
Insieme fin dagli anni ’90, i componenti della Cooperativa del Latte si sono ritrovati nel 2018, dopo che per anni avevano smesso di collaborare, portando ognuno il proprio bagaglio di esperienze e di interessi musicali: dall’art rock al jazz, dal nuovo cantautorato alla musica popolare ed etnica. Dopo tanti anni il gruppo è sempre capace di raccontare storie e raccogliere soddisfazioni come dimostra “Fogli d’Acqua Sparsi”, che è stato celebrato, tra le altre, da una recensione del critico statunitense Jim Russell.
Ciao, volete parlare un po’ di voi agli amici di Musica361?
Ciao, intanto ringraziamo Musica361 per l’attenzione che ci dedicate nel vostro contenitore, che veramente apprezziamo per la capacità che ha di dare tantissimi spunti e riferimenti rispetto a quanto ruota intorno al mondo della musica. Agli amici di Musica 361 ci presentiamo con la nostra storia un po’ strampalata. Il gruppo si è formato già negli anni ’90, quando eravamo sostanzialmente tutti alle prime esperienze come musicisti. Ci accomunava il desiderio di comporre musica propria, mossi da uno spirito di ricerca fortemente ispirato dai gusti musicali che in noi prevalevano allora, sicuramente radicati nella musica degli anni ’70. Abbiamo avuto la possibilità di incidere il primo disco per la Mellow Records, “Il Risveglio”, dopo una discreta gavetta fatta di concerti in diversi festival e locali della nostra zona. Però sul più bello forse non eravamo pronti a gestire la situazione, tanto che abbiamo smesso di collaborare, almeno tutti assieme come “Cooperativa del Latte”, fino alla reunion del 2018. E’ proprio vero che il tempo è galantuomo! Così a distanza di tanti anni ci siamo ritrovati con la stessa voglia di raccontare tutto quello che ci incuriosisce e stupisce, arricchiti da un bagaglio di esperienze personali, nuove influenze musicali e forse, sottolineo forse, maggiore maturità.
Molto curioso il vostro nome, come l’avete scelto?
La primissima formazione vedeva un altro batterista al posto di Claudio, Massimiliano. Lui e Gabriele, con le rispettive aziende agricole, conferivano il latte in una cooperativa della zona. Cooperativa del Latte è nato durante un brain storming per trovare il nome della band e non ci dispiacque come soluzione, visto che ricordava i lunghi nomi di molte formazioni dell’epoca d’oro del rock progressivo italiano. Fissato come provvisorio, naturalmente poi è rimasto.
A quali cantanti vi ispirate e come definireste il vostro genere?
Se nella prima parte della nostra esperienza eravamo molto legati ai mostri sacri del progressive (Genesis, Jethro Tull, Orme, PFM) o a importanti artisti quali Battiato o De Andrè, negli anni abbiamo divorato un po’ di tutto, dall’art rock al jazz, dal nuovo cantautorato alla musica popolare ed etnica. In realtà ognuno porta in sala prove il proprio bagaglio di gusti ed influenze, come se fossero strumenti per ricamare le trame di quello che diventano i nostri brani. Credo che nell’ultimo lavoro lo stile di ogni brano sia abbastanza caratteristico e distintivo, ciò forse si nota ancora di più negli inediti che ora abbiamo in repertorio. Ormai è sempre più difficile essere originali, non ricerchiamo questo, ma piuttosto di creare per ogni canzone l’atmosfera che riteniamo più adatta al racconto che vuole trasmettere. Anche per questo facciamo fatica ad incasellarci in un genere specifico. Se come agli inizi veniamo definiti progressive o new prog, ci va bene fintanto che ciò significa ricerca.
Quali criticità avete riscontrato nel fare musica in Italia?
Distinguerei due contesti, quello locale e quello nazionale. Viviamo in una parte del Nord Est che fino a qualche anno fa veniva confusa con la Slovenia, tanto per dire quanto sia stato difficile per la nostra zona sia ospitare artisti internazionali quanto attirare l’attenzione sui talenti locali. Qualcosa è cambiato grazie a quel fenomeno (in ogni senso positivo) di Elisa e solo di recente tutto il territorio regionale sta beneficiando finalmente degli sforzi di associazioni, enti o singoli che per anni si sono spesi per la musica e l’arte in Friuli Venezia Giulia. Da ultimo speriamo che GO2025 costituisca l’opportunità anche per gli artisti locali di trovare maggiore visibilità e non solo di essere palcoscenico per grandi nomi che vengono da fuori.
