Si intitola “fusion.”, scritto rigorosamente in minuscolo e col punto, il nuovo progetto discografico di Davide Shorty

A qualche mese di distanza dalla fortunata partecipazione al Festival di Sanremo, dove si classificato il secondo posto della categoria Nuove Proposte con il brano “Regina”, abbiamo modo di approfondire la conoscenza di Davide Shorty, in occasione dell’uscita del disco “fusion.”. Un lavoro ricco di collaborazioni e contaminazioni, vissuto e suonato dalla prima all’ultima nota.
Quale significato attribuisci al titolo, alla parola “fusion.”?
In “fusion.” è racchiuso quello che sono io. Non faccio quel genere musicale ma sono una fusione di tantissimi elementi diversi tra loro, di emozioni, di persone, di lingue e di culture diverse. Già da siciliano sono fusion dalla nascita in quanto la Sicilia è un misto di tante culture diverse, e poi mi sono fuso ancora di più con tantissimi altri elementi nel corso della mia vita e della mia carriera. Ho preso questo termine da una critica che mi è stata mossa da uno dei giudici durante AmaSanremo, mi è stato detto come se fosse qualcosa di negativo, invece la cosa mi ha fatto sorridere e mi ha fatto riflettere: effettivamente ho realizzato di essere fieramente fusion! C’è il punto alla fine perché è proprio una cosa categorica, in Sicilia quando ci teniamo a puntualizzare qualcosa diciamo “è così punto” e io sono fusion.
Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di questo nuovo album?
Questo disco è assolutamente lo specchio di quello che sono, da tutti i punti di vista. Sono fiero delle persone che ci hanno collaborato, fiero di tutta la musica, delle parole e del periodo in cui l’abbiamo scritto. Abbiamo dovuto affrontare una pandemia mondiale, che è una cosa che nessuno di noi ha mai affrontato prima, e sono felice di aver fatto tutto ciò in un periodo in cui c’erano tantissimi limiti. Quei limiti però sono serviti anche a scatenarci una reazione forte che ha fatto in modo che nascesse fusion. esattamente come lo sentite ora.
Numerosi i musicisti e i colleghi, quale apporto hanno dato al risultato finale?
Ogni persona che ha lavorato al disco è una persona con cui ho avuto una profonda connessione spirituale. Trovo che ogni personalità abbia aggiunto qualcosa di importantissimo all’identità del disco e lo ha reso ancora più fusion dal punto di vista concettuale. Credo che le collaborazioni siano importantissime nell’arte e nella creatività perché vedere il punto di vista di qualcun altro fa in modo che tu possa conoscere anche qualcosa in più di te stesso, perché magari le persone ti spingono fuori dalla tua zona di comfort e così facendo puoi anche vedere le cose da un’altra prospettiva.
Un disco suonato come questo, trova il suo giusto proseguo dal vivo. Quanto conta per te la dimensione live e come sarà tornare a suonare questa estate dopo un così lungo stop?
Per me suonare è sempre stato fondamentale, è sempre stata una grande terapia, così come la scrittura d’altronde, anche se sono due tipi di terapia diversi. Stare su un palco mi dà modo di scaricare l’energia in eccesso, per una persona iperattiva come me ritrovarsi sul palco dà modo di scaricare tutte quelle tensioni ed energie accumulate durante la giornata. Questo è un disco tutto suonato, per cui ritornare sul palco insieme a questi musicisti pazzeschi è una cosa bellissima!
Però ammetto che la pandemia mi ha mi ha messo in uno stato psicologico abbastanza conflittuale e mi ritrovo talvolta insicuro e devo fare i conti con me stesso. Non ha senso mettersi una maschera o un’armatura e non essere sinceri su questo argomento. Penso che tutti quanti – chi più chi meno – siamo stati condizionati da questo periodo e dalla pandemia in generale, quindi ognuno deve fare i conti in maniera diversa. La mente è un grandissimo strumento ma se non la si sicura può diventare una nemica. Personalmente sono consapevole che devo prendermi cura della mia salute mentale, specialmente nel momento che precede il ritorno sul palco.
Coltivi altre passioni oltre la musica?
Sì, oltre alla musica ho tantissime passioni! Una delle tante è cucinare, lo trovo molto rilassante a non lontano dal fare musica, alla fine si tratta di mescolare degli ingredienti e trovare il giusto equilibrio tra di loro. Poi un’altra passione che ho è sicuramente il basket. Mi piace tantissimo giocare nonostante non segua tanto le partite, nè del campionato italiano nè dell’NBA, però mi diverto a giocare! Poi ce ne sono tante altre ma non non basta una pagina per elencare tutte (sorride, ndr).
Per concludere, quali sensazioni e quali riflessioni ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà “fusion.”?
Quando faccio musica non penso mai a chi ascolta. In questo caso devo dire che ho scritto tutto in maniera molto egoistica, nel senso che serviva a me come terapia personale. Probabilmente nel 99,9 dei casi è sempre così, spero che il disco possa trasmettere dell’energia positiva e di crescita e spero che la musica faccia muovere la testa.