Elso: “Milano”, racconta della dualità della vita di provincia contrapposta alla vita di una metropoli, della bellezza delle piccole cose che viene spesso dimenticata

Luca Cascella, in arte Elso, è un cantautore genovese che ha realizzato uno dei sogni della sua vita: produrre un disco nella sua città natale, nello studio dove ha sempre voluto lavorare. Da quel momento in poi il suo progetto è andato avanti, tra vari viaggi e spostamenti in giro per il mondo per motivi di lavoro. Il suo ultimo singolo, “Milano”, racconta della dualità della vita di provincia contrapposta alla vita di una metropoli, della bellezza delle piccole cose che viene spesso dimenticata quando si cambia radicalmente ambiente, della sofferenza che il cambiamento comporta. In questo pezzo i suoni acidi dei sintetizzatori richiamano i temi della disco anni Novanta e si fondono alla sua voce, con un timbro sussurrato che a tratti si fa più violento per dare ancora più importanza e rilievo alle parole del ritornello.
A Musica361 abbiamo il piacere di ospitare Luca Cascella, in arte Elso. Buongiorno e benvenuto tra noi, come stai?
Buongiorno, grazie della vostra disponibilità. Sto benissimo e si va avanti!
Hai scelto Elso in memoria di tuo nonno. Quanto devi a lui?
Dato che i miei genitori hanno sempre lavorato tutti i giorni, praticamente io sono cresciuto con mio nonno, era una persona buona, corretta. È stato al tempo stesso sia una mamma che un papà, ha sempre cercato di trasmettermi dei valori. Ha rispettato tutte le mie scelte senza giudicarmi, quando ho iniziato a fare musica mi veniva sempre a vedere, è stata una presenza costante nella mia vita. Non potrò mai dimenticarmi di una persona così. È stato terribile perderlo. È stato un po’ un secondo padre per me, alcune volte anche un primo.
Quando è iniziata la tua storia con la musica?
Sono figlio di operai e mio padre mi aveva imposto di imparare a suonare uno strumento, quello più completo, secondo lui, era il pianoforte. All’inizio l’ho studiato controvoglia perché avevo un professore che non mi faceva amare ciò che stavo facendo, anzi, tutt’altro. non mi piaceva. Però sono una persona che quando si prefigge un obiettivo in testa cerca sempre di portarlo a termine. Sono arrivato alle scuole medie dove ho incontrato un altro professore che mi ha un po’ ripreso e mi ha fatto appassionare allo strumento. Soprattutto avevo dei compagni di classe appassionati di musica e mi hanno fatto conoscere qualche band. Abbiamo sperimentato tanto insieme e mi sono fatto una band nel 2014.
Il piano è il tuo strumento preferito?
In realtà sono innamorato del sintetizzatore, tutta la parte elettronica del disco è stata fatta con i synth.

Per un periodo della tua vita come mai hai deciso di trasferirti in Qatar?
È stata una scelta obbligata, quando ho perso il lavoro sono finito in cassa integrazione. Poi si sono aperte delle prospettive lavorative in Qatar e sono finito lì per sei mesi. Quando sono tornato mi sono fatto altri sei mesi a Orvieto sempre come operaio e poi sono tornato a Savona. Ora a Milano tento il tutto per tutto.
In Qatar hai continuato a pensare alla musica?
Sì, il disco l’ho scritto a distanza, tante robe le ho scritte lì. Ma non è una terra che mi abbia ispirato più di tanto, è piena di contraddizioni. Pochi ma ricchissimi e tantissima povertà. Non ci sono qatarini, ma indiani che sopravvivono con uno stipendio veramente misero. Ci sono nettamente due estremità di vita.
Che rapporto hai invece con Genova?
Ci sono nato ma sono cresciuto a Savona. Ogni volta che vado a Genova provo emozioni contrastanti, vorrei vivere lì ma ho paura che le mie aspettative vengano tradite. Oggi odio Milano proprio per questo, qui c’è tanto arrivismo, ci si vende, è davvero faticoso. Conosci una persona ma ha subito un secondo fine. Non è una città che collima con il mio carattere.
Viaggiamo verso “Milano”, il tuo nuovo singolo. Qual è la sua storia?
Questa canzone nasce nel momento in cui ero ai massimi livelli di frustrazione. La provincia mi stava stretta e decisi di trasferirmi a Milano, ho mollato tutto e mi sono fatto coraggio. Avevo voglia di crescere e di sentirmi capito.
Che cosa vuoi comunicare con questo brano?
Prima di fare un cambiamento drastico nella propria vita, cercate di cambiare internamente. Se non state bene con voi stessi vi troverete sempre male.
Attraverso i feedback ricevuti stai capendo che tipo di target hai?
Non mi interessa arrivare a tanti, ma avvicinare le persone giuste. Il giorno che riuscirò a portare cento persone in un locale sarò contento.
Da quando sei passato da Luca a Elso in cosa ti vedi cambiato come persona e come artista?
Sicuramente sono più disilluso, ho perso un po’ la magia. L’ambiente in cui mi sono ritrovato è stato una bolla. Sono anche amareggiato perché, nonostante un booking potente, si fa molta fatica a piazzare emergenti come me. Già era difficile prima del covid, oggi è quasi impossibile.

Una tua peculiarità che hai voluto conservare?
Lo stile. Sono sempre rimasto lo stesso, non mi snaturo mai.
Hai fatto diverse aperture. Quale ti è rimasta più impressa?
L’estate scorsa ho avuto la fortuna di aprire ai BNKR44, in Toscana. È stato un concerto incredibile, la loro fan base è veramente infuocata. Sono antipasti che servono da monito per fare dei live esclusivi.
Da genovese che effetto ti farebbe andare a Sanremo?
È una macchina tritatutto, un po’ come i talent. Con la musica che faccio penso di non essere idoneo diciamo, non faccio parte di quel mondo.
Obiettivi per il 2025?
Voglio suonare, è il mio unico grande desiderio.
Quali saranno i tuoi prossimi passi?
Voglio preparare un live così incandescente da convincere tutte le persone che ascoltano la mia musica.
Un sogno che hai nel cassetto?
Fare un tour con cento persone davanti per ogni data. Mi piace stare sempre con i piedi per terra.