Rispetto al contesto nazionale, a dire il vero, ci siamo mossi ben poco vista anche la lunga pausa tra la prima e la seconda produzione. E’ stato piacevole trovare a distanza di anni recensioni del primo disco su siti statunitensi, canadesi, giapponesi, ecc., ad oggi ci piacerebbe trovare a livello nazionale una nicchia di ascolto, far conoscere, senza pretese di grandezza, un lavoro fatto con passione e sincerità. Comunque non ci siamo mai immaginati come musicisti professionisti.
In sintesi, penso vi siano interessanti progetti musicali nel nostro Paese, però li vedo schiacciati tra la diffusione di produzioni di poco spessore molto sostenute dal punto di vista commerciale e tra un esercito di bravissimi musicisti che, invece di creare la propria arte, si autolimitano nel fenomeno delle tribute band. D’altronde ogni epoca ha le sue mode, anche nella musica, ma la creatività ne esce limitata e malconcia, con la conseguente difficoltà di trovare qualcosa di nuovo che stupisca ed attiri l’attenzione del pubblico.
“Fogli d’Acqua Sparsi” è un vostro lavoro che ha raccolto molte recensioni positive, in particolare una recensione entusiasta è stata quella del critico statunitense Jim Russell, sicuramente una grande soddisfazione per voi…
Devo dire che siamo molto orgogliosi di questo disco. Intanto perché è stato il frutto del ritrovarsi dopo tanti anni, del riscoprirsi capaci di raccontare ancora delle storie e di essere in grado di affrontare la fatica infrasettimanale delle prove fino a tarda ora. Abbiamo lavorato con dedizione e con noi un insieme di persone, che hanno collaborato dando fondo al poco tempo a disposizione che le giornate di lavoro o studio gli concedevano. È un disco autoprodotto, quindi sono i nostri suoni nudi e crudi, forse retró, senza un lavoro a posteriori di effetti o sovraincisioni. Chi ha ascoltato il disco ci restituisce pareri positivi e sicuramente non ne è rimasto indifferente. Jim, in particolare, ci ha colpiti. Mi ha scritto per avere qualche informazione sul gruppo e sul contenuto dei testi, che essendo in italiano non comprendeva del tutto, ma al di là delle mie indicazioni la sua recensione ha scavato tra le note, raccogliendo sensazioni e aspetti anche delle nostre personalità che difficilmente avremmo saputo descrivere meglio. Ha dedicato un’attenzione a Fogli d’Acqua Sparsi ed una cura nel descrivere il nostro contesto che ci hanno veramente lasciati a bocca aperta. E’ stato sicuramento uno stimolo ulteriore per la promozione del disco che abbiamo intenzione di fare in modo più sistematico.
Oggi imperversano i Talent, cosa ne pensate?
Io avevo seguito i primi X-Factor, poi il format non mi ha più attratto. Ad un certo punto il pacchetto è stato costruito con maggiore attenzione alle scene, alla rivalità tra giudici, concorrenti, ecc. e dando sempre meno spazio alla musica. Nel concreto sono ancora un trampolino, perché gente brava ha trovato la giusta visibilità, senza fare esempi ovvi. Diciamo che ci potrebbe essere meno spettacolarizzazione e più sostanza, per dare risalto soprattutto a giovani cantanti e musicisti che si mettono alla prova senza trucchi e autotune.
Prima di lasciarci volete rivelarci i progetti futuri?
Come accennavo prima vorremmo promuovere l’ascolto del disco, trovare quel gruppetto di pazzi che possa apprezzare e seguire le nostre canzoni. Abbiamo ritardato questo passaggio perché volevamo disporre prima di abbastanza materiale per un live che affiancasse i brani pubblicati ad altri inediti, offrire un intero concerto della Cooperativa. Ci sono quindi brani nuovi, che più avanti potrebbero confluire in un nuovo disco. Avremmo potuto ripescare il brani de “Il Risveglio”, ma abbiamo scelto di puntare in avanti, quelli li ripresenteremo quando ci inviteranno a suonare in Giappone per un pubblico di nostalgici del prog…
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