Francesco De Cave: “Il pubblico? L’effetto speciale più spettacolare che ci sia”

Intervista allo show designer sul suo impegno professionale a 360°, degli spettacoli televisivi a quelli dal vivo, un settore fortemente gravato dalla pandemia

Francesco De Cave
Francesco De Cave si racconta ai lettori di Musica361, dai suoi primi passi allo stop forzato dei live

Inauguriamo il primo appuntamento della nostra nuova rubrica Protagonisti in secondo piano con un ospite d’eccezione che, nel giro degli ultimi vent’anni, ha collezionato prestigiose collaborazioni, dimenandosi in diversi ambiti legati al mondo dell’intrattenimento. Stiamo parlando di Francesco De Cave, show designer per professione e, soprattutto, per vocazione.

Come ti sei avvicinato a questo settore e in cosa consiste esattamente il tuo mestiere?

Mi sono avvicinato all’età di quindici anni, quando ho capito la strada da percorrere. Nelle mia mente c’è sempre stata la voglia di poter fare spettacolo, da bambino guardavo il Festivalbar osservando le luci, i microfoni, la scenografia. Ho iniziato facendo il disc jockey, le prime discoteche e le prime feste private, durante le quali mi ero organizzato con dei piccoli effetti, noleggiando vari strumenti, dai proiettori alla macchina del fumo. Insomma, facevo servizio completo.

Avevi intuito che anche l’occhio voleva la sua parte e che l’immagine era importante?

Assolutamente sì. Poi ho iniziato a collaborare con un service della mia zona, Tecnoluce di Nettuno, imparando tanto da Enzo Colaluca, proprietario dell’azienda. Da lì sono arrivate sempre cose più grandi, piano piano sentivo l’esigenza di dovermi allargare, ho incontrato persone che mi hanno portato in altri luoghi. Ho iniziato a lavorare a Roma con A.R.C.O. Due, collezionando esperienze professionali in televisione, partendo come elettricista. Un giorno serviva un operatore e così ho cominciato la mia carriera, collaborando in diverse trasmissioni.

Fino ad arrivare all’attività live, com’è avvenuto l’ingresso in questo altro settore?

Sapendo usare la console compulite, mi contattarono da Agorà per chiedermi se volessi entrare a far parte della loro squadra. Nel 2001 è arrivato l’incontro con Laura Pausini, il mio primo tour mondiale, mentre qualche anno dopo ho cominciato a lavorare direttamente per le produzioni. Il mio punto di forza è stato quello di portare nei concerti un’ottica televisiva: il fondo, il controluce e il frontale sempre ben assestati, il tutto impreziosito dagli effetti da me prodotti. Successivamente ho fatto l’esatto contrario, riportando la mia esperienza live in televisione.

Immagino che l’evoluzione tecnologica sia stata notevole, cosa è cambiato negli anni?

In realtà sono arrivato in un momento in cui si stava passando dall’analogico al digitale, con le primissime console più evolute. Effettivamente sì, la tecnologia si è molto evoluta. Ho sempre cercato di starle dietro per come ho potuto, con corsi di aggiornamento oppure acquistando direttamente gli strumenti per potermeli studiare a casa, arrivando a concepire soluzioni sempre innovative e, soprattutto, per maturare avere certa cognizione di causa. Più ne sai, più sei veloce e più sei obiettivo nelle scelte. Detto questo, bisogna saperne assolutamente di luci, di video e, magari, una piccola infarinatura di audio può aiutare nella fase di progettazione di un palco, per sapere dove posizionare al meglio tutti gli elementi e non farti trovare mai impreparato.

Spesso si parla degli operatori dello spettacolo in terza persona, come fossero entità astratte. Considerando tutto quello che sta accadendo a causa della pandemia, stando al tuo vissuto e al tuo percepito, quali sono le reali criticità?

