Giovanni Amighetti, alla conquista dello spazio con The Fermi Paradox un progetto multidisciplinare tra musica, scienza e riflessioni

Dal 9 maggio è disponibile in digitale The fermi paradox, il concept album che attraverso le tematiche complesse delle onde gravitazionali, dei buchi neri, delle civiltà aliene e dei pianeti potenzialmente abitabili e cerca di analizzare la possibilità dei viaggi interstellari. Per questo progetto innovativo troviamo il leggendario David Rhodes che si unisce a Giovanni Amighetti e al collettivo musicale internazionale E-Wired Empathy.
Un progetto multidisciplinare che combina musica, scienza e riflessione per affrontare le grandi domande sull’esistenza e sul nostro posto nell’universo.
La tracklist dell’album è composta da: Distance, Travel, Asteroid Belt, Positive Atmosphere, Interstellar Courier, Sea of Stars, For the Girls, Doom, Human Being. Noi abbiamo raggiunto Giovanni Amighetti per farci raccontare questo suo progetto stellare.
Ciao Giovanni, è un piacere averti tra le nostre pagine. Inizierei chiedendoti come va e quali sono le emozioni che stai vivendo con l’uscita del tuo ultimo progetto?
Grazie a voi, questo é un progetto che io e David abbiamo tenuto in background per diverso tempo, e dopo un concerto dove abbiamo suonato assieme a settembre abbiamo deciso di fare uscire senza ulteriori lavorazioni. È una produzione che ha per noi un forte valore emotivo, capace di riportarci indietro a diversi momenti significativi delle nostre vite.
The Fermi Paradox è il titolo del progetto. Cosa ci puoi dire di questo lavoro?
The Fermi Paradox è un concept album che unisce musica, scienza e riflessione per esplorare alcuni concetti relativi l’esistenza stessa e il nostro posto nell’universo. Il nucleo musicale del lavoro nasce dall’interazione tra me, David Rhodes e Roger Ludvigsen che é un chitarrista sàmi (lappone) mio amico dai tempi in cui lavoravamo con Mari Boine e Ayub Ogada, assieme ad astrofisici del JPL della NASA e in particolare Michele Vallisneri, fisico teorico e astronomo specializzato nello studio delle onde gravitazionali.
Il titolo dell’album si ispira al paradosso di Fermi, ci si interroga sul motivo per cui, nonostante l’elevata probabilità dell’esistenza di vita intelligente nell’universo, non abbiamo ancora trovato prove concrete della sua presenza. Questo tema viene esplorato attraverso un viaggio sonoro e arriva a una riflessione profonda sull’identità stessa della razza umana.
I musicisti che hanno lavorato in studio al progetto sono David Rhodes (voce e chitarra elettrica), Giovanni Amighetti (sintetizzatori), Roger Ludvigsen (chitarre), Paolo Vinaccia (batteria), Pier Bernardi (basso), Jeff Coffin (sax, della Dave Matthews Band), Faris Amine (chitarra e voce), Sidiki Camara (percussioni), Wu Fei (voce), Gabin Dabiré (voce), Roberto Gualdi (batteria), Valerio Combass (basso) e Moreno Conficconi (clarinetto). Gli E-Wired Empathy hanno aiutato a chiudere il progetto e ora a portarlo in scena.
Nel progetto troviamo David Rhodes, storico chitarrista di Peter Gabriel. come nasce la collaborazione con lui?
Nella prima metà degli anni ’90 ho collaborato spesso con Realworld, l’etichetta discografica di Peter Gabriel. Quindi avevamo contatti e conoscenze comuni. Quando é venuta genericamente l’idea di fare qualcosa sui viaggi interstellari l’ho contattato ritenendo il suo approccio alla chitarra elettrica, praticamente mai rock-blues al contrario di tanti, molto interessante. David ha condiviso l’interesse per le tematiche e da lì siamo partiti.

