Francesco Baccini: Ecco come nacque il successo con Belli

Francesco Baccini: Ecco come nacque il successo con Belli
Francesco Baccini

Ora mi dedico al cinema, tra colonne sonore e docufilm

Francesco Baccini. Talento puro, perfetto matrimonio di blues e cantautorato, è pronto a una serie di concerti versione Covid (prime date certe 31 luglio ad Agerola, 15 agosto al Premio Lunezia, 20 agosto a Peschiera del Garda). Artista completo e attivissimo sulle pagine social, ci racconta il tormentone estivo anni Novanta. Sotto questo sole compie trent’anni. Ci dice subito: “L’album Cartoons aveva un budget basso, sebbene fossimo al lavoro con musicisti di livello assoluto ma all’epoca giovanissimi. Mancavano però soldi per avere la sezione fiati. Il fonico abitava vicino ai Ladri di Biciclette: li chiamammo quindi per avere una collaborazione low cost e di qualità. Dopo qualche mese li vidi a Sanremo…”.

Come nacque Sotto questo sole?

Ero in panchina con Paolo Belli in Nazionale Cantanti. Mi invitò a Carpi da loro: pochi giorni dopo andai. Con il pianista Prandi iniziammo a giocare e, ubriachi di lambrusco, venne fuori questo pezzo. Dopo due settimane Paolo mi chiamò dicendomi di andare in studio a registrare il pezzo. Non mi ricordavo nemmeno: “Ma quale pezzo?”

Una collaborazione voluta da voi. Come reagirono le case discografiche?

Quelli della Emi dissero a Belli che era un pezzo fortissimo, mentre secondo la CGD faceva schifo. Allora minacciai di bloccare l’album (Il pianoforte non è il mio forte) se non me lo avessero fatto fare.

La storia diede ragione a Francesco Baccini. Possiamo dire anche oltre le aspettative?

Decisamente: nell’anno dei Mondiali in Italia, con Bennato e la Nannini che cantavano un brano di Moroder pensavo che la canzone dell’estate fosse solo una.

Invece partimmo in radio e tutti la cantavano: fu uno sfracello

Perchè divenne un tormentone?

Era una via di mezzo tra me e loro. Era una cosa nata per gioco e arrivata con il suo intento. Il pezzo era strutturato anche con una certa dignità musicale: non è così semplice come potrebbe sembrare. La strofa nessuno riesce a cantarla: siccome gli italiani sono un popolo in battere, riescono tutti a cantare solo il ritornello. Il tormentone è tutto nel ritornello.

Tu baciavi la Carrà, Belli era sorpreso con Minà. Come la presero i due diretti interessati?

Erano divertiti e orgogliosi: le parole se ne vanno, le canzoni rimangono. Essere citati fa sempre piacere.

Dopo quel successo arrivarono altri brani che fecero sognare soprattutto le ragazze. Come mai la scelta di spiazzare così il tuo pubblico passando da Cartoons a Ho voglia di innamorarmi?

L’ho fatto tante volte. Dovevo nascere da un’altra parte, sono troppo poliedrico. Funziona così: se una canzone ha la parola amore viene automaticamente ascoltata da una donna. Viceversa se vai a un concerto jazz le uniche donne che ci sono sono le fidanzate di quelli che suonano!

Francesco Baccini di bastoni tra le ruote ne ha avuti tanti: il peggiore?

Quando provai a portare In fuga a Sanremo ma mi dissero: scordatelo.

Cantare qualcosa su Pantani era considerato una vergogna. Io Marco lo conoscevo: ero spettatore della tragedia di una persona che non aveva fatto niente e doveva perdere per una questione di scommesse. La storia lo ha dimostrato.

Perchè è sempre stato complicato per molti comprendere la tua palese ironia?

Siamo in un mondo bloccato: l’estro non è contemplato. Quando scrissi Andreotti c’era chi mi dava del democristiano. Quando cantai Margherita Baldacci in tanti si complimentavano per quella canzone triste. Come avrebbe potuto essere seria una canzone il cui ritornello esordiva con un cognome? Era ironica su quel mondo di canzoni disperate che imperversavano nei primi anni Novanta, ma non lo capivano. Poi lì si creò una questione…

Cioè?

