Daniele Barsanti, fotografare la realtà per poi ritrarla a matita

A tu per tu con il cantautore toscano, al suo ritorno discografico con il singolo “Le commesse”

Daniele Barsanti
Daniele Barsanti si racconta ai lettori di Musica361 in occasione dell’uscita di “Le commesse”

Partire dall’immagine di una commessa che ripiega una maglietta e costruirci una canzone intorno, succede spesso a Daniele Barsanti, artista classe ’90 capace di raccontare e sviluppare una realtà parallela, prendendo spunto da ciò che osserva nel suo quotidiano. “Le commesse” è il titolo del suo nuovo singolo, che anticipa l’uscita dell’album prodotto da Diego Calvetti. Lo abbiamo incontrato, ne è venuta fuori una chiacchierata piacevole, ma anche molto introspettiva.

Cosa ti affascina esattamente del raccontare storie?

Mi affascina il poter trovare degli appigli su cui aggrapparmi, di solito non mi metto a tavolino a cercare l’ispirazione, semplicemente mi guardo in giro e noto quello che mi sta attorno. Quando capisco che mi sta arrivando addosso qualcosa di potente, cerco di acchiappare e afferrare quelle sensazioni, costruendoci intorno il mio romanzo. La verità è sicuramente una parte importante, così come la capacità dell’autore di andare più in là di ciò che si è visto.

Detto così sembra più facile di quello che probabilmente è…

Non lo è, in più è una cosa che capita, che non puoi controllare. Con l’esperienza si imparano alcune tecniche di scrittura, ma la capacità di scrutare e di osservare è un requisito che devi avere di natura. Alcuni lo chiamano talento, alla fine è una sorta di sensibilità che puoi riuscire a sviluppare o meno, per me parte tutto dall’immaginazione.

Quanto incide la tua terra, la Versilia, nella tua musica?

Parecchio, poi ne “Le commesse” ha inciso tantissimo. Qua, come saprai, la vita ha una durata stagionale, anche i brevi contratti di lavoro sono fasi della vita. E’ come se d’estate il mondo si fermasse in una bolla temporale, per poi ricominciare a settembre. La canzone è stata ispirata proprio da questa mia riflessione, ma anche un po’ da una mia angoscia, sul tempo che scorre e non so come poter fermare.

Quindi, come descriveresti il tuo rapporto col tempo che passa? 

Drammatico, nonostante la mia età, perché penso spesso all’impossibilità di poterlo fermare, se non attraverso la scrittura delle canzoni. Lì si apre una realtà parallela perché, secondo me, le canzoni sono un posto dove si può andare ascoltandole o scrivendole. L’unico rifugio dalla concreta realtà, che a volte è un po’ troppo cinica e, personalmente, mi interessa meno.

A proposito di sole e di mare, come la valuti questa estate climaticamente uguale alle altre ma profondamente così diversa?

Questo clima un po’ più controllato si sente, perché alla fine siamo tornati ad una situazione di quasi normalità. Ovviamente c’è un’attenzione più alta, deve continuare ad essere così a mio avviso, perché non si può scherzare con una cosa del genere. Mi osservo intorno e mi rendo conto che questo non vale solo per il sottoscritto, ma per tante persone si tratta di un’estate strana, diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. Vedi, tutto torna sempre a questo argomento, perché per me tutto parte da lì, dall’osservazione della realtà.

A parte il “voyeurismo artistico”, hai altre passioni oltre la musica? 

Voyeurismo è una parola interessante (ride, ndr). Sì, mi piace molto disegnare, sin da quando ero bambino, adesso ho un po’ perso la mano, ma è una mia passione celata. Poi, d’estate sono un grande amante del beach volley, uno sport apprezzato anche da molti personaggi dello spettacolo. Quando vengono in Versilia mi diverto a giocare con loro e scommettere qualche punto SIAE sulle canzoni (sorride, ndr), naturalmente scherzo, ci limitiamo a divertirci. E’ una passione che ho ereditato dalla famiglia, mio babbo giocava e mi ha trasmesso questo interesse, ma sempre a scopo ludico, la musica è un’altra cosa.

Daniele Barsanti 1

Che bambino sei stato?

Un bambino molto pensieroso, che si faceva tante domande, una specie di piccolo filosofo. Calmo, tranquillo, aperto alle conoscenze. Penso di aver vissuto l’adolescenza in modo diverso e di aver ritrovato i tratti somatici della mia infanzia dopo i vent’anni. Da adolescenti ci si nasconde un po’ per paura di esporsi di fronte agli altri ed essere diversi, col tempo ti accetti e ti racconti per quello che sei davvero.

Come ti descriveresti oggi?

Una persona più consapevole, rispetto anche solo a cinque anni fa, che ha sempre voglia di fare le sue zingarate, perché non si cresce mai del tutto. Una parte di me osserva la realtà con gli occhi di un bambino, ma con la consapevolezza che il tempo scorre e che nulla torna indietro. Mi ritengo una persona abbastanza concreta, però eternamente sognante. Un bel dualismo diciamo.

Come ti immagini tra dieci anni?

Forse con qualche capello bianco in più, ancora a bere Gin Tonic, soddisfatto per aver scritto una canzone più bella di quella del giorno prima. Sai, non riesco a vedere il futuro così lontano, tendo a vivere giorno per giorno, non amo le scadenze troppo lunghe. Lo sa bene chi lavora con me, ma è così anche per le relazioni amorose, se mi dici “stiamo insieme per cinque anni” scappo come un cavallino imbizzarrito, se mi dici “oggi stiamo insieme e domani si vedrà” mi freghi per vent’anni.

Chiudi gli occhi e pensa per un attimo alla tua vita senza musica, cosa vedi?

Vedo un ragazzo che fa un lavoro che gli piace poco, che non ha trovato ancora la sua strada e che non ha il coraggio di domandarsi cosa vuole davvero. Ovviamente dentro di me, come in ognuno di noi, vive una certa insicurezza, per cui diventa fondamentale trovare una valvola di sfogo, una passione che ci aiuti a coordinare le nostre idee e le nostre energie. Perché vedi, c’è veramente un filo sottilissimo tra gioia e dolore, io ci vivo costantemente in mezzo e ho imparato a stare bene in equilibrio, questo mi aiuta a scrivere e vivere proprio come voglio io.

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Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
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