The Fermi Paradox è un viaggio nello spazio fatto in musica. Come nasce l’idea di guardare oltre le stelle?
Michele Vallisneri, che é un astrofisico della NASA, del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena e faceva parte del gruppo di lavoro di Kip Thorne che diviene poi Nobel per la fisica mi aveva proposto un lavoro relativo al suono delle onde gravitazionali legato agli strumenti di misurazione, che avevo declinato. Da lì é comunque nata una collaborazione che é proseguita nel sonorizzare alcuni concerti-lezione e appunto con i Fermi Paradox.
Scienza, musica e riflessioni. Quali sono le domande che questo progetto deve far venire in mente agli ascoltatori?
Essenzialmente da appassionati di scienza e pure lettori di fantascienza soprattutto da giovani abbiamo sempre subito il fascino dello scoprire il resto dell’universo e della possibilità dei viaggi interstellari.
La riflessione che dovrebbe però scaturire é che se non trattiamo con riguardo il nostro pianeta Terra non arriveremo al grado di civilizzazione che ci servirà per poter realizzare i viaggi interstellari, é quindi fondamentale attivare un reale approccio ecologico e che non consideri la razza umana come superiore alle altre forme di vita del pianeta per avere almeno una possibilità.
Il pianeta Terra é un insieme di forme di vita che si evolvono o cadono tutte assieme.
C’è una domanda sull’esistenza o sull’universo che ha dato il via a questo progetto?
Una questione che ci eravamo posti era riguardo l’approccio ecologico in effetti.
In genere si considera ad esempio un alveare “green” quindi buono e invece l’asfalto o un’acciaieria inquinante come “cattiva”.
Quindi l’essere umano risulta “cattivo” con l’industrializzazione mentre le api invece risultano buone e green.
Ma se poniamo che il ruolo delle api sia fare l’alveare, perché appunto lo fanno e quello degli umani il creare l’acciaieria inquinante, cosa che appunto fanno…
Non é che l’approccio umano sia green tanto quanto quello delle api e che quindi il “ruolo” biologico umano sia in un qualche quello di mettere in crisi il pianeta stesso?
Invece c’è un brano più rappresentativo o che racconta al meglio l’idea dietro The Fermi Paradox?
Il brano più in formato canzone, seppur molto lunga, é Human Being, che chiude l’album ed é composto dal musicista e compositore tuareg Faris Amine, in arte Farees, assieme a David Rhodes che ne ha curato la prima base di arrangiamento.
Ma per me forse il più rappresentativo é lo strumentale Asteroid Belt che abbiamo creato di getto io, David, Roger Ludvigsen e il compianto Paolo Vinaccia.
L’idea era in questo caso dare un senso “spaziale” alla musica, sfruttando elettrica e acustica e molto poco l’elettronica, si crea un gioco di intersezioni ritmiche che mi hanno sempre colpito. Ricordo anche le tante frasi composte per il progetto dall’amico griot dal grandissimo spessore umano e musicale Gabin Dabiré.

Come vi ponete nella corsa allo spazio che in tanti stanno cercando di compiere in questi ultimi anni?
Riguardo i telescopi in orbita come il JWST con il suo sistema MIRI ne pensiamo molto bene, possono effettivamente permetterci di capire meglio le situazioni ambientali di pianeti molto lontani.
Un po’ meno bene pensiamo di quello che sembra essere diventato un feudo personale tra Musk e Bezos, con situazioni che sembrano spesso finanziate e lanciate più per risvolti mediatici che altro. Ricordiamo che raggiungere Marte risulta comunque un piccolo passo rispetto alle distanze che ci separano dagli altri pianeti del sistema solare, per non parlare delle stelle “vicine”.
Per fare un paragone: il viaggio Terra-Marte (circa 56 milioni di km nella configurazione più favorevole) é comunque un decimo o meno di quanto servirebbe a raggiungere Giove (che può arrivare a 600 milioni di km), quindi quasi dieci anni di viaggio aldilà delle problematiche energetiche. Se equiparassimo questo percorso alla distanza di due fermate in metropolitana, e volessimo arrivare invece anche solo alla stella più vicina a noi, Proxima Centauri (a 4,2 anni luce, cioè circa 40.000 miliardi di km), sarebbe come tentare un viaggio da Milano… a Sydney a piedi, avanti e indietro migliaia di volte.
Quindi sì possiamo trovare esopianeti favorevoli, ma siamo comunque lontanissimi dalla possibilità di poterli raggiungere.
C’è un qualcosa in particolare che sperate possa emergere?
E’ sempre bello trovare esopianeti che ospitino o possano ospitare la vita, ma al momento siamo appunto limitatissimi, lontanissimi dal poterli raggiungere.
Il rischio é che se non trattiamo bene il nostro pianeta si arriverà ad una situazione di stallo e quindi regressione, la nostra civiltà in quel caso collasserebbe e non ci sarebbe quindi alcuna probabilità di arrivare ad uno sviluppo tale da poter superare distanze al momento e forse per sempre assolutamente invalicabili.
Oltre alle date di maggio, ci saranno altre occasioni per vedervi live?
Sì, in Italia torneremo il 13 Luglio per un bel festival world alla foce del Rubicone, in Romagna.