2
IN6N

Svisceriamo il tuo nuovo singolo, “Gianni”: chi è questa persona e che storia ha questo brano?

Mi trovavo con Becko e avevamo in mano la chitarra acustica, mi era venuta in mente la prima strofa. Eravamo sicuri che uscisse qualcosa di buono. Volevo parlare un po’ degli altri anche per distaccarmi da questo egocentrismo, non mi andava di concentrami solo sull’io. Volevo raccontare la storia di una persona che fa parte del mondo: Gianni è un punkabbestia, viene raccontato tramite gli occhi di un suo amico. I due sono sempre cresciuti insieme ma Gianni è destinato a perdere la vita, ha cercato di lottare per qualsiasi cosa e si è andato sempre di più a distruggere, invece di trovare una pace interiore. Il messaggio che vuole mandare Gianni è che la vera lotta è cercare la pace e non la guerra. Per questo nel ritornello dico: “Questa guerra non è punk!”.

Hai preso spunto da un personaggio realmente esistito o l’hai inventato?

È un nome inventato ma dietro c’è una storia vera. Di queste storie se ne sentono fin troppe. Gianni è un anti punk.

Il titolo ti è venuto subito spontaneo?

In realtà il pezzo volevo chiamarlo “Questa guerra non è punk”, come riporta la copertina del singolo. Però poi ho ragionato nello scegliere il nome del protagonista, che sicuramente è più di impatto e più curioso verso chi ascolta.

Quale messaggio comunica il brano?

Il messaggio non è io contro il mondo. La vera guerra che uno affronta è rendersi conto che la guerra non si può fare. Volevo uscire un po’ anche dai cliché del punk, questo è un pezzo anti punk, va fuori dal concetto di distruzione. Anzi, ti faccio vedere a cosa ti porta questo atteggiamento. La vita di Gianni si ripercuote anche a chi gli sta vicino, in qualche modo la condiziona. All’interno del brano, c’è anche un altro significato, è subliminale: contro tutta la guerra che c’è oggi in generale, basta non se ne può più. Sembra che fare la guerra sia un atto rivoluzionario quando ormai è diventato un fatto pop. È prima in classifica, non può mancare…assurdo!

Secondo te oggi il punk che direzione ha preso?

Adesso è rinato, ma in realtà non è mai morto, soprattutto quello underground. Oggi con le band si sta riprendendo una fetta di mercato, anche tra le playlist di Spotify. Sta uscendo fuori dai centri sociali e sta entrando di più nelle dinamiche di mercato, con delle sfumature tipo pop punk, emo punk, punk rock.

Oggi le tue canzoni sono delle fotografie della tua vita?

Assolutamente sì, ma sono anche il reportage della vita degli altri. È come se fosse un servizio al tg, un editoriale o una mostra fotografica.

IN6N: “Gianni”, questa guerra non è punk!

Prima mi hai accennato che fai anche il ghostwriter. Che emozioni ti ha dato questa esperienza?

Tantissime. Mi ha regalato lezioni di musica incredibili. Sono migliorato tanto in scrittura perché scrivevo per gli altri; ed è bellissimo perché è un doppio servizio: migliori te stesso aiutando il prossimo.

Coltivi altre passioni nel tempo libero?

Fotografia, allenamento, pratico arti marziali a livello amatoriale, faccio kickboxing.

C’è un tuo disco che ti ha cambiato la vita?

Più che un disco, ti dico due singoli: “Policlinico” e “Non mi passa”. Di quest’ultima ho ancora il ricordo post covid, con le persone che la cantano sotto al palco al primo concerto e lì mi sono messo a piangere. Ero super emozionato, sapevo di aver vinto.

Cosa provi quando sei sul palco?

Libertà. Il palco per me è il divanetto della terapista, mi libero di tutto.

Hai ansia di solito prima di un concerto?

Detesto stare nel backstage, mi dà fastidio. Mi isola dalla realtà, quando invece sento proprio il bisogno di stare in mezzo alle persone. Nella mia musica parlo delle persone, sarebbe un controsenso non stare in mezzo a loro.

Quali saranno i tuoi prossimi passi?

Non si finisce mai di scrivere, quindi sicuramente usciranno nuovi brani tra un po’.

Qual è il sogno che speri di realizzare un giorno?

Suonare al concertone del Primo Maggio.

Vuoi lasciare un messaggio a chi ci segue?

Sì. Questa guerra non è punk!

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Simone Ferri
Ho 24 anni, vivo a Roma e nutro una forte passione per il giornalismo, in particolar modo per il settore della musica e dello spettacolo. Mi piace rimanere aggiornato con le ultime uscite musicali, scovare nuovi talenti e cantanti emergenti, intervistarli, ma soprattutto andare sempre alla ricerca della novità. Come risultato finale, si mette tutto nero su bianco, perchè le parole restano!
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