Conobbi una signora che si chiamava Baldacci e abitava proprio in viale Ungheria a Milano. Era impazzita pensando di essere lei la protagonista!

Francesco Baccini: Ecco come nacque il successo con Belli 1
Francesco Baccini

Qualcuno parlava di plagio anche raccontando Senza tu. Perchè andasti a Sanremo?

Credo di essere l’unico, insieme a Carboni, ad avere avuto successo senza necessità del Festival. Mi mandò la casa discografica: nessuno in quegli anni anni voleva andarci, rischiando la propria carriera in tre minuti. In cambio di due dischi di contratto, quindi, mi mandarono a Sanremo. Pensai di andarci prendendo in giro le canzoni del passato.

Lo avevi già fatto con Qua qua quando. Eppure anche lì non tutti capirono...

C’era gente che mi diceva se la ricordava negli anni ’60…Ho sempre sopravvalutato parte del pubblico.

In realtà a Sanremo ci eri andato nel 1988 con Mamma dammi i soldi. Lì però, siccome non eri in gara, non risultavi col tuo nome…

Fu utilizzata come sigla di chiusura.

Per motivi di regolamenti incomprensibili anzichè Francesco Baccini mi chiamarono Espressione Musica. Bel nome vero?

Si poteva fare di meglio… La soddisfazione più grande di questi 30 anni?

Le collaborazioni con i cantautori storici. Cosa puoi chiedere di più di De Andrè che canta un tuo pezzo in un tuo album! Due anni dopo feci anche Canzone in allegria con Jannacci, il migliore insieme a Gaber.

Negli ultimi anni dieci anni hai fatto riscoprire Tenco. Cosa significa per te?

Credo sia stato un progetto significativo: il suo nome è diventato sempre più popolare, meritandosi anche due omaggi al Festival di Sanremo, cosa mai successa prima.

Ora sto lavorando a un docufilm sul tour Francesco Baccini canta Tenco.

Inseriamo le riprese di tre concerti, con l’integrazione di un mio intervento in cui racconto questo viaggio fatto con Tenco.

C’è il cinema nel tuo futuro di Francesco Baccini?

In certi momenti penso che dovevo fare l’attore! Ho il cassetto pieno di canzoni, ma non ho voglia per ora di mettermi al lavoro coi discografici, infatti non faccio un disco nuovo dal 2008, se escludo un progetto con Caputo, fatto per divertirci. Mi piace comporre colonne sonore: il musicista, così, ha uno spazio incredibile diventando un regista nascosto.

Come facesti con Maschi contro femmine. Perchè Francesco Baccini è spesso sottovalutato?

In Italia non c’è meritocrazia. Non accettai compromessi, anche politici. Non ho mai voluto essere portavoce di niente: sono uno spirito libero. E così la mia carriera prese un’altra strada: da nazional popolare diventai uno di nicchia, cosa che non sarebbe accaduta all’estero.

Cosa non funziona nella musica di oggi?

Si fa passare un unico messaggio: bisogna fare il grano. I ragazzi crescono nel consumismo e ci considererebbero malissimo se parlassimo di idealismo. Sono stati abituati all’idea che una cosa funziona se fa soldi, non se rimane. Avendo sempre vissuto così non possono sapere quanto sia decaduto il livello culturale. Si dà per scontato debba essere così, non c’è più voglia di cambiare le cose da noi. All’estero è un’altra cosa, noi siamo cambiati in peggio.

Detta così sembra che in Italia la musica non esista più…

Prendiamo come esempio Fedez: è un bravissimo imprenditore. Con la musica, però, non c’entra niente: fatico a ricordarmi una sua canzone negli anni. Io andrò sempre avanti interpretando la musica come evasione.

Condividi su:
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi
Massimiliano Beneggi, laureato in filosofia con una tesi sulla comicitá contemporanea riletta attraverso Bergson e Freud, è appassionato di musica e teatro. Racconta con rigore aneddotico la storia del Festival di Sanremo e della musica italiana, suggerendo ogni volta spunti filosofici e inediti.
Top