Per quanto mi riguarda, non poter più riempire gli spazi delle uniche persone che ci permettono di vivere, ovvero gli spettatori. La reale criticità è l’assembramento, di conseguenza viene meno la possibilità di realizzare grandi spettacoli. A questo aggiungiamoci il fatto che non siamo una categoria tutelata, lo Stato conosce benissimo la nostra situazione, da sempre, e l’economia che si muove attorno a questo settore. Anche se bisogna precisare che noi operatori dello spettacolo non realizziamo direttamente l’indotto, lavoriamo e partecipiamo alla creazione di quell’indotto sviluppato dalle varie agenzie. Il problema è che tanti operatori, professionisti e tecnici specializzati, stanno cambiando mestiere, perchè non riescono a pagare le bollette e tirare alla fine del mese.

Essendo impegnato su più fronti, hai la fortuna di poter comunque continuare a svolgere il tuo mestiere, ma ci sono delle micro-categorie che in questo momento sono più penalizzate?

Più che categorie precise, in questo momento credo siano penalizzate le persone che si sono legate ad un singolo settore. Nella mia vita lavorativa ho sempre cercato di spaziare, perchè la luce serve ovunque, dalla televisione alle sfilate di moda, dalle convention agli eventi privati. Il problema, purtroppo, tocca soprattutto chi ha perseguito un unico percorso, legato strettamente alla musica dal vivo. Essendomi specializzato anche come direttore della fotografia, fortunatamente, questa esperienza mi sta permettendo di continuare a lavorare, aprendomi a nuovi orizzonti.

Francesco De Cave 1

Mi viene in mente l’RTL 102.5 Power Hits, il grande lavoro di luci che hai realizzato all’Arena di Verona lo scorso settembre, senza pubblico e con pochi elementi sul palco. Immagino si sia trattata di un’esperienza piuttosto inedita per te…

Immagini bene, molto inedita. Poter avere l’Arena di Verona a mia completa disposizione è stato bello da un lato, ma brutto dall’altro. Non poter contare sul calore e sul supporto del pubblico è una cosa bruttissima, orrenda, oscena. E’ vero, ho potuto fare tutto ciò che volevo, mettere fari ovunque, a 360° e a qualsiasi livello. Da parte della produzione e della radio mi è stata data carta bianca, per cui ho avuto veramente l’opportunità e la possibilità di sfogarmi. E’ stato appagante… però, alla fine, avrei preferito ci fosse stato il pubblico, l’effetto speciale più spettacolare che ci sia.

Elisa, una delle artiste con cui collabori da tempo, ha fatto il gesto più bello portando avanti la sua tournée estiva, permettendovi di lavorare. Laddove c’è stata la possibilità di ripartire, seppur con grosse difficoltà, non ha esitato. Al di là degli aiuti, dei supporti economici, credi che sia questa la vera risposta? Ripartire, in sicurezza e in maniera ridimensionata, ma non restare fermi…

Assolutamente sì. quello che ha fatto Elisa credo che rimarrà nella storia. Ormai è di pubblico dominio, posso parlarne, ma lei ha completamente rinunciato al suo cachet devolvendolo a noi collaboratori, permettendoci di continuare a svolgere il nostro lavoro. Spero che questo gesto possa essere d’esempio anche per altri artisti, perchè la ripartenza è la cosa più importante, naturalmente in totale sicurezza. Fare musica, dare una speranza a tutte le persone che da anni svolgono con impegno questo mestiere e che si trovano dietro un palco, dietro un mixer o dietro una chitarra.

Cosa ti manca di più dell’attività live?

L’adrenalina che mi sento scorrere nelle vene alla fine di ogni concerto, ci vogliono ore prima di smaltirla. Sai, amo viaggiare di notte, mi metto in macchina e parto, per un’altra location o per tornare a casa. Posso ritenermi soddisfatto del mio impegno televisivo, mi reputo molto fortunato ad avere la possibilità di lavorare in un momento come questo, ma durante uno spettacolo dal vivo ti trovi in mezzo alla gente, non in una cabina di regia. Finché continueranno a sudarmi le mani prima di iniziare un programma o iniziare un concerto, continuerò a fare questo mestiere.

francescodecave.it
instagram.com/francescodecave

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Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
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